Ci trovammo alla stazione
per prendere il treno per Siracusa, da cui partiva la nave per Malta. La
partenza era prevista per le 11 di sera; ma, bisognava presentarsi all’imbarco
entro le 22. Ero stato accompagnato da mio padre, mentre Alfio era arrivato con
il suo ed il fratello minore. I due genitori si conoscevano di vista e
cominciarono a scambiare qualche impressione su questo viaggio a Malta dei loro
figli. Certo che a vederci, eravamo quanto meno originali. Io ed Alfio avevamo
entrambi diciotto anni e ci presentavamo a quell’appuntamento, io con la
barbetta alla Lincoln ed un’improbabile pipa in bocca; mentre, Alfio,
appassionato di cinema e vice redattore in erba di critica cinematografica di
uno dei giornali locali, camminava con un cappello, simil cowboy in testa, che
voleva somigliare a quello che portava Fellini, durante le riprese dei suoi
films. Effettivamente, guardandoci con l’occhio dei genitori, c’era da
preoccuparsi!
Fortunatamente, il senso dell’autocritica non ci sfiorava minimamente ed
ognuno, “convinto” del proprio personaggio, procedeva spedito sul suo cammino
verso il futuro, salvo sorridere, in cuor proprio, del personaggio interpretato
dal compagno d’avventura.
Arrivò il
treno e ci avviamo verso la nostra carrozza, con la valigia al seguito.
Salutammo tutti e ci sistemammo. Quindi, ci affacciamo dal finestrino, in
attesa che il treno partisse.
Effettivamente,
provavo una certa emozione.
Mentre il
treno cominciava a muoversi ed il padre ed il fratello di Alfio sorridevano nel
salutarci, non avrei mai immaginato di vedere mio padre correre dietro la
carrozza, incapace di sopportare il distacco che mi allontanava da lui.
Quell’uomo
forte nel corpo e nello spirito, scevro e severo, mi mostrò in un attimo un
affetto che non avrei mai dimenticato. Quella tenerezza mi fece sentire, per
sempre, ancora più forte ed adulto. Salutandolo, il mio cuore era ormai lontano
e libero.
Ci
guardammo per un attimo con Alfio e scoppiammo a ridere.
Ce
l’avevamo fatta! Eravamo in viaggio!
Il tempo
passò in fretta e presto si delineò la stazione di arrivo. Dalla stazione al
porto, il passo fu breve ed in perfetta puntualità, un quarto alle dieci di
sera, eravamo già davanti alla nave.
Ma la vita
é strana e mai avremmo immaginato la sorpresa che ci attendeva!
Davanti
alla scaletta della nave, eccoli lì, inaspettati ed indefinibili, ci
aspettavano sorridenti i genitori di Alfio insieme al malcapitato fratello
minore che non sapeva dove nascondersi, ma che ci sorrideva malignamente,
immaginando la nostra delusione.
- Che sorpresa! Che
sorpresa! Ci sforzammo di bofonchiare. ( Si può dire bofonchiare o è
anch’esso inopportuno?)
- Quando siamo tornati a
casa, abbiamo parlato con la mamma-rispose il papà di Alfio- e ci siamo resi
conto che in un’ora potevamo essere a Siracusa. Così, ci siamo detti: andiamo a
salutarli.Siete contenti? Sorpresi?
- Certo! Non ce
l’aspettavamo ! –aggiungemmo tra gli sguardi sempre più maligni e divertiti del
“ fratellino” di Alfio- Ci avete fatto una bella sorpresa! – Non immaginate
quanto, pensammo all’unisono-
In ogni
modo, ormai, la sorpresa c’era stata e bisognava pensare all’imbarco. Sbrigammo
le varie incombenze e andammo a vedere dove sistemare i bagagli, vicino alle
cuccette destinateci. C’erano diversi spazi per i bagagli, in relazione ad un
determinato numero di cuccette. Non avremmo mai immaginato che tutte le (credo
centinaia) di cuccette si trovassero nella stiva della nave. Tutti insieme, con
cuccette a castello sparse in ogni angolo della stiva. Dopo aver preso possesso
delle cuccette, andammo ad esplorare la nave. Salimmo due piani di scale ed
arrivammo sul ponte superiore. Quella sera il mare era agitato e la nave,
ancora ormeggiata, ondeggiava maestosamente. Chiedemmo ad un marinaio anziano
se era sempre così e lui ci rassicurò affermando che era solo l’inizio e quella
notte si prevedeva un mare molto mosso nel Canale di Sicilia.
- Per
cominciare ad abituarvi ed evitare il malessere, cercate di stare il più
possibile al centro della nave-ci disse-, all’aria aperta e cercate di mangiare
roba secca, senza bere.
- Cosa ci
consiglia? –chiedemmo
- Va bene
anche un panino col salame-ci rispose- ma bevete il meno possibile.
Forti di
questi consigli, ci riunimmo ai genitori ed al fratello di Alfio per la cena.
Era possibile, infatti, farla sulla nave, prima della partenza, anche con gli
eventuali ospiti.
Sedemmo ad
un tavolo grande, dove stavano già altre persone, e fu l’occasione per
scambiare qualche impressione sullo stato della nave e la situazione
metereologica. Fummo tutti d’accordo che la nave: “ La città di Alessandria”,
era più che altro una bagnarola, scomoda ed essenziale nei servizi. Speriamo
che regga bene questo mare dicemmo. Nel frattempo, eravamo in preda ad un
ondeggiare lento che combinava insieme il rollio ed il beccheggio. Delle
signore ordinarono una minestrina. Per rimanere leggere – dissero – nonostante
le avessimo sconsigliate raccontando le istruzioni del marinaio. Io ed Alfio
chiedemmo dei panini al salame e non bevemmo quasi niente.Dopo qualche minuto,
una delle signore, che avevano mangiato la minestra, chiese il permesso di
allontanarsi in preda al mal di mare. Noi eravamo ancora a posto. Salutammo i
genitori di Alfio ed il fratello, che scesero dalla nave, e ci dirigemmo sul
ponte per prendere aria al centro della nave, come ci aveva consigliato il
marinaio. Ci sedemmo su delle panchine di legno vicino all’albero maestro.
Era
già notte e la nave cominciò a muoversi, allontanandosi dal molo ed entrando in
mare aperto.
C’erano
tante stelle nel cielo; ma, io ne ricordo una che fissavo e che faceva un
movimento circolare seguendo una traiettoria come di una circonferenza.
Cominciava
da un punto in alto, seguendo il movimento della nave, e scendeva circolarmente
giù fino ad oltre il mio punto di equilibrio. Annaspavo nel mio cervello e,
solo dopo le prime volte, accettai questo senso di vuoto oltre l’equilibrio,
che accompagnava quel movimento.Poi, all’interno di questo vuoto, la stella
ricominciava a salire cercando di completare quell’immaginaria circonferenza
nel cielo, restituendomi al mio senso di equilibrio e di controllo; ma, prima
di riuscirci, ricominciava a precipitare all’indietro rituffandomi in
quell’interminabile vuoto.Avanti ed indietro inesorabilmente.Questo era per me
il mal di mare che provai a superare accettando quello strana sensazione,
sempre eguale ed esterna al mio equilibrio.
Anche
Alfio stava abbastanza bene e dopo circa un’ora, essendosi alzato il vento,
provammo a scendere nell’area cuccette.
Tantissima
gente popolava la stiva della nave, attrezzata con le cuccette a castello.
C’insinuammo fra le persone e pian piano raggiungemmo le nostre, sedendovici
sopra. Gli altri occupanti vicini erano già sdraiati. Le luci erano sempre
accese. Il fatto che fossero decentrate, non molto forti ed in qualche modo
coperte dalle strutture metalliche, non disturbava molto gli occhi e permetteva
di riposare. Poteva essere ormai oltre mezzanotte e c’era ancora un certo
brusio, causato da tanti che non dormivano ancora. Si ondeggiava sempre più
forte e la stiva scricchiolava.
C’era un
giovane vicino di cuccetta che ci osservava sorridendo.
- State andando in
vacanza?- Ci chiese- Di dove siete?
Parlava
bene l’italiano ma l’accento era leggermente diverso dal nostro e capimmo che
era straniero.
- Si, andiamo a Malta per
una quindicina di giorni. Ci hanno detto che è molto bella !Tu invece?
- No, io ritorno a casa.
Lavoro in Sicilia. Faccio il muratore ma sono Maltese. Adesso c’è un periodo di
ferma a vado a casa.
Continuammo
a parlare per un po’.Dopo, considerando che il mare si faceva sempre più forte,
decidemmo di tentare di riposare. Eravamo stanchi ed emozionati. La fatica per
la sopportazione del continuo malessere del mare ci aveva sfiancati e ci
addormentammo.
Passò
qualche ora di benedetto riposo; ma dopo, ci svegliammo a causa
dell’oscillazione sempre più forte della nave, che continuava a scricchiolare.
Decidemmo di salire in coperta dove c’era un salone dove sedersi, con il bar
annesso. Anche se a quell’ora era chiuso, avremmo aspettato l’alba per fare
colazione.
La
nave oscillava paurosamente e quando tentammo di salire la scala per andare al
primo livello superiore, dove stavano i bagni, scoprimmo che la cosa non era
tanto semplice. Mentre provavamo a salire dei gradini, subito dopo il movimento
della nave ci costringeva a fermarci, se non a scenderne altri. Bisognava,
pertanto, calcolare il tempo del movimento a favore e salire di corsa più
gradini possibile, fermandosi poi a resistere, durante il movimento contrario.
Salimmo e
provammo a cercare i bagni. Inutile neanche provarne a descrivere lo stato,
visto che, oltre che per le necessità corporali, erano serviti a molti per
liberarsi lo stomaco.
Senza
pensarci troppo, comunque, li utilizzammo lo stesso. Nel mentre, provai a
guardare dall’oblò, ma non riuscii a vedere niente perché la nave, oscillando,
scendeva sotto il livello del mare, che ne copriva l’orizzonte.
Alla fine,
riuscimmo a salire in coperta, facendo un’altra scala, ed entrammo nel salone.
C’erano una decina di persone, noi compresi, tra cui un ufficiale ed un
marinaio dell’equipaggio. Stavano sedute per lo più attorno ad un tavolo lungo.
Sedemmo anche noi. Il mare continuava ad essere agitato e non si aveva voglia
neanche di parlare.
-Stiamo
per lasciare il punto più difficile del Canale di Sicilia ed il mare si
dovrebbe calmare –disse l’ufficiale- Ha raggiunto forza sette, tempesta! Adesso
deve essere forza cinque/sei e con il sorgere dell’alba dovrebbe rasserenarsi.
Le previsioni sono positive! Dovremmo arrivare a La Valletta per le undici.
-Siamo
rimasti in pochi svegli –disse un passeggero- La maggior parte sta male o cerca
di riposare.
Continuammo
così a scambiare qualche parola. Il mare, effettivamente, cominciò a calmarsi e
qualcuno cominciò ad accendere una sigaretta.
Io
tirai fuori la pipa. Quale occasione migliore per un vero lupo di mare!?!
Occasionalmente,
ci trovammo a parlare con quel passeggero di cinema, di cui anche lui era
appassionato. L’argomento cadde su Fellini, considerato uno fra i migliori
registi del nostro tempo, ed Alfio fece notare come portasse in suo onore un
cappello simile a quello utilizzato dal regista.
Parlando e
fumando si fece l’alba: Aprì il bar e mai colazione fu tanto desiderata. Presi
un caffè ed un cornetto che gustai con piacere visto, tra l’altro, che la sera
prima avevo mangiato solo un panino.
Ormai il
giorno era chiaro, il mare si era calmato e ci venne desiderio di uscire
all’aria aperta.Dopo un po’ di tempo, pian piano scorgemmo, in lontananza, i
contorni dell’isola di Malta.
“La
nottata era passata” avrebbe detto Eduardo e stavamo arrivando alla meta.
La
maestosità del porto di Harbour si offriva ai nostri occhi e con esso le varie
navi militari della flotta Nato di cui Malta era una delle basi navali
principali nel Mediterraneo. C’erano probabilmente almeno degli incrociatori,
se non una cannoniera ancorata nel porto, perché era lunghissima ed
armatissima. Del resto non ne capivamo niente e restammo incerti su quello che
avevamo visto. Ci cominciammo a preparare. Ognuno prese la sua valigia e dopo
essere scesi per la scaletta dalla nave e toccato finalmente il suolo maltese,
non vi nascondo che avremmo idealmente baciato per terra, lieti per la fine di
quella traversata.
CONTINUA