martedì 22 novembre 2022

GLI ORSI NON ESISTONO

 


In questo momento in cui assistiamo preoccupati allo scontro nelle piazze iraniane  fra i giovani , le donne e tutti coloro che desiderano una società più aperta e libera da un lato e i tradizionalisti islamici che reprimono con la violenza e la morte questo desiderio di vita, vedere il film “ Gli orsi non esistono” del regista iraniano Jafar Panahi ci aiuta a comprendere ancora di più la società iraniana e le tensioni che l’attraversano.

Nel 2010 Panahi è stato arrestato  insieme alla moglie, alla figlia e a quindici amici con l'accusa di propaganda contro il governo e  nove mesi dopo è stato condannato a sei anni, in regime di libertà condizionale. Contemporaneamente  gli è stato vietato  per vent’anni di dirigere film, scrivere sceneggiature, lasciare il Paese e concedere interviste.  Nonostante questa pesante condanna iniziale , facendo  ricorso in appello  e in attesa del suo esito  ha realizzato This Is Not a Film (2011).  Il titolo stesso è in qualche modo una risposta polemica al divieto di girare un film. E’ un documentario ,sotto forma di video-diario, che è stato portato fuori dall'Iran in una chiavetta nascosta in una torta ed è stato presentato al Festival di Cannes.

Oggi, mentre si assiste alla visione del suo ultimo film: “ Gli Orsi non esistono”, Panahi è in carcere, arrestato  l'11 luglio scorso,  con revoca della condizionale e condanna a sei anni, per aver protestato contro la persecuzione del suo collega, Mohammed Rasoulof (vincitore dell’Orso d’oro per ” Il male non esiste”).

Il film “ Gli Orsi non esistono” , che è a tutti gli effetti un’opera clandestina  in quanto girata nonostante il divieto del governo iraniano, è stato  scritto e diretto da Jafar Panahi che ne è anche lo sceneggiatore e il produttore. La prima del film è avvenuta il 9 settembre 2022 in occasione della 79ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, dove ha ricevuto il premio speciale della giuria.

Panahi sceglie in quest’opera di rappresentare se stesso mentre prova a dirigere dal remoto  questo film in cui ci parla delle difficoltà presenti nella società iraniana , provando a descrivere quelle vissute da due coppie di amanti: La prima vive in una cittadina  dove aspetta da anni un visto per trasferirsi in Europa. La seconda  vive proprio nel villaggio, vicino alla frontiera con la Turchia, dove si è trasferito Panahi per essere il più vicino possibile al set del suo film.

Entrambe le coppie non riusciranno a vivere la propria storia d’amore a causa delle regole  presenti nella società iraniana  sia di carattere istituzionale sia legate alle  antiche tradizioni delle comunità popolari .

Non troveranno spazio per la loro vita ed il proprio amore e l’unica possibilità per loro sarà la fuga dal proprio paese, ma con conseguenze nefaste.  

Nel cogliere la profondità delle regole presenti in Iran ed il loro collegamento con le credenze antiche ed i costumi popolari Panahi  fa un ‘operazione importante ed interessante  facendoci cogliere il rapporto fra queste regole ed un bisogno antico di realizzare una vita serena delle comunità attraverso il controllo delle emozioni  e della vita delle persone . C’è una sorta di paura atavica verso la libera autoregolazione. Temendone i possibili eccessi si è preferito nella tradizione organizzare la vita delle persone secondo regole indiscutibili e spesso opprimenti perché, si racconta , chi ha osato non osservarle è stato ucciso dagli Orsi. Ma, ci ricorda Panahi , gli Orsi non esistono .

. Sono solo gli uomini che, per paura di affrontare i problemi del vivere pienamente insieme ed in libertà, preferiscono diventare Orsi ed uccidere chi si oppone alle regole che i potenti di turno hanno stabilito.

 


sabato 1 ottobre 2022

L'IMMENSITA'

 


Oltre il canneto Andrea cerca la sua autenticità, la sua identità.

Può provare  a sperimentare il percorso personale che ha deciso d’intraprendere in contrasto con quelle che sono le aspettative dei “ grandi” su di lei.

 Lei ama la madre, la sua naturale vitalità ed allegria; ma, non sopporta di vederla soffrire  e disperarsi  imprigionata nel suo ruolo di donna. , la cui vita è determinata dalla volontà maschile.

Adriana non vuole essere , non tollera la sofferenza della madre e non vuole cadere anche lei in quella trappola, in quella sorte, riservata alla donna.

Adriana ha deciso pertanto di essere Andrea, un maschio, per  potere amare e proteggere le donne come sua madre  e vederle vivere  libere di esprimere  la loro allegria e sensibilità.

 Adriana, oltrepassando il canneto, può incontrare un mondo che la conoscerà ed apprezzerà come Andrea, quello che vuole essere.

Descrivendo le fasi di vita della famiglia di Adriana il regista Crialese  ci parla  di un mondo dell’infanzia in cui  i figli di questa famiglia, formalmente unita ma finta, soffrono le conseguenze di un rapporto di amore e di rispetto fra i coniugi ormai finito.

 Il padre Felice Borghetti  vive una seconda vita fuori di casa; mentre, all’interno della stessa, impone delle rigide regole formali .

La madre Clara, di origine spagnola, pur disperata e sottomessa, desidera di non far patire ai propri figli le conseguenze di questa situazione e s’inventa dalla prima scena del film delle vere e proprie esplosioni di allegria e vitalità che ci portano fuori dagli schemi  di quella  realtà e regalano  a quei bambini e a lei stessa la sensazione della possibilità di essere felici.

 Una stupenda Penelope Cruz ( la madre Clara) regala allo spettatore del film ed ai suoi figli dei momenti coinvolgenti che spesso, grazie alla complicità dei brani musicali degli anni settanta  ed alla loro esecuzione, creano un piccolo mondo segreto in cui rifugiarsi insieme : madre e figli, dimenticando per un attimo le brutture  della vita.

Clara  è capace di nascondersi con la figlia Adriana sotto la tavola da pranzo, imbandita e con tanti ospiti attorno,   per rinsaldare ancora la forza del loro rapporto o di correre insieme a lei per la strada  gridando per tutto il tempo.

Il regista Crialese  ha avuto il coraggio , con questa rappresentazione , di condividere  momenti importanti della sua vita e della sua persona chiedendoci probabilmente di fermarci un attimo ad osservare e capire il percorso di quello che ci sembra “diverso”.   Lo fa regalandoci un susseguirsi di scene  che ci permettono di cogliere i sentimenti dei protagonisti  e la loro evoluzione.

Molto brava la giovane Luana Giuliani a rappresentare la dodicenne  Adriana con toni misurati ed allo stesso tempo intensi ed emozionali.

“L'immensità “ è diretto da Emanuele Crialese che ne ha curato anche la sceneggiatura insieme a Francesca Manieri e Vittorio Moroni. Il film è stato presentato alla 79°  Mostra internazionale d’arte cinematografica  di Venezia, in concorso  al Leone d’oro per il miglior film.


lunedì 30 maggio 2022

A CHIARA


 

Dopo quasi cinque anni dal film “ A Ciambra” il giovane regista italo americano  Jonas Carpignano ritorna a girare le scene del suo nuovo film “ A chiara”  nella località di Gioia Tauro, in quella Calabria  che ha trovato una nuova attenzione nazionale a causa della presenza straripante della 'ndrangheta.

Il regista ne ha scritto anche il soggetto e curato la sceneggiatura ed il suo sguardo, la sua attenzione  si fermano accanto alle sensazioni di vita di una giovane ragazza: Chiara,  che ha il solo torto di amare profondamente la sua famiglia , la mamma , le sorelle con cui divide risate, abbracci e  vita, il padre a cui è profondamente legata.

Una ragazza che improvvisamente scoprirà, a quindici anni, che la sua non è una famiglia come tutte le altre, ma è invece  accusata di vivere di malaffare ,di commercio di droga , che suo padre è improvvisamente sparito per non essere arrestato.

Chiara non può accettare il rispettoso silenzio di fronte a quello che non si può dire o che non si può ancora capire alla sua età . Verrà posta nella triste condizione di dover abbandonare i propri affetti familiari per essere protetta dallo Stato fino alla sua maggiore età, evitando il probabile destino di crescere come futura delinquente. Come sempre, tuttavia,  la contraddizione è presente nei nostri cuori e nella nostra mente ed è parte irrinunciabile di noi stessi . Chiara desidera la verità non per allontanarsi ma per sapere. Desidera poter amare, come ha sempre fatto, la sua famiglia e vivere insieme a loro, anche se non ne condivide la modalità e la subordinazione al malaffare.

Desidera certo nuove opportunità di vita ma non se questo significa l’allontanamento dai suoi affetti. Eppure, la vita è contraddizione costante  e Jonas Carpignano ci mostra con chiarezza come  negarlo sia perfettamente  inutile e falso.

Chiara dovrà accettare in se le sue contraddizioni, cercando di capire cosa sarà meglio per lei stessa e per il suo futuro.

Chiara , la protagonista della storia , è stupendamente interpretata dalla giovane Swamy Rotolo, che già aveva lavorato con Carpignano nel film “A Ciambra”.

Per la sua interpretazione in “ A Chiara” ha ricevuta il Davide di Donatello 2022 come miglior attrice protagonista. Interessante il fatto che quasi tutti gli attori che hanno recitato nel film il ruolo dei suoi familiari sono  nella realtà dei componenti della sua vera famiglia Rotolo.

Con il suo terzo film “A Chiara”,  per la seconda volta Carpignano ha vinto il premio Europa Cinema Label nella sezione Quinzaine des Réalisateurs, al Festival del Cinema di Cannes 2021.

 


 

 

 

 

venerdì 22 aprile 2022

IL CAPO PERFETTO

 


Tutto deve essere perfetto in occasione della visita della commissione che deciderà il destino dei possibili finanziamenti pubblici  a favore della fabbrica di bilance di Julio Blanco   ed il conferimento di un premio per l'eccellenza aziendale.

Perché tutto sia perfetto ci vuole un capo  perfetto, perché le situazioni  reali  sono tutt'altro che impeccabili ed i problemi non mancano mai all'interno di un'azienda , sia nei rapporti con il personale che nello stesso processo di produzione e distribuzione.

Probabilmente,   il motivo è sempre da ricercare all'interno dei  possibili problemi delle persone che si trovano in quel momento impreparate a prendere le giuste decisioni utili ad assicurare il buon funzionamento dei processi aziendali. In altri casi, sono le mille imprevedibilità dei comportamenti a dover essere messi in equilibrio: esattamente come i due piatti delle bilance dell'impresa di Blanco o come nei rapporti tra le persone .

Durante tutto il film questo concetto dell'equilibrio e delle diverse fasi di dissonanza di cui rendersi conto per raggiungerlo saranno più volte citate come leggi della  fisica da rispettare , indispensabili per il successo dell'operazione.

Julio Blanco, interpretato da un ottimo Javier Bardem, dovrà adoperarsi per tutta la durata del film a ricomporre tensioni e difficoltà per rimettere in sesto quell'equilibrio aziendale  , condizione propedeutica per il successo dell'azienda e suo personale. Dovrà misurarsi con le rimostranze sempre più violente di un operaio licenziato, con l'inefficienza di un responsabile di reparto, con la sua stessa passione sessuale nei confronti di una giovane stagista; ma, l'equilibrio rimarrà sempre il simbolo dell'azienda, rappresentato dalla bilancia posta all'esterno dell'entrata, ed il suo impegno personale  anche se, per raggiungerlo, le sue azioni potranno andare spesso oltre il limite del  lecito e dell'accettabile.

Il capo perfetto (El buen patrón) è un film spagnolo  scritto e diretto da Fernando León de Aranoa e  presentato in anteprima al Festival Internazionale del Cinema di San Sebastián il 21 settembre 2021. Ha avuto un  buon successo di critica e di  pubblico permettendogli di vincere il premio Goya 2022 per il miglior film, la miglior regia  e la miglior sceneggiatura originale a Fernando Leòn de Aranoa, miglior attore a Javier Bardem, miglior montaggio a Vanessa Marimbert e miglior colonna sonora a Zeltia Montes.Il film, inoltre,  è stato scelto per rappresentare la Spagna all'edizione dei Premi Oscar 2022.

Da segnalare oltre all'ottimo Javier Bardem nel ruolo  del capo dell'impresa  Julio Blanco,  la giovane  Almudena Amor nell'interpretazione della stagista  Liliana, Oscar de la Fuente nel ruolo di  Josè il   licenziato disperato e furioso, Manolo Solo ( Miralles, responsabile  settore produttivo in profonda  crisi personale) ,Celso Bugallo ( Fortuna),Fernando Albizu ( Roman) e Tarik Rmili ( Khaled).

 


lunedì 28 marzo 2022

LICORICE PIZZA- Un tuffo nella San Fernando Valley degli anni 70


 

Paul Thomas Anderson con il suo nuovo film “ Licorice Pizza” ci prende per mano e ci conduce in una sala dove ci riporta indietro in un tempo di ricordi. Sembra quasi di assistere ad un insieme di filmati  che ci mostrano brani della   vita dei due protagonisti e di quella San Fernando Valley dove Anderson ha vissuto la sua infanzia e giovinezza ,quando era un patito frequentatore della catena di negozi di dischi “ Licorice Pizza             esattamente come il titolo del film.

“Licorice pizza” come un 33 giri dal colore della liquirizia e dalla forma di una pizza. “Licorice pizza” come un’espressione  che nel gergo comune americano sta ad indicare  un accostamento improponibile come è forse a prima vista la storia d’amore fra il quindicenne Gary Valentine e la venticinquenne Alana Kane.

Eppure, una delle prime canzoni della colonna sonora del film, “July Tree”( cantata da Nina Simone, che accompagna le prime immagini dell’incontro fra i due protagonisti), ci parla  della bellezza di quell’amore.

Sembra di vedere con gli occhi dei due protagonisti le immagini dei loro momenti d’amore , delle ragazzate più eccitanti, dei momenti di speranza , d’impegno e di delusione.  A volte invece guardiamo le immagini come spettatori  o con gli occhi del regista , specialmente quando osserviamo la ricostruzione  di quello che doveva essere la San Fernando Valley negli anni settanta.

Forse, per questo motivo, la storia non è vissuta con lo sguardo di un solo protagonista e può risultare meno appassionata e coinvolgente; ma , in realtà, attraverso le diverse scene sentiamo comunque di calarci in un tempo di ricordi che in qualche modo ci appartengono e ci riportano ai momenti  dell’adolescenza e della prima giovinezza. 

Fra le immagini chiave di questo film c’è la continua corsa fisica  verso la vita  che alternativamente  i due protagonisti intraprendono o per aiutare l’altro che ritengono in difficoltà o per cercarsi  o per raggiungere qualcosa . Vi è tutta l’esuberanza fisica giovanile che non vuole perdere il suo tempo prezioso di vita non ancora realizzata. Poi, vi sono quelle irrefrenabili risate di quando si gioisce insieme dopo aver superato una difficoltà che si riteneva enorme o dopo aver reagito a qualcosa d’insopportabile.

 Accanto alla descrizione della vita giovanile  vi è  dopo anche la descrizione di un mondo adulto pieno di problemi: dalla crisi petrolifera che fa mancare il carburante alle autovetture, alla rigidità delle regole familiari, dal severo giudizio nei confronti delle coppie omosessuali, agli eccessi del mondo che ruota attorno all’ambiente del cinema .

Tutto questo è accompagnato da una bellissima e coinvolgente colonna sonora composta dai brani delle stupende canzoni di Nina Simone, Sonny & Cher, Donovan, David Bowie, Paul McCartney The Doors e molti altri.

Bella la prova del cast di attori del film. Oltre agli affermati Bradley  Cooper e Sean Penn, che interpretano due personaggi dell’ambiente del cinema, vediamo al suo esordio  nel ruolo importante di Gary Valentine il giovane Cooper Hoffmann , figlio del prematuramente scomparso  Philip Seymour Hoffman che tante volte aveva lavorato nei film di Anderson  e la brava Alana Haim ,  membro del gruppo musicale Haim composto con le sue due sorelle. Una notizia interessante è che nel film di Anderson  Alana è presente con tutta la sua  famiglia di origine ebraica; infatti , oltre a lei ci sono anche i suoi genitori e le sorelle  che interpretano di fatto se stessi. Un’altra particolarità è costituita dal fatto che la madre di Alana  insegnava arte in una scuola elementare a Studio City, il quartiere di Los Angeles sulla collina opposta a Hollywood, dove Paul Anderson era uno dei suoi studenti. L’occasione della ripresa dei rapporti fra il regista e la famiglia Haim è nata grazie ad un brano musicale ascoltato alla radio che lo portò ad invitare le ragazze del gruppo Haim a casa sua. In quell’occasione , le ragazze  si lasciarono sfuggire  quel ricordo della madre  facendo riallacciare i rapporti del regista con la sua ex insegnante. Successivamente, la frequentazione è stata assidua e Paul Thomas Anderson si è in qualche modo ispirato ad Alana e la sua famiglia per tratteggiare il personaggio della protagonista femminile di “ Licorice Pizza”.

Il film è stato ben accolto sia dal pubblico che dalla critica e, tra l’altro , ha ricevuto la candidatura agli Oscar 2022  per il miglior film e  per il miglior regista  e la migliore sceneggiatura originale a Paul Thomas Anderson.

 



martedì 22 marzo 2022

BELFAST

 



Sarebbe stata una visione forte e toccante  anche se non fosse stata ulteriormente ingigantita dai sentimenti di rifiuto della sofferenza e della violenza che ogni giorno agitano il nostro cuore e la nostra mente a causa della presenza della guerra in Ucraina .

Non c’è futuro per ognuno di noi quando la violenza prende il posto del dialogo fra persone  che si trovano a vedere e vivere diversamente  per milioni di motivi possibili. La scelta di uccidere, ma anche semplicemente di usare violenza,  è inaccettabile.

 Là nelle strade di Belfast, dove ci conducono le immagini del film, osserviamo l’incredibile contrasto fra una realtà armonica e comunitaria , forse povera ma capace di dialogo e assistenza reciproca, e   l’insofferenza  e la violenza  verso l’ altro solo perché professa una visione religiosa diversa . L’incredibile paradosso è poi che entrambe le parti che si combattono sono due parti religiose credenti in un modo diverso nello stesso messaggio : quello di Cristo che inorridisce al solo vedere usata la sua passione ed il suo sacrificio  in questo modo. La stessa scena in cui un prete  ,nel corso della sua predica,  indica le due strade possibili di scelta religiosa , condannando quella sbagliata, è di una violenza insopportabile.

Come stiamo capendo, guardando  gli ucraini che scappano dalle loro case semidistrutte, i bambini sofferenti , gli uomini alle armi che muoiono  , le donne che piangono i loro cari, la guerra o la violenza sociale comunque si esprima, non lascia indenne nessuno e colpisce la vita quotidiana delle persone, di tutti , dei parenti, dei vicini , dei conoscenti degli sconosciuti. Essa è vicina come non avremmo mai creduto e ci cambia la vita come non avremmo mai pensato.

Il piccolo Buddy lascerà il suo piccolo amore promettendole che tornerà  e la nonna lo lascerà partire pur sapendo che resterà sola  in quella Belfast che tutti amano, chi parte e chi resta e a cui è dedicato il bel film di Kennet Branagh .

Personalmente aggiungerei che non è solo dedicato a chi parte e a chi resta ma anche a chi lo guarda .

La storia raccontata da Branagh scava  nei suoi ricordi d’infanzia e ci riporta nella  Belfast del 1969 devastata dal conflitto nordirlandese, utilizzando  i toni del bianco e nero  quasi per dare alle immagini  un aspetto di storicità . Bella la caratterizzazione dei vari personaggi del gruppo familiare di Buddy che, pur coinvolti in quella difficile situazione, mantengono sempre un atteggiamento  personale positivo verso la vita pieno di coraggio , di fierezza ed anche della capacità di gioire ed amare.

Bravi tutti gli attori fra cui mi piace segnalare  il piccolo Jude Hill ( Buddy),  Caitriona Balfe( madre) Judy Dench( la nonna) e Claran Hinds (il nonno).

Il film ha ottenuto ben sette candidature agli Oscar 2022 e precisamente  per il miglior film, per il miglior regista a Kenneth Branagh, per il miglior attore non protagonista  a Claran Hinds, per la migliore attrice non protagonista a Judi Dench, per la migliore sceneggiatura originale a Kenneth Branagh, per il miglior sonoro a Denise Yarde, Simon Chase, James Mather e Niv Adiri e  per la migliore canzone a Van Morrison per “ Down to Joy”.

 


 

 

 

 


sabato 19 febbraio 2022

DRIVE MY CAR

 


Il film costituisce l’adattamento cinematografico del racconto omonimo di Haruki Murakami, contenuto nella raccolta  di sette racconti “Uomini senza donne “ (2014) . Le storie hanno un unico filo conduttore: l'amore (spesso non ricambiato) che provano gli uomini verso delle donne e senza le quali si sentono perduti.

Diretto da Ryusuke Hamaguchi , che ne ha curato anche la sceneggiatura  insieme  a Takamasa Oe, il racconto ci mostra l’importanza dell’incontro fra la solitudine dei protagonisti, frutto di un passato complesso e doloroso.

Quando, attraverso la reciproca conoscenza, essi inizieranno un viaggio nel proprio passato,  accettando di mettersi  in gioco e rivivendo i momenti dolorosi ed i sensi di colpa che li hanno segnati profondamente,   impareranno a conoscere meglio se stessi  e porranno le basi per il superamento del proprio isolamento.

L’automobile di Kafuku, guidata dalla giovane Misaki Watari, diventa il luogo magico in cui gradatamente tutto questo  comincia a realizzarsi: con gli  sguardi furtivi fra i due , con il registratore  che legge dei brani dello “ Zio Vanja “ di Checov  che Kafuku deve portare in scena, con lo scambio dei ricordi e delle riflessioni che costruirà un rapporto inatteso e profondo.

Sono spesso i silenzi, pieni di significato, fra i protagonisti a segnare la storia e guidare l’attenzione dello spettatore.

La visione del film è interessante anche per  la sua ambientazione nella società giapponese e ci mostra come l’impetuosità dei sentimenti   sia vissuta dai personaggi in maniera  esternamente controllata e con l’assunzione di comportamenti il più  possibile formalmente corretti e quasi asettici. Tutto questo senza poter evitare l’esplosione improvvisa della violenza o della passione.

Molto  valida l’interpretazione degli attori principali fra cui segnaliamo  Hidetoshi Nishijima nel ruolo del protagonista  Yusuke Kafuku , Reika Kirishima in quello della moglie Oto, Toko Miura in quello di Misaki Watari , la guidatrice della Car di Kafuku e Masaki Okada  in quello di  Kōji Takatsuki, il giovane attore  che innescherà con alcune rivelazioni sul significato di un racconto  scritto dalla moglie  Oto di Kafuku , il suo percorso d’introspezione.

Il film “ Drive my car” (2021) è stato presentato in concorso al 74° Festival di Cannes  dove ha vinto “Le Prix du scénario” assegnato per la migliore sceneggiatura. Successivamente  ha ottenuto il Golden Globe 2022 per il miglior film in lingua straniera  ed è attualmente candidato agli Oscar 2022 per il miglior film, per il miglior regista  , la migliore sceneggiatura non originale e per il miglior film internazionale.


 


giovedì 10 febbraio 2022

UN EROE


 

Dopo la parentesi spagnola  di “ Tutti lo sanno”  Asghar Farhādi  torna  a parlarci degli aspetti della società iraniana nel suo nuovo film  “ Un eroe”, presentato in concorso al  74° Festival di Cannes dove ha vinto il    Grand Prix Speciale della Giuria.

Il protagonista Rahim Soltani ( ben interpretato da Amir Jadidi)  vive in questa storia un’incredibile altalena di stati d’animo e soprattutto di valutazione della sua persona da parte della gente che lo circonda e dell’opinione pubblica , in base alle informazioni che riceve  grazie alla diffusione virale delle notizie sui “social” la cui importanza è aumentata anche nella società iraniana.

 La stessa viene acutamente descritta da Farhadi  come percorsa da una continua contraddizione fra una forte tensione morale  verso i comportamenti virtuosi delle persone ed  una sostanziale incapacità a cogliere la reale comprensione degli stessi nel vissuto personale  al di là delle apparenze, delle dicerie  e delle facili sentenze  elaborate dall’universo digitale dei social.

D’altra parte, tutte le nostre società  ormai evidenziano una forma di dipendenza dalle idee , impressioni e convinzioni che circolano, nel bene e nel male, sul web  e che danno origine a comportamenti   e convinzioni sia sociali che politiche che spesso non riescono a distinguere le informazioni valide dalle  fake news o dalla propaganda occulta .

Il film ci mostra come tutto questo abbia delle conseguenze sulla vita reale delle persone,  oggetto di questa forte attenzione digitale,  sia esaltandole che improvvisamente distruggendole.

Rahim Soltani  è finito in carcere  per non avere  onorato un debito contratto con l’ex cognato Braham  ed in un giorno di permesso,  con  la sua nuova compagna  Farkhondeh, cerca di vendere  ad un compro oro delle monete che la stessa aveva trovato all’interno di una borsa  persa  da qualcuno. Con il ricavato sperava di poter ripagare una parte del debito ed ottenere da Braham il ritiro della denuncia per cui era stato incarcerato. La riluttanza dell’ex cognato  ad accettare la sua proposta lo portano, tuttavia, a riflettere sulle sue azioni e fargli  decidere di restituire le monete  a chi le aveva perse.

 Il direttore del carcere viene a conoscenza  della storia  e ritiene che questa scelta etica di Rahim meriti di essere raccontata in televisione come esempio di redenzione . Rahim, seppur titubante, accetta, trasformandosi presto in una celebrità.

Da quel momento  scatta l’incedibile altalena di avvenimenti  che l’informazione  e la diffusione delle notizie e dei commenti sul web producono sulla vita di Rahim, portandolo da un lato a cercare di utilizzare ogni volta le opportunità che gli si presentano per cercare di migliorare la sua posizione personale, ma dall’altro a decidere di privilegiare un percorso  etico delle sue scelte anche se questo può non essere riconosciuto e valutato positivamente.

L’eroe, in precedenza acclamato, può alla fine essere abbattuto all’interno del mondo della comunicazione  e del web, che di fatto condizionano anche le scelte istituzionali e l’opinione pubblica,  ma può essere invece paradossalmente ancora più apprezzato dalle persone che gli stanno vicine  e accrescere il proprio percorso di valore e di autostima.

Scegliere quello che si ritiene sia il bene aiuta  anche  ad incontrare  se stessi.

Amir Jadidi riesce a dare a Rahim Soltani un volto sensibile e fiducioso negli altri   dando una forte  credibilità al suo personaggio.

Rimarcando ancora la bravura di tutti gli altri attori , desidererei  sottolineare quella del bambino che interpreta il ruolo del figlio di Rahim

domenica 23 gennaio 2022

La scelta di Anne - L'Événement

 


Anne Duchesne è una giovane studentessa di modeste condizioni sociali ma di una brillante capacità intellettuale, che la porta ad avere un buon successo negli studi e l’apprezzamento degli insegnanti.

Siamo in Francia nel 1963. I modelli di comportamento dei giovani cominciano ad essere più liberi anche se, formalmente, si mantengono delle regole più rigide.

Anne, improvvisamente, si trova a misurarsi con un problema più grande di lei: una gravidanza indesiderata  che sconvolge i suoi piani di vita, dal completamento degli studi, alla sua realizzazione nel mondo del lavoro. Anne non rifiuta la maternità ma non l’accetta in quel momento della sua vita: si sente travolta da un destino che non ha scelto e di cui non si sente in grado di sopportare le conseguenze. Per un momento, quello che succede nel suo corpo è qualcosa che sente come estraneo  e di cui vorrebbe liberarsi,  pur sapendo che l’aborto, in Francia, è un atto illegale.

Quale sarà la scelta di Anne?

E’ questa la questione trattata dal film “L’événement”( La scelta di Anne) diretto da Audrey Diwan che costituisce l’adattamento cinematografico del romanzo autobiografico “L'evento” (2000) di Annie Ernaux

Partendo da un giornale intimo tenuto nel 1963, per Ernaux  raccontare la sua esperienza è una questione necessaria per riportare alla luce  quella che è stata ed, in qualche caso, ancora è una ferita collettiva : quella di una ragazza che cerca disperatamente di abortire  in un mondo che non le riconosce questo diritto.

“Se non andassi fino in fondo a riferire questa esperienza contribuirei ad oscurare la realtà delle donne schierandomi dalla parte della dominazione maschile del mondo”. Ed ancora : “Che la clandestinità di chi ha vissuto quest’esperienza dell’aborto appartenga al passato non mi sembra un motivo valido per lasciarla sepolta, scrive Ernaux, Tanto più che il paradosso di una legge giusta è quello di obbligare a tacere le vittime di un tempo con la scusa che “le cose sono cambiate”.

Nel libro e nel film il tema che ci viene sottoposto è l’espressa richiesta delle donne di poter disporre liberamente del proprio corpo,  anche  in presenza di una gravidanza, ricordando come spesso questo rimaneva comunque problematico  sia quando l’aborto era dichiarato illegale, sia anche quando era consentito, ma reso difficile a causa della grande presenza di medici obiettori.

Quello che si vuole evidenziare è la mentalità, presente specialmente nel mondo maschile, per cui tutto quello che concerne la gravidanza, dal concepimento al parto, è una questione ed una responsabilità che ricade interamente sul corpo delle donne,  ma su cui le stesse non devono essere ascoltate.

Personalmente direi: non devono essere ascoltate con diritto esclusivo di priorità se per un momento ammettiamo che la generazione della vita non è un problema individuale ma una questione sociale primaria. Quando nasce e si legittima il diritto ala vita? C’è un ‘età dopo la quale si acquisisce e una dopo cui paradossalmente può perdersi? Esiste pertanto una separazione del diritto del soggetto che sta nascendo da quello del corpo che lo ospita fino alla sua nascita? E dell’altro corpo che col suo seme ne ha permesso il concepimento?

Quello che rimane intollerabile è che la responsabilità ricada sempre e comunque sulla sola donna  e sulla sua vita . La donna invece dovrebbe essere sempre e comunque aiutata  per non dovere rinunciare a nulla delle proprie aspirazioni e desideri. Alla stessa maniera anche l’uomo non dovrebbe potersi disinteressare  della vita che ha contribuito a creare. Dovrebbe esserci una precisa responsabilità da dover assumere  in ogni caso. Il film ha il pregio di porre una questione che a mio parere è lontana dall’essere risolta e su cui  giustamente va richiamata la nostra attenzione.

Quello che mi auguro è che nessuno debba rimpiangere un giorno di non aver portato avanti quella meravigliosa occasione di vita che aveva avuto per un attimo accanto a se.

Anne  si muove all’interno di questa storia con il bel volto della giovane attrice Anamaria Vartolomei che le dona la sua grazia ma anche un’intensa partecipazione al ruolo.

“L’événement” ha vinto il Leone d'oro per il miglior film alla 78ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.

 

 

 

 

 

 

 

 


venerdì 7 gennaio 2022

E noi come stronzi rimanemmo a guardare

 



Pierfrancesco Diliberto, in arte PIF,  ci regala,  con il suo ultimo film ,una riflessione importante su quelli che sono le possibili conseguenze sul nostro futuro dell'attuale rivoluzione digitale. Questa rappresenta sicuramente una grande opportunità  ma contemporaneamente , come è sempre accaduto nella storia umana, il suo possibile cattivo utilizzo, una gestione autoritaria  ed egoistica a vantaggio di pochi, può rappresentare un grave problema che diventa sempre  più importante e globale  in relazione all'importanza dello sviluppo tecnologico.

L'utilizzo di un algoritmo per ottimizzare l'efficienza lavorativa nella sua azienda,  introdotto dal protagonista  Arturo ( un ottimo Fabio De Luigi), comporterà proprio il suo licenziamento  e successivamente, a causa di un test sull'affinità di coppia, verrà abbandonato dalla sua compagna Lisa ( Valeria Solarino).

Ecco, già nella prima fase del film Pif, provocatoriamente, ci mostra come  la nostra subordinazione psicologica e pratica  al digitale può farci restare soli e senza lavoro. 

Arturo ha  cinquant'anni  e a questa età la capacità dell'attuale mercato del lavoro di offrire una decente opportunità di reinserimento è molto discutibile; pertanto, Arturo non trova di meglio che lavorare come  rider della multinazionale Fuuber con condizioni di lavoro  pesanti e mal retribuito. Immediatamente, il pensiero va alla denuncia  di questa condizione, sempre più diffusa nel mondo della distribuzione commerciale odierna,  contenuta nel film di Ken Loach: " Sorry, we missed you" .

Le multinazionali del digitale  stanno decisamente conquistando il mondo della distribuzione , della comunicazione, e progressivamente delle relazioni  e dello spettacolo, per non parlare anche del serio tentativo d'indirizzare in modo significativo i comportamenti  commerciali, emozionali , sociali e politici .  

Dopo averci mostrato le difficoltà della vita economica del suo protagonista,  Pif ci racconta di come , successivamente,  egli  potrà essere condizionato nel suo campo affettivo. Rimasto solo dopo l'esito negativo del test sull'affinità con la sua compagna , Arturo accetta di entrare nel programma creato dalla Fuuber stessa per abbinare le persone a personaggi virtuali presenti come ologrammi. La storia prosegue  raccontandoci della lotta di Arturo e della sua nuova compagna reale Stella  (una splendida Ilenia Pastorelli) per riconquistare la propria libertà personale .

Quale sarà il suo esito  ? 

Non lo sappiamo, ma risulta inquietante  la riflessione del giovane  fondatore dell'immaginaria multinazionale Fuuber ( interpretato da Eamon Farren),  in una scena che lo ritrae nella sua stanza all'interno del suo grattacielo di Mumbai.

Guardandoci fisso negli occhi  e parlando di Arturo e della sua nuova compagna ,   ci dice: "Mi fanno quasi tenerezza : pensano di essersi liberati di noi ma in realtà noi conosciamo il loro passato, il loro presente ed il loro futuro . Quello che desiderano e quello di cui hanno bisogno. Chi ci ha dato queste informazioni?- chiede ancora, e risponde: Voi stessi . Abbiamo chiesto il permesso di accedere ai vostri dati e ce lo avete concesso . Grazie alla gestione di queste informazioni, siamo diventati miliardari .Pensate che siamo disposti a fermarci?".

Il film è stato prodotto da Sky Italia  e  presentato alla Festa del Cinema di Roma 2021. La distribuzione  è  avvenuta sui canali Sky Cinema  a partire dal novembre 2021.

Pierfrancesco Diliberto è anche autore del soggetto e della sceneggiatura insieme a Michele Astori.