Il film , diretto
da Terence Davies , è basato sulla vita della poetessa americana Emily Dickinson , ben interpretata
da Cynthia Nixon, ed è stato presentato in anteprima al
Festival di Berlino nel 2016; mentre , è
arrivato solo nel giugno di quest’anno nelle sale cinematografiche italiane.
Il regista, in
passato, ha tratto spesso ispirazione per i suoi soggetti dalla trasposizione
cinematografica di opere teatrali o letterarie. E’ probabile che l’amore per la
letteratura ed, in questo caso, per le poesie della Dickinson lo abbiano colpito e portato a raccontarci la sua vita.
Un’esistenza difficile
per una ragazza cresciuta in un ambiente
borghese, rigidamente ispirato ai valori puritani, ed in cui la figura paterna ( con le sembianze dell’attore
Keith Carradine) assume un potere assoluto, pur se ci viene mostrata in qualche
modo comprensiva delle emozioni dei propri figli.
L’ipotesi che il carattere sensibile e ribelle di Emily, in mancanza della
possibilità di una vita autenticamente alternativa , l’abbia portata ad un progressivo
isolamento dal mondo circostante, sembra essere sposata come chiave interpretativa
del racconto.
Dopo avere lasciato il College Femminile
di Mount Holyoke, in contrasto con le pressioni ricevute per professarsi pubblicamente
cristiana e mostrando un carattere non
conformista e desideroso di autenticità, Emily riorna a casa. Sono anni in cui
vive con piacevolezza i rapporti con il fratello , la sorella e qualche rara amica da cui è stimata e voluta bene.
Il film ci mostra
contemporaneamente una figura materna , triste ed isolata . E’ naturalmente
rispettata sia dai figli che dal marito, ma traspare una sorda infelicità che
la porta all’isolamento ed una certa rinuncia alla vita che sembrerà,
successivamente, influire sul comportamento e le scelte di Emily.
Poche sono le
figure maschili presenti al di fuori di quelle del padre e del fratello. Il
film lascia intuire un certo trasporto platonico solo per un reverendo protestante, tra l’altro
sposato. Pian piano, in un’età ancora giovane e a causa anche di problemi di salute (
disturbi nervosi e nefrite), Emily comincia
ad estraniarsi dal mondo e si rinchiude
nella propria camera, posta al piano superiore della casa dei genitori, dove muore
all’età di 55 anni.
In quegli anni,
cercò nella poesia ,nella scrittura e nella fantasia il riscatto nei confronti della
solitudine e la ricerca di una qualche forma di felicità.
E’ questa forse la
parte meno riuscita del film, in cui la lentezza della narrazione e la
difficoltà a far percepire con immediatezza la drammaticità e l’alternanza dei
sentimenti della donna rendono difficile
allo spettatore la comprensione del
vissuto della poetessa.
Emily Dickinson pubblicherà
in vita solo una piccola parte delle sue opere (ca. sette) mentre, alla sua morte
nel 1890, la sorella Vinnie scoprirà nella sua camera 1775 poesie scritte su foglietti
ripiegati e cuciti con ago e filo, contenuti tutti in un raccoglitore.
Si deve a Vinnie aiutata da Mabel
Loomis Todd, amica e amante del fratello Austin, la pubblicazione successiva
del primo volume di poesie e degli altri seguenti, che fecero conoscere al
mondo intero la sensibilità e la grandezza
di questa poetessa.
I temi ricorrenti della sua ispirazione
erano legati alla bellezza della natura
ma anche all’incombenza della morte, come per esempio nella poesia Tie the Strings to my Life, My Lord (Annoda i
lacci alla mia vita, Signore):
Annoda i Lacci alla mia Vita, Signore,
Poi, sarò pronta ad andare!
Solo un'occhiata ai Cavalli -
In fretta! Potrà bastare!
.....
Addio alla Vita che ho vissuto -
E al Mondo che ho conosciuto -
E Bacia le Colline, per me, basta una volta -
Ora - sono pronta ad andare.