mercoledì 28 ottobre 2020

Il processo ai Chicago 7

 


Era il marzo del 1968 quando il presidente USA Lyndon B. Johnson annuncia di non volersi ricandidare  alle prossime elezioni per dedicarsi completamente al suo impegno per una conclusione vittoriosa della guerra nel Vietnam. A tal fine, aumenta geometricamente il numero dei giovani americani chiamati alle armi e, purtroppo  di conseguenza, il numero dei morti e la gravità indiscriminata dei bombardamenti americani sul territorio Vietnamita.

Dopo pochi mesi ,ad aprile, viene ucciso il leader indiscusso delle speranze della popolazione afroamericana: Martin  Luther King  e ,a giugno,  muore assassinato Bob Kennedy , uno dei più quotati candidati alla nomination democratica e portatore delle maggiori speranze di cambiamento del paese.

I giovani e gli afroamericani erano rimasti senza una voce capace di esprimere i loro bisogni e di rappresentarli all’interno delle istituzioni.

Si erano formati in quegli anni organizzazioni di studenti  come la Students for a Democratic Society ( SDS) che aveva espresso leaders come Tom Hayden   che nel manifesto di Port Huron, di cui era l’autore, aveva tracciato le linee della nuova sinistra radicale degli anni sessanta .

Si era affermata la ricerca  di un nuovo stile di vita, totalmente libero  e pacifista, che aveva trovato nel movimento degli hippies la propria espressione  ed in leaders come Abbie Hoffman e Jerry Rubin il proprio riferimento politico.

Un collante per tutti questi gruppi ed i movimenti pacifisti, guidati da persone come  il socialista cristiano non-violento David Dellinger, era rappresentato dalla piena  condanna della guerra del Vietnam e dell’establishment economico e istituzionale che ne era considerato responsabile.

L’altra grande protesta che scuoteva la società americana era quella degli afroamericani che, privati della credibilità della proposta non violenta di Martin Lutehr King , finita con il suo assassinio, guardavano sempre di più verso il movimento delle pantere nere, guidato da Bobby Seale.

Tutti questi giovani avevano perso la fiducia in quello che doveva essere il loro partito di rappresentanza: il partito democratico.

Questo li spingerà a contestare e manifestare con forza in occasione della Convention Democratica di Chicago dove si sta per scegliere un candidato alla Presidenza del paese come Hubert Horatio Humphrey  che non li rappresenta. Egli pensa di continuare la guerra in Vietnam seguendo le indicazioni di Lyndon Johnson , stando dalla parte di quell’establishment che trae enormi vantaggi economici dalla continuazione della guerra e che non sembra molto attento alle richieste degli afroamericani.

Il film “Il processo ai Chicago 7”(del 2020), scritto e diretto da Aaron Sorkin , ci racconta del processo ai cosiddetti Chicago Seven ( i leaders dei movimenti politici di cui abbiamo parlato) ,  accusati  di aver cospirato per causare lo scontro tra manifestanti e Guardia Nazionale avvenuto il 28 agosto 1968 a Chicago in occasione delle proteste alla convention del Partito Democratico.

Abbie Hoffman e Jerry Rubin (fondatori dello Youth International Party, YIP -da cui Yippie), David Dellinger   attivista del movimento pacifista , Tom Hayden e Rennie Davis ( SDS) , Lee Weiner e John Froines ( due accademici accusati  di aver insegnato agli altri come costruire delle bombe) sono i sette messi sotto processo.  Insieme a loro, inizialmente, c’era anche Bobby Seale, uno dei fondatori del movimento delle Pantere Nere .

Durante le varie fasi del processo il film ci mostra le differenze ed il confronto fra le posizioni politiche dei diversi leaders  giovanili e l’assurdità delle modalità di svolgimento del processo che culminano nel trattamento di Seale, imbavagliato e legato al tavolo degli imputati nel corso del processo, il vero e proprio assassinio di stato di Fred Hampton, leader della sezione di Chicago delle Pantere nere e l’uso di un falso messaggio delle Pantere Nere come pretesto per dismettere membri della giuria favorevoli agli imputati.

Quello che a mio parere rimane non chiaramente espresso nel film è l’importanza del travaglio morale ed esistenziale vissuto da quella generazione di giovani che vivevano un profondo disincanto rispetto al modo di vivere americano ed i suoi valori tradizionali ,denudati dagli orrori della guerra del Vietnam e dal sacrificio della vita di molti giovani.

Sfiducia e rabbia che sanciva anche il distacco da quello che avrebbe dovuto essere il loro partito di rappresentanza: il partito democratico.

Si crea in quel momento una separazione fra la popolazione progressista ed il partito democratico che  durerà per molti anni  all’interno degli USA.

 


giovedì 15 ottobre 2020

UN DIVANO A TUNISI(2019)

 


Dopo la caduta di Zine El-Abidine Ben Ali ,in seguito alla  Rivoluzione dei Gelsomini,   la Tunisia è stato l’unico paese, fra quelli interessati dalla cosiddetta primavera Araba, a riuscire a portare avanti un processo reale di democratizzazione.

Ciononostante,  la società tunisina è sempre afflitta da una  crisi economica e sociale   con gravi conseguenze sulle possibilità occupazionali dei giovani e sul tenore di vita della popolazione, mentre la minaccia  di un sempre  più violento movimento jihadista condanna il Paese allo stato di emergenza dal 2015.

C’è stato , comunque, un tentativo di combattere la corruzione che affliggeva il Paese e sono state ottenute  importanti conquiste sul fronte dei diritti, in particolare delle donne e delle minoranze , oltre che nel campo istituzionale.

All’interno di questo quadro Selma Derwich, psicanalista di 35 anni protagonista  del film  “ Un divano a Tunisi”,  decide di lasciare Parigi, dove vive insieme ai suoi genitori emigrati dalla Tunisia, per aprire un proprio studio alla periferia di Tunisi, dov'è cresciuta prima di partire per la Francia.

In questo nuova situazione sociale , Selma ritiene di potersi reintegrare nella società tunisina offrendo la sua professionalità  per aiutare le persone che la circondano. Desidera  aiutarli  a liberare il proprio animo, imparando ad esprimerlo liberamente e contribuendo, anche in questo modo, ad una reale democratizzazione  e liberalizzazione del tessuto sociale , superando i condizionamenti religiosi e del conformismo.

Nell’offrirci la visione dei questa storia la giovane regista e sceneggiatrice del film  franco-tunisina Manele Labidi Labbé, al suo primo lungometraggio, sceglie la strada di una leggera e piacevole ironia . Questo, sia nel trattare i vari aspetti della società tunisina che nella presentazione dei pazienti della giovane psicanalista e delle loro problematiche.

 L’ironia e la commedia non diminuiscono, tuttavia, la pesantezza delle difficoltà che la protagonista  si trova ad affrontare sia nei rapporti con le istituzioni che con le altre persone a lei vicine. Nel momento cruciale del film quando la protagonista  entra in una situazione di stallo simile a quella di chi ha forato le ruote della propria auto in una strada  isolata e con grandi difficoltà di contatti con il mondo esterno, in suo aiuto  arriverà il fondatore stesso della Psicoanalisi ,Sigmund Freud, a bordo di una autovettura .  Questa parte simbolica e di centrale importanza, in cui la protagonista  fonderà realtà e introspezione in un ‘unica visione onirica,  avrebbe forse avuto bisogno di una maggiore chiarezza, per consentire a tutti gli spettatori di coglierne a pieno la rilevanza e la dinamica.   

Dopo questo momento ,  ritrovata la sua direzione di vita,  Selma Derwich  parteciperà con rinnovato amore ed autenticità personale al ruolo professionale ed umano che ha scelto all’interno della società tunisina, la quale, inaspettatamente, è più capace, di quello che crediamo, di crescere  e migliorarsi.

La protagonista Selma   è ben  interpretata dall’affermata attrice di origine  iraniana  Golshifteh Farahani  che abbiamo già potuto osservare  anche in film di successo come  Pirati dei Caraibi- La vendetta di Salazar , e che le offre il suo volto interessante , le sue emozioni  ed una bella dinamicità.

Interessante anche la presenza di Majd Mastoura  nei i panni dell'ispettore di polizia, che indaga sull'attività di Selma, e di Hichem Yacoubi ( nel ruolo del panettiere  Raouf).

Il film è risultato vincitore del premio del pubblico alla mostra del cinema di Venezia 2019.

Per lo spettatore  italiano è stata una bella sorpresa  ascoltare nella colonna sonora  due canzoni di Mina : “  La città vuota” all’inizio del film  e “ Io sono quel che sono”  alla fine.

 Testimonianza dell’interesse e dell’amore della regista per la musica italiana.

 


lunedì 5 ottobre 2020

E' PER IL TUO BENE ( 2020)

 


Nel costruire  un remake del film spagnolo  “ Es por tu bien “ diretto da Carlos Theròn, Rolando Ravello ha immaginato che i tre padri amici e protagonisti del racconto si trovino nella situazione di voler proteggere le proprie figlie  dall’incontro con aspetti, forse non tradizionali, della nostra società attuale .

L’occasione è rappresentata dall’incontro delle ragazze  con l’amore e col desiderio di costruire un rapporto importante con il loro partner che, tradizionalmente, si concludeva nel matrimonio in chiesa.

Proprio da questo ,tuttavia, nelle prime scene del film, scappa la figlia di Arturo, affermato avvocato interpretato da Marco Giallini, vinta dall’appassionata dichiarazione d’amore della sua amica .

E’ un amore importante, ma diverso da quello tradizionale immaginato dal padre ; così come diversi saranno gli amori delle altre due figlie dei due amici di Arturo, il poliziotto Antonio (Vincenzo Salemme) e il "selvaggio" Sergio ( Giuseppe Battiston).

La prima  s’innamora del rapper “ Biondo” ,dalla vita poco convenzionale e alternativa, e la seconda di uno “sciupafemmine” dell’età del padre e da lui ben conosciuto.

Per proteggere le ragazze da questi amori “ sbagliati” i tre amici decideranno di formare un ‘associazione quasi a “ delinquere”  e la storia  ci condurrà  sorridendo  e facendoci riflettere attraverso i loro goffi e sbagliati tentativi  d’impedire questi rapporti.

In qualche modo Rolando Ravello ha cercato di mettere davanti agli occhi dello spettatore l’ipotesi di doversi confrontare con realtà ritenute  normalmente “situazioni limite” e che tendiamo ad emarginare dal nostro vivere quotidiano . Lo ha fatto, utilizzando gli occhi e l’animo dei tre padri amici, non dimenticando il ruolo altrettanto decisivo delle tre madri  interpretate da Isabella Ferrari, Claudia Pandolfi e Valentina Lodovini.

Nello stesso tempo, ha cercato di mostrarci la complessità delle diverse situazioni che non possono essere catalogate secondo degli inadeguati pregiudizi.

Il film presenta un ampio e ottimo cast di attori che, oltre a quelli già citati,  è  completato anche da Matilde Gioli, Alice Ferri, Eleonora Trezza, Lorena Cesarini, Biondo e Alberto Lo Porto.