mercoledì 16 dicembre 2020

L'incredibile storia de l'Isola delle Rose


 

Quando Gabriella , interpretata da una bravissima Matilda De Angelis, si rivolge a Giorgio ( Elio Germano) con la  frase : “L’importante é cambiare il mondo ….. no..?  O almeno provarci! “ , Sydney Sibilia esprime con chiarezza il sentimento che ha guidato quei giovani nella loro pazza impresa e che è poi il punto centrale del film. Non a caso era il 1° maggio del 1968 quando la “ Esperanta Respubliko de la Insulo de la Rozoj “( nome in esperanto dell’isola delle rose)  dichiarò unilateralmente la propria indipendenza , con Giorgio Rosa come "Presidente". Contemporaneamente tutta l’Europa era attraversata dalla contestazione studentesca  e proprio quel mese di maggio sarebbe rimasto nella storia come “il maggio francese” , indicando i giorni della rivolta studentesca in Francia.

 

Quell’atmosfera di sfida nei confronti delle regole  e delle istituzioni  in nome dell’immaginazione , della creatività , del perseguimento della piena libertà e della possibilità di essere felici erano uno dei valori guida di quella generazione di giovani. Quegli stessi valori sono il motore che guida il giovane ingegnere Giorgio Rosa  a tentare di realizzare la sua impresa: la creazione  di un mondo nuovo, una piccola isola al di fuori delle acque territoriali Italiane e quindi della sua giurisdizione.

Un posto dove essere totalmente liberi di realizzare la vita che si desidera anche se non  si sa bene in cosa consista.

Il fatto “ incredibile” è che il film “ L'incredibile storia de l'Isola delle Rose,diretto da Sydney Sibilia è ispirato da una storia vera, quella dell’isola delle rose,  la piattaforma artificiale creata dall'ingegnere Giorgio Rosa  al largo di Rimini , divenuta micronazione il 1º maggio 1968 e demolita  dal Governo Italiano nel febbraio del 1969 con un atto che potremmo definire di guerra . Nei titoli di coda  del film  si rivela inoltre come il Consiglio d'Europa,  avesse  rifiutato di pronunciarsi sulla questione giudicandola un contenzioso ristretto a due entità sovrane, riconoscendo in questo modo, seppure implicitamente, l’indipendenza dell'Isola delle Rose.

Sydney Sibilia,  che ha curato la sceneggiatura  del film insieme  a Francesca Manieri (con cui ha collaborato in precedenza in diversi film della serie “ Smetto quando voglio”), ci conduce nella parte iniziale della storia con una gradevole leggerezza sottolineando la creatività e la genialità del protagonista e contemporaneamente il suo relativo disadattamento nei confronti di una vita secondo delle regole che spesso considera superate ed inutili. Sarà successivamente l’importanza dell’impresa realizzata a far prendere coscienza ai protagonisti ed agli spettatori della necessità del confronto con le strutture istituzionali esistenti, che non possono essere evitate o addirittura ignorate se si vuole “ cambiare il mondo”. Alla leggerezza della fase iniziale del film fa dunque da contraltare l’emozione e la tensione della parte finale  sostenuta anche dall’utilizzo della grande musica del brano  di Barry McGuire “ Eve of distruction” , una delle canzoni simbolo dei movimenti pacifisti degli  anni sessanta /settanta. Bello anche risentire, alla fine , il brano “ Sole spento” di Caterina Caselli .

Ottimo il cast del film che vede la presenza di Elio Germano ( Giorgio Rosa) Matilda De Angelis( Gabriella) Fabrizio Bentivoglio( On. Franco Restivo), Luca Zingaretti ( il Presidente Giovanni Leone) e la partecipazione del grande attore francese François Cluzet ( Jean Baptiste Toma , il presidente del Consiglio d’Europa).

 


giovedì 3 dicembre 2020

ELEGIA AMERICANA

 



Elegia  americana “ è il titolo  italiano del film “ Hillbilly Elegy”(2020) diretto da Ron Howard  e distribuito sulla piattaforma Netflix , che, in questo periodo di pandemia,  consente ancora la visione della nuova produzione cinematografica, in attesa di poterla gustare di nuovo  nelle sale fisiche .

Il film è l’adattamento cinematografico dell’omonimo libro  autobiografico di J.D. Vance  del 2016, con la sceneggiatura  di Vanessa Taylor , che può annoverare  fra i suoi lavori  anche  quella del film  la “ Forma dell’acqua”.

Nello stesso titolo del  libro ,da cui è tratto il film, ci sono alcuni elementi importanti che caratterizzano l’opera. Il primo fa riferimento al termine “elegia”  che si lega  ad un tipo di componimento con forti componenti autobiografiche , malinconiche e compassionevoli. Il secondo fa riferimento agli “ Hillbilly” , i protagonisti della storia, un termine con cui sono identificati i   grossolani montanari della regione dei monti Appalachi. Il terzo è presente nel sottotitolo del libro  in cui si parla della  “Biografia di una famiglia e una cultura in crisi” .

La storia raccontata non è quindi solo quella di una famiglia;  ma, per assonanza, quella di un’intera comunità. Essa ci racconta,  in breve, la sua cultura , la sua storia,  la sua crisi ed i termini delle scelte che stanno alla base della sua  possibile evoluzione .

L’America raccontata da J.D. Vance è quella degli Hillbillies  , termine con cui vengono identificati  i componenti della comunità che vive nella zona degli Appalachi, la catena montuosa che corre parallela alla costa orientale del Nordamerica, dal Canada sino all’Alabama. La maggior parte di essi  è di origine  nordirlandese e scozzese, di religione protestante, con un  forte senso della famiglia  ed un attaccamento alle proprie tradizioni culturali  che si ritrovano anche nel  bluegrass, la musica tradizionale degli Appalachi.

La regione e i suoi abitanti,   fino alla metà  del XX secolo, avevano goduto di un benessere economico legato alla  produzione del ferro e dell’acciaio; ma .successivamente , in seguito alla crisi del settore , le condizioni di vita  erano peggiorate costringendo molte famiglie ad emigrare  o a rassegnarsi ad una costante  marginalità e povertà.

Questa è anche la storia della famiglia  Vance  che da Jackson, in Kentucky, si trasferisce a Middletown, Ohio dove  dopo un periodo di inziale benessere  la situazione peggiorerà  enormemente .

Il film ci mostra, infatti, un giovane J.D. Vance crescere insieme alla sorella  in un ambiente dominato dalla miseria e dalla violenza domestica, con una madre instabile psicologicamente e tossicodipendente, dei patrigni  disoccupati ( che la madre cambia continuamente) , vicini di casa alcolisti capaci solamente di sopravvivere con i sussidi e lamentarsi del governo, in una regione con alti tassi di disoccupazione e di abbandono scolastico.

 Per il giovane Vance ,invece, tutto cambia quando la famiglia passa dei periodi di tempo dai nonni, a Jakson nel Kentucki.

Lì, la cultura della comunità , prevalentemente dedita a lavoro agricolo , è più compatta e più salda e la figura della nonna ,pur  di carattere irascibile e violento, è assertiva e rappresenta un valido punto di riferimento.

La lezione fondamentale che la nonna cerca d’impartire al nipote è quella di uscire dalle dinamiche di marginalità ed autocommiserazione, per assumere un atteggiamento positivo tendente al  miglioramento ed alla  mobilità sociale: “il sogno americano” .

Il film ,come il libro, ci  raccontano  la storia di un riscatto personale : quello di J.D Vance. Egli , dopo il diploma, decide di prendersi una pausa dagli studi  ed entra nel corpo dei Marine , dove rafforza la fiducia in se stesso ed impara ad apprezzare l’importanza del duro lavoro e della disciplina  che, successivamente, gli consentiranno  di entrare nella prestigiosa  Scuola di legge di Yale e marciare verso l’obiettivo di diventare un avvocato di prestigio.

Questo riscatto , tuttavia, non può prescindere dalla necessità di rapportarsi in maniera positiva con la propria famiglia di origine e la comunità di appartenenza. Sia il romanzo che il film cercano di sviluppare  in maniera ampia questo aspetto,  riaffermando la tesi della possibilità della mobilità sociale .

 Questo, forse, è il punto più controverso  e  che si presta maggiormente  al dibattito ed alla riflessione  per niente ovvia o scontata .

 Secondo Vance  la strada del riscatto può essere quella vincente  anche per la sua comunità di appartenenza ; ma in questo,  forse, non sono sufficientemente  considerate le condizioni strutturali  che, in qualche modo secondo diversi economisti, impediscono a questo meccanismo di funzionare .

 Probabilmente, i due aspetti sono entrambi presenti . Da un lato c’ è una responsabilità  della  classe degli emarginati e dei poveri  a cadere in uno stato di  autocommiserazione, di rabbia , di autodistruzione;  ma, dall’altro, è anche probabile che non vi siano le premesse  per un miglioramento delle condizioni di vita generali di quella comunità  se non si procede ad un cambiamento strutturale della situazione.

Nel suo libro  Vance  insiste  sulla  negatività dell’atteggiamento di autocommiserazione  che  autoesclude la maggior parte della comunità povera  da un processo di mobilità sociale  e dice : “C’era, e c’è ancora, l’idea che quelli che ce la fanno si possano dividere sostanzialmente in due categorie. La prima è quella dei fortunati: vengono da famiglie ricche che hanno i contatti giusti (…). La seconda è quella dei meritevoli: sono nati con un cervello fino e non potrebbero fallire neanche se ci provassero».

Il film e la storia si soffermano pertanto  maggiormente sull’aspetto personale  ed individuale  senza considerare a sufficienza le condizioni strutturali e le loro problematiche presenti. L’aspetto positivo è comunque rappresentato dal fatto che il protagonista si senta comunque parte di una comunità, anche quando ne contesta gli aspetti che non condivide e riesca,, attraverso il perdono dei comportamenti negativi della madre che lo hanno più volte penalizzato, ad assumere una nuova responsabilità ed un ruolo di guida all’interno del suo gruppo familiare. E’ questo il momento più  vivo del film che per il resto, in certe sue parti,  pecca per l’eccessiva caratterizzazione stereotipata dei personaggi.

 Tutto questo penalizza, a mio parere,  anche le  buone interpretazioni di Glenn Close ( Mamaw Vance) e Amy Adams ( Bev Vance). Interessanti e positive le prove di  Gabriel basso ( J.D.Vance )  e Haley Bennet( Lindsay Vance). Sempre di buon livello la colonna sonora con le musiche di Hans Zimmer e David Fleming.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


venerdì 27 novembre 2020

Mayrig- Quella strada chiamata Paradiso


 

 Dopo diversi anni di silenzio cinematografico, il regista Henri Verneuil ,ormai settantenne, ha realizzato fra il 1991 ed il 1992 due film, di carattere sostanzialmente autobiografico , che ripercorrono le vicende  di una famiglia armena  che , sfuggita al genocidio  compiuto dall’Impero ottomano agli inizi del secolo scorso, si rifugia in Francia, nella città di Marsiglia.

Il primo film “ Mayrig “, che in lingua armena significa madre, è dedicato , nella prima parte, alla rappresentazione delle scene del martirio subito da quella popolazione,  costretta ad estenuanti marce  verso il proprio sterminio.

Paradossalmente in una scena il regista ci mostra proprio dei cavalieri Curdi ( oggetto di successive persecuzioni da parte dei governi turchi) massacrare insieme a componenti dell’esercito turco  i prigionieri armeni che, assetati , dopo lunghe giornate di marcia cercavano di dissetarsi, bevendo da una pozza d’acqua del terreno. Arresti e deportazioni coinvolsero circa 1.200.000 persone nelle cosiddette marce della morte e  centinaia di migliaia di loro morirono per fame, malattia o sfinimento.

Il film, successivamente, si concentra  sulle vicende della  famiglia Zakarian  che , sfuggita  alla persecuzione turca, arriva a Marsiglia , grazie ai buoni rapporti esistenti  fra la Francia e la popolazione armena nel periodo della prima guerra mondiale e successivo.

 Ci mostra le sue difficoltà d’inserimento , i sacrifici e gli sforzi del  loro percorso d’integrazione, costellato  anche da umiliazioni, ma vissuto con una grande forza d’animo ed assistito da una cultura profonda radicata nelle  proprie origini che rimarrà sempre un punto di forza della loro vita.

 La madre Mayrig e le sue sorelle  saranno di grande aiuto alla sopravvivenza familiare con la loro abilità nel cucito che le porterà ad ottenere  commesse di lavoro  come camiciaie e successivamente a mettere in  proprio l’attività con un laboratorio aperto al pubblico.

Come non ricordare, per affinità, l’abilità delle nostre madri e sorelle nella riparazione degli indumenti , nella cucitura degli orli , nella realizzazione degli abiti  femminili  negli anni cinquanta e sessanta del novecento !

Grazie a tutto questo il piccolo Azad Zakarian ( il vero nome del regista Henri  Verneuil) frequenterà una ottima scuola di Marsiglia e alla fine del suo percorso  scolastico  conseguirà la laurea in ingegneria che festeggerà in famiglia  con un dolcissimo valzer ballato  con la madre( Claudia Cardinale) in quella strada chiamata paradiso dove si trova la loro abitazione , sotto gli occhi commossi del padre Hagop ( Omar Sharif).

Il secondo film continua la storia mostrandoci  un Azad ormai adulto che è diventato un autore teatrale di successo, che vive il privilegio e le lusinghe della fama e della ricchezza, ma che ha  cambiato il proprio nome in  quello di Pierre  Zakar, accettando di mettere in una sorta di  penombra  le proprie origini.

La narrazione ci mostrerà invece il percorso di riappropriazione da parte  di Pierre Zakar  della propria cultura familiare  e delle proprie origini armene fino alla ripresa del proprio cognome originario , tanto desiderato dai propri piccoli figli.

La bellezza è che tutto questo , come del resto è accaduto nel primo film , ci viene narrato privilegiando un senso di ricerca dell’armonia e di quei tratti culturali della propria origine familiare che sono il vero valore ritrovato nella vita di Azad ( che in Armeno significa “ Libero”).

E’ una cultura semplice , formalmente rispettosa delle persone e che vede nella famiglia il centro della vita sociale e degli affetti.

La cultura  di un popolo del medio oriente, come quello Armeno,  che ci mostra come   sia sempre possibile  l’integrazione   fra persone di cultura diversa, mantenendo il valore delle proprie origini ,nel segno del rispetto e della ricerca comune  dell’armonia nella propria vita.

Due film che, insieme, rappresentano una storia  che ci lascia momenti di riflessione e di verità.

Piena di sentimento e partecipazione è  l’interpretazione dei tre principali protagonisti :  Claudia cardinale ( Mayrig), Omar Sharif ( Hagop)  e Richard Berry ( Azad Zakarian -Pierre)  

Con queste opere Daniel Verteuil, ritornando in qualche modo a guardare agli anni della sua vita , conclude la sua carriera di regista cinematografico .

Nel 1996 a riconoscimento del suo valore artistico gli verrà conferito un premio  César onorario  (premio alla carriera) ed entrerà a far parte dell'Accademia delle Belle Arti.

 

 

 

 

 

 

 

 


venerdì 20 novembre 2020

NIAGARA

Le cascate del Niagara River erano sempre state nella mia fantasia uno dei simboli degli USA e una delle mete immancabili di un possibile viaggio in quel paese. Quante volte ne avevo parlato , soffermandomi anche su di un film del 1953 ( Niagara) ambientato proprio in prossimità di quel luogo magico. Ricordavo sempre, a tal proposito ,la bellezza prorompente e provocante di Marilyn Monroe e le scene drammatiche incorniciate dallo scorrere dell’acqua delle cascate.



Dopo tanti anni il sogno stava per avverarsi . Quel  giorno la mattina  , partiti da New York, avevamo già lasciato alle nostre spalle il Watkins Glen State Park, nel cuore della regione dei Fingers Lakes, dove avevamo attraversato nel corso di una passeggiata il Watkins Glen Canyon per visitarne le belle cascate. Dopo , superando il lago Seneca, eravamo ormai in prossimità del Niagara e delle sue cascate dalla parte del versante americano dove si visitano le Goat island e la Luna Island che separano la parte delle cascate americane da quelle canadesi.

Il Niagara River, che congiunge i laghi Erie e Ontario, si allarga infatti moltissimo  formando ben 3 cascate: le Horseshoe Falls, sul versante canadese, le American Falls, sul versante americano, separate da quelle canadesi dalla Goat Island, un isolotto in mezzo al fiume che divide il corso d’acqua e le Bridal Veil Falls, divise, anche se vicinissime, dalle americane da un sottile lembo di terra detto Luna Island.

Nel primo ‘pomeriggi arriviamo al Niagara Falls State Park  per iniziare la visita delle cascate.

 



Il Niagara Falls State Park ,un parco statale della Contea di Niagara nello Stato di New York , è forse uno dei più antichi degli Stati Uniti e contiene  le American Falls e le Bridal Veil Falls. Al suo ingresso possiamo  subito osservare la statua del grande scienziato Nikola Tesia   che  realizzò il primo motore a sfruttare l'energia idroelettrica delle cascate. Questa  è stata la prima centrale idroelettrica di  più grande  potenza al mondo.

 




E subito dopo ecco  esplodere  la visione della bellezza naturale  del Niagara  che scorre impetuosamente davanti a noi







e subito dopo il suo incredibile salto





E’ un fragore di suoni ed un lampeggiare d’immagini nella mente questo primo approccio con le cascate .E’ già pomeriggio e ci spostiamo verso la cittadina  di Niagara Falls passando il confine con il Canada dove passeremo la sera e la notte  e potremo ammirare  i meravigliosi giochi di luci e colori delle cascate sia del lato americano che canadese.

 

Niagara Falls è una  cittadina situata  nella provincia dell' Ontario lungo la sponda del  fiume Niagara , di fronte alle omonime cascate. Il fiume Niagara la separa  dalla omonima città gemella   degli Stati Uniti. La località ha avuto un grande sviluppo turistico  e vi sono tantissimi alberghi, bar , ristoranti , parchi gioco e casinò che l’hanno trasformato in una specie di Las Vegas canadese.













Ma lo spettacolo più affascinante è costituito dalle cascate  illuminate . Ecco   le Horseshoe Falls




E  quelle del versante americano. Le American Falls e le Bridal Veil Falls





Splendido e suggestivo!


L’indomani  ci organizziamo per  osservare da vicino la maestosità delle cascate imbarcandoci  sul battello  Maid of the Mist. 

Scendiamo lungo la scala di accesso all’imbarco ed eccoci a bordo



Indossiamo tutti le impermeabili rosse per proteggerci dagli spruzzi  ed eccoci  subito in partenza  per le  Horseshoe Falls







Quindi ci dirigiamo verso le American Falls e le Bridal Veil Falls










Siamo stati davanti ad una delle meraviglie e degli spettacoli naturali più belli del mondo.

 

Completiamo il nostro giro  di visita del Niagara  dirigendoci verso la cittadina di Niagara-on-the-Lake, nella provincia canadese dell’Ontario, e situata sulle rive del fiume Niagara ed il lago Ontario.

E’ una località tranquilla ed immersa nella natura dove  concluderemo la nostra  giornata .

Ecco alcune immagini della cittadina





E quelle del lago Ontario



IL nostro viaggio  lungo  ed attorno al Niagara  si conclude qui.


mercoledì 18 novembre 2020

LA VITA DAVANTI A SE’

La vita davanti a sé (The Life Ahead), diretto da Edoardo Ponti, è un film liberamente tratto dal romanzo omonimo scritto da Romain Gary , già portato sullo schermo con un film di produzione francese del 1977, diretto da Moshé Mizrahi. Nell’adattamento proposto con questo film da Edoardo Ponti, ambientato a Bari, la storia si concentra sul rapporto che si viene lentamente creando fra il piccolo ragazzo di colore Momò ( Ibrahima Gueye) e Madame Rosa ( Sophia Loren). Momò è un bambino orfano di origine senegalese con un vissuto difficilmente controllabile che lo porta ad avere rapporti con la malavita, spacciando droga per conto loro. Madame Rosa è invece una donna ebrea anziana che ha trascorso la sua infanzia nel campo di Auschwitz a cui è sopravvissuta . Povera e senza poter contare su nessuno, ha vissuto facendo la prostituta e adesso aiuta i servizi sociali, ospitando in casa sua figli di prostitute e ricavandone un aiuto finanziario. Accanto ai due protagonisti, ruotano altri personaggi come il Dottor Cohen ( Renato Carpentieri) amico da sempre di Madame Rosa a cui presenta il piccolo Momò, che a suo parere non può continuare a stare in un centro sociale perché troppo incontrollabile e bisognoso di vivere, al contrario, in una situazione dove poter avere un rapporto con una figura femminile di riferimento, che gli permetta di colmare il vuoto che ha subito con la perdita della madre. C’è poi lo spacciatore ( Massimiliano Rossi) che ha assunto Momò per spacciare a sua volta. C’è Lola , la prostituta sudamericana, che abita nello stesso palazzo di Madame Rosa con cui ha un rapporto di confidenza ed amicizia ed ancora Hamil ( Babak Arimi) che fa lavorare con se Momò , provando ad insegnargli il mestiere , comprendendolo e cercando di farlo allontanare dallo spaccio. Dopo le scene iniziali, che rappresentano quasi un vero e proprio prologo , è l’incontro umano fra Momò e Madame Rosa a diventare il centro della narrazione . Affiorano così le loro differenze culturali , la loro diversa sensibilità e fragilità. L’aspetto più interessante è che non c’è la classica figura dell’adulto che si prende cura del più piccolo, insegnandogli a vivere. Ambedue i protagonisti, infatti, vivono una condizione di bisogno e di debolezza che li porta a sorreggersi a vicenda scoprendo un percorso di amicizia e la voglia di essere uno di aiuto all’altro. Bellissimo in tal senso il regalo di una mimosa che Momò fa a Madame Rosa che aveva sempre associato quel fiore alla sua infanzia familiare perduta. E’ forse questo l’aspetto più intenso della storia che rimane nell’animo dello spettatore: la possibilità di avere una prospettiva di vita davanti a se solo dopo essere riuscito a prendersi cura dell’altro, ricevendo in cambio una maggiore coscienza e sicurezza di se. Molto intensa e bella l’interpretazione degli attori ed in particolare del piccolo Ibrahima Gueye e di Sophia Loren che molti ritengono possa essere candidata all’Oscar .Bellissima anche la canzone “Io si” (Seen) composta da Diane Warren e cantata da Laura Pausini.

sabato 14 novembre 2020

INSIEME PER IL FUTURO

In queste canzoni che ascolto c'è quella musicalità rock che ti trasporta verso il viaggio e la scoperta della vita che sentivamo da ragazzi ed è stata sempre la molla dei nostri sogni. 
Nel mio cuore si affastellano ricordi e sentimenti che mi commuovono e mi fanno di nuovo sperare in un futuro che desidero sia migliore per me e per noi tutti .
C'era Dylan con "Blowin'in the wind" che ci emozionava e poi Joan Baez ,
mentre i Beatles avevano cambiato tutto.
 In Italia ascoltavo Guccini, De Andrè, tutti i nostri grandi cantautori e i nuovi complessi, aspettando Battisti.
 Nascevano i primi grandi amori e volevamo tutto ........ e tutto eravamo disposti a rischiare per Lei. Avevano ucciso Martin Luther King, Che Guevara e Robert Kennedy,
 ma il maggio francese bussava alle nostre porte ed eravamo pronti a scendere in piazza
 per gridare che per noi sarebbero vissuti sempre
 come il desiderio di giustizia sociale, di amore e di vita che incarnavano.
 Sento di nuovo , in questi tempi così difficili, la stessa voglia di essere utile e di sperare in un mondo che possa essere migliore.
 Desidero comunicare ai più giovani questa voglia e la speranza di non considerare tutto scontato o impossibile da cambiare. 
 Voglio accompagnarli ancora nella lotta come in un'antica tribù e insieme gridare e cantare felici per quello che sogniamo.
Vogliamo il rispetto dell'ambiente e di tutti i nostri fratelli. 

giovedì 12 novembre 2020

LA NOTTE E L’ALBA

Come una musica che si ripete dentro il mio cuore aspetto con impazienza il sorgere del sole per riscaldare questi giorni così difficili. Il pensiero della fine è sempre accanto a noi nella notte ma, alla fine, il Dio della vita ci prende per mano per salutare il nuovo giorno Lui è esploso nella notte creando il mondo e la vita Lui non ha voluto mai la fine del tutto ma, semmai, il suo mutamento in nuove forme di vita. Quale sarà la mia? Oltre quello che è già stata? Non posso saperlo…. ma mi basta pensare e pregare perché Lui mi accompagni nella serenità del nuovo giorno e... quando sarà il momento, mi lasci un sorriso sulle labbra ... per te.

I MISERABILI ( 2019)

"Ricordatevi di questo, amici miei. Non ci sono cose come le piante cattive o uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori.' Questa citazione, tratta dall’opera “Les Misérables” di Victor Hugo, sembra racchiudere tutto il significato del film “ I miserabili”, scritto e diretto da Ladj Ly e basato sull'omonimo cortometraggio diretto dallo stesso regista nel 2017. Le contraddizioni e le tensioni presenti negli strati più deboli della popolazione delle nostre città sono sicuramente il terreno da cui prendono vita i fatti di cronaca più cruenti e le peggiori vicende sociali che ci troviamo ad osservare; ma , senza fare sconti a nessuno, è pur vero che la maggiore responsabilità ricade pur sempre sulle spalle delle istituzioni e delle classi dirigenti che amministrano le nostre società. Quando, come avviene per la squadra di poliziotti presentata nel film, non si riesce a gestire in maniera moralmente trainante il territorio che si sorveglia ( pretendendo non solo il rispetto delle regole, ma operando altresì nel rispetto delle dignità delle persone) ma ci si accontenta di sopravvivere all’interno di un terreno ovviamente scomodo e pericoloso, è probabile che prima o poi le tensioni presenti possano esplodere. Gli equilibri instabili presenti fra le diverse etnie e religioni, governate normalmente dai loro capi locali e naturali, possono sfuggire di mano in seguito ad un evento imprevisto. Dopo una prima inquadratura dedicata alle immagini della folla di Parigi che, in un abbraccio collettivo fra le diverse etnie e classi sociali , celebra, all’interno dell’Avenue des Champs Elysées , la vittoria della squadra francese ai Mondiali di calcio del 2018, la narrazione si sposta verso il piccolo centro di Montfermeil , a poca distanza da Parigi, nel dipartimento della Senna – Saint Denis regione dell’ Ile de France. E’ infatti in questa località che si trova a prendere servizio l’agente di polizia Stéphane Ruiz ( Damien Bonnard), recentemente trasferito a Parigi, in una squadra della brigata anticrimine, la BAC, insieme a Chris ( Alexis Manenti) che ne è il capo e il brigadiere Gwada ( Djibril Zonga). Il piccolo centro di Montfermeil, dove il regista Ladj Ly ha ambientato il film, è proprio lo stesso dove si svolsero gli episodi riguardanti la famiglia Thénardier all’interno del romanzo “ I Miserabili” di Victor Hugo. Il richiamo alla sua opera è presente poi anche nel titolo del film e nella frase che lo conclude. La giornata della squadra di polizia trascorre all’interno dei quartieri più miseri di questo centro di periferia, controllando specialmente i comportamenti dei più giovani che, vivendo in condizioni di elevata marginalità, tendono ad essere devianti. Nello svolgere questo ruolo, il film ci mostra come spesso i poliziotti tendano ad abusare del proprio potere specie nei confronti delle controparti più deboli . come le donne più giovani e gli adolescenti, mentre si rapportano con rispetto e sottintendendo la ricerca della collaborazione in cambio del quieto vivere con i vari leaders presenti all’interno della popolazione. Siano essi delle autorità semi delinquenziali come “Il sindaco” ( Steve Tientcheu) o come l’Imam degli islamici ” Salah” (Almamy Kanouté) o ancora come Zorro ( Raymond Lopez) capo degli zingari e domatore di leoni del Circo. I veri marginali da controllare rimangono i giovani adolescenti , che non sono ancora in quadrati in un qualsiasi ordine costituito e operano in maniera deviante ed incontrollata in base al loro istinto di vita che si oppone inconsciamente alla condizione di “ miserabili” in cui si trovano a vivere. Sarà uno di loro: il giovanissimo “ Issa”, a scatenare l’inferno , rubando il cucciolo di un leone al capo degli zingari e domatore di leoni “ Zorro”. Le situazioni e la conflittualità generata da questo gesto costringeranno i vari potenti locali a confrontarsi fra di loro e con la squadra di poliziotti , aprendo una crisi che solo in un primo momento sembrerà risolversi con l’ennesima sofferenza , anche se aiutata e compresa da alcuni , del giovane “ Issa”. Quello che invece accadrà è che quell’ennesima sofferenza accenderà la miccia di una rivolta adolescenziale che coinvolgerà tutti . Sia i capi locali , sia le forze di polizia ed in particolare i componenti di quella squadra anticrimine rischieranno di essere distrutti da una molotov che il giovane “ Issa” sta per lanciargli addosso, rischiando a sua volta di essere fermato da un colpo di pistola. E’ una tragedia annunciata che potrà concludersi tragicamente o far nascere proprio a partire da quel momento una speranza. E’ questa la responsabilità che la vita cuce addosso a tutti noi che , alla fine , come ci ricorda questo densissimo film , siamo i veri responsabili, individualmente e con le istituzioni a cui diamo il nostro credito, della qualità della vita della nostra società e dei quartieri dove ancora oggi vivono dei “ Miserabili”. IL film , presentato al festival di Cannes nel 2019, ha ottenuto il premio della Giuria e successivamente nel 2020 ha ottenuto la candidatura agli Oscar per il miglior film internazionale ed il premio César per il miglior film.

mercoledì 11 novembre 2020

DIVORZIO A LAS VEGAS

Dopo qualche anno dal suo ultimo film “ Studio illegale” ( 2013) e dopo essersi dedicato alla realizzazione di tre stagioni della serie televisiva “ L’isola di Pietro “ su Canale 5 , Umberto Arteni ritorna in sala cinematografica con il suo ultimo film “ Divorzio a Las Vegas” ,una piacevole commedia italiana ambientata fra l’Italia ed il Nevada (USA), verso Las Vegas, di cui ha curato il soggetto e la regia. La storia ruota attorno alle vicende di Lorenzo ( Giampaolo Morelli ) ed Elena ( Andrea Delogu) che dopo essersi sposati, in una atmosfera di scanzonata follia di ragazzi, vent’anni prima a Las Vegas, e dopo essersi persi di vista subito dopo, vi ritorneranno per divorziare e permettere ad Elena di risposarsi, , scoprendo nel corso del viaggio tanto di se stessi e dell’altro che gli sta accanto. Molto bravi Morelli e Andrea Delogu che ci conducono con naturalezza e semplicità in questa commedia sentimentale . Giampaolo Morelli, con la sua bravura e simpatia istintiva, sta ormai diventando uno dei protagonisti della attuale commedia italiana e accanto a lui possiamo apprezzare una decisamente bella e brava Andrea Delogu . Accanto a loro si muove un’altra simpatica coppia , quella di Lucio (Ricky Memphis) storico amico di Lorenzo e di Sara (Grazia Schiavo) amica e avvocato di Elena. Non dimentichiamo inoltre la piacevole interpretazione di Gianmarco Tognazzi nel ruolo di Giannandrea, il fidanzato di Elena. Arteni non accentua, né esagera mai i toni della narrazione, utilizzando al contrario una discreta ironia insieme al delicato emergere dei sentimenti per regalarci una visione gradevole .

mercoledì 28 ottobre 2020

Il processo ai Chicago 7

 


Era il marzo del 1968 quando il presidente USA Lyndon B. Johnson annuncia di non volersi ricandidare  alle prossime elezioni per dedicarsi completamente al suo impegno per una conclusione vittoriosa della guerra nel Vietnam. A tal fine, aumenta geometricamente il numero dei giovani americani chiamati alle armi e, purtroppo  di conseguenza, il numero dei morti e la gravità indiscriminata dei bombardamenti americani sul territorio Vietnamita.

Dopo pochi mesi ,ad aprile, viene ucciso il leader indiscusso delle speranze della popolazione afroamericana: Martin  Luther King  e ,a giugno,  muore assassinato Bob Kennedy , uno dei più quotati candidati alla nomination democratica e portatore delle maggiori speranze di cambiamento del paese.

I giovani e gli afroamericani erano rimasti senza una voce capace di esprimere i loro bisogni e di rappresentarli all’interno delle istituzioni.

Si erano formati in quegli anni organizzazioni di studenti  come la Students for a Democratic Society ( SDS) che aveva espresso leaders come Tom Hayden   che nel manifesto di Port Huron, di cui era l’autore, aveva tracciato le linee della nuova sinistra radicale degli anni sessanta .

Si era affermata la ricerca  di un nuovo stile di vita, totalmente libero  e pacifista, che aveva trovato nel movimento degli hippies la propria espressione  ed in leaders come Abbie Hoffman e Jerry Rubin il proprio riferimento politico.

Un collante per tutti questi gruppi ed i movimenti pacifisti, guidati da persone come  il socialista cristiano non-violento David Dellinger, era rappresentato dalla piena  condanna della guerra del Vietnam e dell’establishment economico e istituzionale che ne era considerato responsabile.

L’altra grande protesta che scuoteva la società americana era quella degli afroamericani che, privati della credibilità della proposta non violenta di Martin Lutehr King , finita con il suo assassinio, guardavano sempre di più verso il movimento delle pantere nere, guidato da Bobby Seale.

Tutti questi giovani avevano perso la fiducia in quello che doveva essere il loro partito di rappresentanza: il partito democratico.

Questo li spingerà a contestare e manifestare con forza in occasione della Convention Democratica di Chicago dove si sta per scegliere un candidato alla Presidenza del paese come Hubert Horatio Humphrey  che non li rappresenta. Egli pensa di continuare la guerra in Vietnam seguendo le indicazioni di Lyndon Johnson , stando dalla parte di quell’establishment che trae enormi vantaggi economici dalla continuazione della guerra e che non sembra molto attento alle richieste degli afroamericani.

Il film “Il processo ai Chicago 7”(del 2020), scritto e diretto da Aaron Sorkin , ci racconta del processo ai cosiddetti Chicago Seven ( i leaders dei movimenti politici di cui abbiamo parlato) ,  accusati  di aver cospirato per causare lo scontro tra manifestanti e Guardia Nazionale avvenuto il 28 agosto 1968 a Chicago in occasione delle proteste alla convention del Partito Democratico.

Abbie Hoffman e Jerry Rubin (fondatori dello Youth International Party, YIP -da cui Yippie), David Dellinger   attivista del movimento pacifista , Tom Hayden e Rennie Davis ( SDS) , Lee Weiner e John Froines ( due accademici accusati  di aver insegnato agli altri come costruire delle bombe) sono i sette messi sotto processo.  Insieme a loro, inizialmente, c’era anche Bobby Seale, uno dei fondatori del movimento delle Pantere Nere .

Durante le varie fasi del processo il film ci mostra le differenze ed il confronto fra le posizioni politiche dei diversi leaders  giovanili e l’assurdità delle modalità di svolgimento del processo che culminano nel trattamento di Seale, imbavagliato e legato al tavolo degli imputati nel corso del processo, il vero e proprio assassinio di stato di Fred Hampton, leader della sezione di Chicago delle Pantere nere e l’uso di un falso messaggio delle Pantere Nere come pretesto per dismettere membri della giuria favorevoli agli imputati.

Quello che a mio parere rimane non chiaramente espresso nel film è l’importanza del travaglio morale ed esistenziale vissuto da quella generazione di giovani che vivevano un profondo disincanto rispetto al modo di vivere americano ed i suoi valori tradizionali ,denudati dagli orrori della guerra del Vietnam e dal sacrificio della vita di molti giovani.

Sfiducia e rabbia che sanciva anche il distacco da quello che avrebbe dovuto essere il loro partito di rappresentanza: il partito democratico.

Si crea in quel momento una separazione fra la popolazione progressista ed il partito democratico che  durerà per molti anni  all’interno degli USA.

 


giovedì 15 ottobre 2020

UN DIVANO A TUNISI(2019)

 


Dopo la caduta di Zine El-Abidine Ben Ali ,in seguito alla  Rivoluzione dei Gelsomini,   la Tunisia è stato l’unico paese, fra quelli interessati dalla cosiddetta primavera Araba, a riuscire a portare avanti un processo reale di democratizzazione.

Ciononostante,  la società tunisina è sempre afflitta da una  crisi economica e sociale   con gravi conseguenze sulle possibilità occupazionali dei giovani e sul tenore di vita della popolazione, mentre la minaccia  di un sempre  più violento movimento jihadista condanna il Paese allo stato di emergenza dal 2015.

C’è stato , comunque, un tentativo di combattere la corruzione che affliggeva il Paese e sono state ottenute  importanti conquiste sul fronte dei diritti, in particolare delle donne e delle minoranze , oltre che nel campo istituzionale.

All’interno di questo quadro Selma Derwich, psicanalista di 35 anni protagonista  del film  “ Un divano a Tunisi”,  decide di lasciare Parigi, dove vive insieme ai suoi genitori emigrati dalla Tunisia, per aprire un proprio studio alla periferia di Tunisi, dov'è cresciuta prima di partire per la Francia.

In questo nuova situazione sociale , Selma ritiene di potersi reintegrare nella società tunisina offrendo la sua professionalità  per aiutare le persone che la circondano. Desidera  aiutarli  a liberare il proprio animo, imparando ad esprimerlo liberamente e contribuendo, anche in questo modo, ad una reale democratizzazione  e liberalizzazione del tessuto sociale , superando i condizionamenti religiosi e del conformismo.

Nell’offrirci la visione dei questa storia la giovane regista e sceneggiatrice del film  franco-tunisina Manele Labidi Labbé, al suo primo lungometraggio, sceglie la strada di una leggera e piacevole ironia . Questo, sia nel trattare i vari aspetti della società tunisina che nella presentazione dei pazienti della giovane psicanalista e delle loro problematiche.

 L’ironia e la commedia non diminuiscono, tuttavia, la pesantezza delle difficoltà che la protagonista  si trova ad affrontare sia nei rapporti con le istituzioni che con le altre persone a lei vicine. Nel momento cruciale del film quando la protagonista  entra in una situazione di stallo simile a quella di chi ha forato le ruote della propria auto in una strada  isolata e con grandi difficoltà di contatti con il mondo esterno, in suo aiuto  arriverà il fondatore stesso della Psicoanalisi ,Sigmund Freud, a bordo di una autovettura .  Questa parte simbolica e di centrale importanza, in cui la protagonista  fonderà realtà e introspezione in un ‘unica visione onirica,  avrebbe forse avuto bisogno di una maggiore chiarezza, per consentire a tutti gli spettatori di coglierne a pieno la rilevanza e la dinamica.   

Dopo questo momento ,  ritrovata la sua direzione di vita,  Selma Derwich  parteciperà con rinnovato amore ed autenticità personale al ruolo professionale ed umano che ha scelto all’interno della società tunisina, la quale, inaspettatamente, è più capace, di quello che crediamo, di crescere  e migliorarsi.

La protagonista Selma   è ben  interpretata dall’affermata attrice di origine  iraniana  Golshifteh Farahani  che abbiamo già potuto osservare  anche in film di successo come  Pirati dei Caraibi- La vendetta di Salazar , e che le offre il suo volto interessante , le sue emozioni  ed una bella dinamicità.

Interessante anche la presenza di Majd Mastoura  nei i panni dell'ispettore di polizia, che indaga sull'attività di Selma, e di Hichem Yacoubi ( nel ruolo del panettiere  Raouf).

Il film è risultato vincitore del premio del pubblico alla mostra del cinema di Venezia 2019.

Per lo spettatore  italiano è stata una bella sorpresa  ascoltare nella colonna sonora  due canzoni di Mina : “  La città vuota” all’inizio del film  e “ Io sono quel che sono”  alla fine.

 Testimonianza dell’interesse e dell’amore della regista per la musica italiana.

 


lunedì 5 ottobre 2020

E' PER IL TUO BENE ( 2020)

 


Nel costruire  un remake del film spagnolo  “ Es por tu bien “ diretto da Carlos Theròn, Rolando Ravello ha immaginato che i tre padri amici e protagonisti del racconto si trovino nella situazione di voler proteggere le proprie figlie  dall’incontro con aspetti, forse non tradizionali, della nostra società attuale .

L’occasione è rappresentata dall’incontro delle ragazze  con l’amore e col desiderio di costruire un rapporto importante con il loro partner che, tradizionalmente, si concludeva nel matrimonio in chiesa.

Proprio da questo ,tuttavia, nelle prime scene del film, scappa la figlia di Arturo, affermato avvocato interpretato da Marco Giallini, vinta dall’appassionata dichiarazione d’amore della sua amica .

E’ un amore importante, ma diverso da quello tradizionale immaginato dal padre ; così come diversi saranno gli amori delle altre due figlie dei due amici di Arturo, il poliziotto Antonio (Vincenzo Salemme) e il "selvaggio" Sergio ( Giuseppe Battiston).

La prima  s’innamora del rapper “ Biondo” ,dalla vita poco convenzionale e alternativa, e la seconda di uno “sciupafemmine” dell’età del padre e da lui ben conosciuto.

Per proteggere le ragazze da questi amori “ sbagliati” i tre amici decideranno di formare un ‘associazione quasi a “ delinquere”  e la storia  ci condurrà  sorridendo  e facendoci riflettere attraverso i loro goffi e sbagliati tentativi  d’impedire questi rapporti.

In qualche modo Rolando Ravello ha cercato di mettere davanti agli occhi dello spettatore l’ipotesi di doversi confrontare con realtà ritenute  normalmente “situazioni limite” e che tendiamo ad emarginare dal nostro vivere quotidiano . Lo ha fatto, utilizzando gli occhi e l’animo dei tre padri amici, non dimenticando il ruolo altrettanto decisivo delle tre madri  interpretate da Isabella Ferrari, Claudia Pandolfi e Valentina Lodovini.

Nello stesso tempo, ha cercato di mostrarci la complessità delle diverse situazioni che non possono essere catalogate secondo degli inadeguati pregiudizi.

Il film presenta un ampio e ottimo cast di attori che, oltre a quelli già citati,  è  completato anche da Matilde Gioli, Alice Ferri, Eleonora Trezza, Lorena Cesarini, Biondo e Alberto Lo Porto.