Antonio stava seduto nello studio
del padre e guardava con attenzione il contenuto dei cassetti della scrivania.
In uno trovò una fotografia del
nonno, ancora giovane. Aveva dei lunghi baffi con le punte arricciate in alto e
gli occhi dal colore molto chiaro. La fotografia era in bianco e nero e questo
lo indusse a pensare che dovevano essere probabilmente azzurri.
Suo padre gli aveva raccontato
spesso che il nonno aveva i baffi tendenti al biondo mentre lui ricordava di
avere punti della barba rossi e biondi. Antonio non aveva mai potuto verificare
le sue parole avendo visto sempre il padre ben rasato e con i capelli già
bianchi. Il nonno poi era morto prima che lui nascesse ed Antonio non aveva
quindi nessun ricordo personale.
Sapeva che in gioventù aveva aperto
una pasticceria nel centro di Catania, ai Quattro Canti, con un discreto
successo.
Insieme alla fotografia, Antonio
trovò anche un quadernetto con una copertina nera che scoprì essere una
raccolta di ricette per dolci. Tra questi vi erano alcune delle vere e proprie
prelibatezze della pasticceria siciliana come i cannoli, la cassata, i
panzerotti ecc.
In fondo ad un altro cassetto
c'erano delle lettere trattenute da un elastico, vecchie fotografie, un
quadernetto per appunti, alcuni ritagli di giornale.
Man mano che procedeva nella
lettura di quei ricordi, episodi ed intimità raccolte e conservate dal padre in
quel cassetto, Antonio sentiva diminuire dentro di sé il dolore per la sua
recente scomparsa.
Quella complice vicinanza col
padre, nella lettura dei suoi ricordi, gli permetteva di sorridergli con
tenerezza.
Pur con tutta la differenza della
razza e nonostante fosse stato un padre adottivo, per lui era suo padre e,
quando sentiva il dolore della perdita aumentare dentro di sé, si sommava ad
esso una rabbia feroce.
Perché? Perché si deve morire?
Perché si deve perdere per sempre il proprio padre o qualunque altra persona
cara?
Si accorse di stringere i pugni
scuri e di sbatterli violentemente sul tavolo. Non poteva sopportarlo!
Poi, la sua attenzione fu distolta
dai rumori provenienti dall’altra stanza.
Erano arrivati gli uomini del
trasporto funebre e stavano chiudendo la bara. Antonio uscì dallo studio e si
ritrovò confuso in una scena di cui era protagonista davanti a tutti. Scese le
scale, sorreggendo la madre anziana, seguendo la bara. Poi, tenendola per
braccio, s’incamminò fra due file di conoscenti e amici per la strada che
portava alla chiesa.
S’ irrigidì in un atteggiamento
fiero e composto perché non voleva dare spettacolo del suo dolore.
Era già motivo di curiosità vedere
quel giovane di colore camminare, commosso, sorreggendo un’anziana signora
bianca dietro il carro funebre; ma, tutto il quartiere li conosceva.
Antonio e la sua famiglia abitavano
lì da sempre e tutti avevano visto crescere quel piccolo bambino di colore
adottato da una coppia già matura e senza figli.
C’erano molti dei suoi amici e
colleghi dell’università che lo salutarono col pugno chiuso alzato. Erano
compagni di quegli anni di lotte studentesche in cui avevano imparato ad
apprezzarsi e sentirsi fratelli di fronte a mille difficoltà ed ostacoli. Carlo
era venuto a trovarlo subito e aveva condiviso con lui il ricordo del lutto del
proprio padre, che aveva perso qualche anno prima.
Ora, era lì insieme agli altri a
fare onore al feretro che passava. Era strano vedere tutti quei giovani in
corteo e lungo i marciapiedi. Non era uno spettacolo usuale! Erano lì per lui.
Per stargli vicino, solidali al suo dolore.
Dopo la funzione in chiesa qualcuno
lo segui anche al cimitero.