Aspromonte - La terra degli
ultimi è un film (2019 ) diretto da Mimmo Calopresti.
Africo questo piccolo “non paese”
dell’Aspromonte calabrese, in provincia di Reggio Calabria, è forse il simbolo di quello che il Sud non doveva e
non deve essere : un luogo per troppo tempo abbandonato dall’interesse delle
classi dominanti, dove la popolazione ha vissuto e vive spesso in condizioni
miserevoli, dove vi è uno sporco interesse e quasi una connivenza silenziosa
fra il potere della criminalità organizzata e quello della classe politica
perché tutto rimanga immobile, così che nell’arretratezza e nella miseria
diventi più facile il controllo del territorio.
Dobbiamo ringraziare il regista, di
origini calabresi, Mimmo Calopresti per aver portato sullo schermo gli
avvenimenti che sconvolsero la vita di questo paese e dei suoi abitanti nel
dopoguerra, ispirandosi al libro di
Pietro Criaco “ Via dall’ Aspromonte”.
La storia , ambientata nei primi
anni del dopoguerra, ci viene in gran parte raccontata con gli occhi di Andrea , un bambino di Africo, figlio
del protagonista Peppe ( interpretato da Francesco Colella) che, dopo
aver perso la moglie per la mancanza di
un medico condotto in paese e dopo aver a lungo protestato insieme a tutti gli
abitanti del paese con le autorità,
proverà a costruire autonomamente, insieme ai suoi compaesani, una
strada di collegamento con i paesi
costieri più evoluti.
La strada è il passaggio reale per la realizzazione
della rottura dell’isolamento in cui vive il paese di Africo. È la condizione
per entrare in rapporto con altra gente
e culture .
Per avere
accesso ai servizi medici e per
sperare nell’arrivo anche dell’elettricità e di nuove opportunità di lavoro.
Nel corso del film, viene
richiamato l’avvenimento del reportage e successiva pubblicazione sul
settimanale “ L’Europeo” realizzato ad
Africo nel 1948 dal giornalista Tommaso Besozzi , corredato dalle fotografie
scattate da Tino Petrelli. Nel corso
dell’articolo, Besozzi affermava che le
condizioni di vita del paese erano ferme a quelle descritte vent’anni
prima dallo studioso del Meridione
Zanotti Bianco che ne aveva parlato in
questi termini: “ un paese annidato su
case diroccate a causa del pregresso
terremoto, isolato geograficamente, afflitto da tasse indiscriminate e da
malattie, privo di medico, di aule
scolastiche (le lezioni si svolgevano nelle stanza da letto della maestra) e
dove gli abitanti si nutrivano di un immangiabile pane fatto con lenticchie e
cicerchie.
Anche questa immagine
dell’attività encomiabile della maestra viene mostrata nel film dove il ruolo
viene interpretato da Valeria Bruni Tedeschi.
Il film ed il romanzo da cui è
tratto ci raccontano del tentativo di ribellione e di richiesta di attenzione degli abitanti
di Africo, legato alla costruzione della
strada che avrebbe finalmente
collegato il paese al resto del mondo; ma,
con crudezza, ci mostra anche come
contro questo tentativo, con
modalità diverse, si siano mosse le autorità e le forze dell’ordine da una
parte e il potente malavitoso ( Don Totò, interpretato da Sergio Rubini) dall’altra.
E’ una storia che appare senza speranza agli occhi del giovane Andrea che, alla fine,
insieme al padre e agli altri abitanti di Africo dovrà abbandonare il Paese in
cerca della sopravvivenza altrove, proprio mentre una devastante alluvione distruggerà il paese.
E’ quell’alluvione del 1951 in
seguito alla quale le autorità comunque presero il provvedimento
dell’evacuazione totale del paese.
Dopo molti anni Andrea , ormai
anziano ritornerà nei luoghi della sua infanzia
e ritroverà un libro a lui
dedicato da un abitante di Africo detto “u poeta” ( interpretato da Marcello
Fonte) : Ricorderà le sue parole di quando un giorno, proprio di fronte alla
pesantezza della realtà che li circondava “ U poeta” lo aveva invitato a non
smettere mai di “ sognare” ,perché il sogno ci porta verso la vita e la
possibilità di cambiare la realtà opprimente che stiamo vivendo.
Nella realtà storica le traversie di Africo e della sua gente continueranno dal 1951 ai giorni nostri , con non poche
difficoltà.
Dopo aver vissuto per molti anni come dei
profughi, i paesani torneranno ad
abitare “Africo Nuovo” solo all'inizio degli anni '60. Posto in una
zona nuova rispetto al vecchio paese i suoi abitanti dovranno vivere ,di fatto, di aiuti assistenziali. Avevano perso
le loro attività agricole , molti erano emigrati e le maggiori fonti di reddito
erano costituite da sussidi di
disoccupazione e rimesse emigrati.
Le lotte e le manifestazioni di
protesta della popolazione continuarono a infiammare il paese, ma la risposta
delle autorità fu quasi totalmente di tipo repressivo. Nel frattempo, come se
non bastasse, già dagli anni settanta crebbe l’importanza ed il potere, in tutta la
zona, della ‘ndrangheta.
Film come questo sono importanti
per ricordarci le tante situazioni difficili presenti nel nostro Paese.
Situazioni e problemi che
richiedono una continua attenzione ed
impegno da parte di tutta la società civile perché non vengano dimenticate ed
abbandonate.
Il film ha ottenuto la
candidatura al Globo d’oro 2020 per la migliore musica a Nicola Piovani e per la migliore fotografia a Stefano Falivene; mentre, è stato vinto il
Globo d’oro da Valeria Bruni Tedeschi come migliore attrice.
Il regista Mimmo Calopresti ha ottenuto il Nastro d’argento 2020
della legalità.