giovedì 26 dicembre 2019

LA DEA FORTUNA



Il nuovo film di Ferzan Ozpetek “ la Dea Fortuna “  affronta un tema non semplice : quello del rapporto fra  una coppia omosessuale, composta dall’idraulico Alessandro e lo scrittore Arturo, ed il tema della genitorialità e, viceversa, quello dei bambini con una coppia adulta omosessuale. Entrambi gli aspetti osservati presentano, ovviamente, delle peculiarità; ma, la chiave di lettura, che ci propone Ozpetek, è quella che l’arma vincente per legittimare qualunque rapporto sia la sensibilità e l’amore con cui si riesce a viverlo.
Anche il parallelo, ma decisivo, rapporto di amicizia fra la splendida  Jasmine Trinca ( Annamaria, la madre dei due bambini Sandro e Martina) ed Alessandro  ( Edoardo Leo) e Arturo ( Stefano Accorsi), è decisamente espressione di un grande amore e rispetto. Annamaria , infatti , nel momento in cui ha compreso di aver perso l’attenzione di Alessandro, che si era  innamorato di Arturo, ha fatto un passo indietro senza, tuttavia, troncare il suo rapporto con Alessandro, trasformandolo in una splendida amicizia all’interno della quale ha trovato posto anche Arturo. La fiducia da parte di Annamaria verso i suoi due amici la porta ,nel momento in cui scopre di essere molto malata , ad appoggiarsi a loro chiedendo di occuparsi momentaneamente dei suoi figli.  e successivamente, quando pensa di non farcela più,, di affidarli definitivamente a quella coppia diversa, piuttosto che all’odiata madre.
Ancora una volta  Ozpetek sottolinea come la naturale tenerezza , la capacità di amare sia la chiave di lettura necessaria per qualunque decisione e ciò che rende valido qualsiasi rapporto . Senza nessuna negazione della realtà, il regista ci presenta tutte le incoerenze , le difficoltà e le problematiche vissute dalla coppia di Alessandro e Arturo:  la disaffezione , il tradimento , la difficoltà di andare avanti senza una vera progettualità ed altro ancora. Esattamente i problemi che affliggono nel tempo qualsiasi coppia .Anche in questo caso , tuttavia , solo l’incontro con la realtà e la voglia comune di mettersi in gioco per affrontarla possono ridare vita al rapporto. L’occasione sarà proprio costituita dalla presenza dei due bambini di Annamaria. Una presenza non cercata ed improvvisa ma che, una volta realizzata, porterà i due giovani ad uscire dalla loro quotidianità e mettersi  in gioco  per assumere una  nuova responsabilità che, da un lato ,sarà una fatica immensa; ma, dall’altro, rappresenterà una grande occasione di vita e di nuova  unione della coppia. In tutto questo, i bambini si esprimono con la loro semplice spontaneità affettiva, senza essere influenzati dal pregiudizio che non possiedono. Hanno davanti delle persone con pregi e difetti e ne sono in qualche modo influenzati, nel bene e nel male. Quello che, tuttavia ,non si può non considerare è che per i bambini , più che per l’adulto , tutto questo comporta un ‘esplosione immediata di sentimenti. Le incomprensioni fra gli adulti possono stimolare la conflittualità anche fra i due fratellini. I bambini ci osservano e se ci vedono soffrire cercano di aiutarci  e comunque non restano indifferenti nei nostri confronti .Sono grati della nostra attenzione, sottolineano le nostre qualità e cercano di farle proprie.
Nel corso dello svolgimento del film Ozpetek ci mostra come  in qualsiasi persona ed in ogni rapporto la debolezza e la crisi , così come  la possibile indifferenza e crudeltà siano all’ordine dl giorno. La sua tesi è che questi sentimenti e queste situazioni non sono peculiari di un possibile atteggiamento sessuale, ma dei valori , della maturità personale, dell’equilibrio di ognuno di noi. In questo senso, anche nel caso della genitorialità, non vi può essere una pregiudiziale preferenza nei confronti di una famiglia tradizionale rispetto ad una omosessuale  o, addirittura, di quella naturale rispetto a quella affidataria. Quello che, a suo vedere, dovrebbe essere messo al primo posto è, al contrario, la qualità del rapporto affettivo ed umano che si riesce a produrre. Mentre la nuova famiglia sta per lasciare le terre di Sicilia, in  cui sono svolte alcune scene finali del film, sarà un antico rito della Dea Fortuna ( che dà il titolo all’opera ) a cementare, all’interno del proprio animo, l’immagine dell’altro.
Ozpetek si cimenta, come spesso ha fatto nei suoi films , con un tema delicato e difficile; ma, mi sembra che sia riuscito con chiarezza ad esporre i termini del problema, aiutandoci a riflettere. Edoardo Leo e Stefano Accorsi riescono a farci  vivere con credibilità i sentimenti della loro coppia, affiancati dai due piccoli grandi attori  Edoardo Brandi ( Sandro ) e Sara Ciocca ( Martina).  Una mia particolare preferenza va per Jasmine Trinca che non riesco a definire meno che bellissima per la sua delicata ed avvincente interpretazione. Molto brava anche Barbara Alberti  nel rappresentare   l’odiosità della Baronessa Elena Muscara , madre di Annamaria. All’interno della colonna sonora è molto bello il brano inedito “Luna diamante” interpretato da Mina   e scritto e composto da Ivano Fossati.

venerdì 13 dicembre 2019

Motherless Brooklyn




Motherless Brooklyn - I segreti di una città (  2019), è un film  scritto, diretto e interpretato da Edward Norton e tratto dal romanzo  Brooklyn senza madre (Motherless Brooklyn) di Jonathan Lethem.
"Motherless Brooklyn" è anche il soprannome del protagonista  Lionel Essrog ( interpretato da Edward Norton) affibbiatogli  da Frank Minna ( Bruce Willis) che lo aveva salvato , bambino, da un orfanotrofio violento dove si trovava.
Frank  è anche il capo di un'agenzia investigativa dove in età adulta  lavora Lionel insieme ad altri ragazzi,salvati anch'essi da quell'orfanotrofio. Nonostante  la sindrome di Tourette, che lo affligge e disturba le sue relazioni sociali, Lionel , grazie ad una straordinaria memoria e ad un 'acuta intelligenza ,è un ottimo investigatore, ben voluto da Frank e dai suoi colleghi.
 La morte violenta di Frank apre le vicende del film portando Lionel  a condurre una personale indagine volta a scoprire le cause  ed i responsabili di quell'omicidio. Questo lo porterà ad essere coinvolto all'interno d'intrighi personali , politici ed economici che imperversano sulla città di New York,  consentendogli ,tuttavia, anche di conoscere una splendida  ragazza Laura Rose ( Gugu Mbatha-Raw) di cui s'innamorerà.
Ambientata in una New York degli anni cinquanta,  la narrazione ci riporta a quelle atmosfere  e a quei film del periodo le cui storie  risultavano ben costruite ed avvincenti.
Piacevole anche la colonna sonora con alcuni pezzi molto belli. In particolare  uno , dedicato alla protagonista  da parte del trombettista jazz Wynton Marsalis (Michael K. Williams) e suonato una sera nel locale dello zio di Laura ,regalandoci un'atmosfera magica attorno a lei e Lionel.
Norton torna, in maniera pregevole, alla regia dopo diciannove anni dal suo primo film
 " Tentazioni d'amore" ,fornendoci anche una grande prova d'attore.
Notevole il cast che vede insieme a Norton  anche   Willem Dafoe, Bruce Willis, Alec Baldwin, Gugu Mbatha-Raw,Michael K. Williams ed altri ancora tutti convincenti nei loro ruoli.



venerdì 6 dicembre 2019

UN GIORNO DI PIOGGIA A NEW YORK



Semplicemente, Woody Allen!
E’ questo il pensiero che ,improvviso, si è sviluppato nella mente; mentre, alla fine del film, guardavo i titoli di coda, ascoltando le note della gradevole melodia  “everything happens to me”  ,suonata al pianoforte ,che li accompagnava .
E non è poco per chi ha imparato ad apprezzare nel tempo il suo amore per Manhattan , per la musica jazz , per le atmosfere particolari delle giornate umide e piovose , per gli angoli di una città tutta da scoprire, magari passeggiando in solitudine o trovando, alla fine, in un posto magnifico del Central Park il tremore emotivo della passione e del  sentimento.
E’ una sensazione di complicità  con il giovane protagonista  che aumenta nel corso del film e che raggiunge l’apice della coscienza,  ascoltando la descrizione del suo  carattere.
Quando viene chiesto ad Ashleigh che tipo fosse il suo ragazzo , Lei comincia a descriverlo raccontando una incredibile serie di emozioni e di sogni che lo attirano e verso cui è trascinato. 
Cose ben diverse da una caratterizzazione precisa  e definitiva dello stesso che potrebbe definirlo come un : giocatore  , un musicista, uno studente , un giornalista o chissà cos’altro ….. No,…Gatsby è indefinibile  e sguscia fra i suoi interessi , dirigendosi verso le atmosfere , le situazioni  e le emozioni che lo possono avvicinare a ciò che sogna  di vivere o di essere.
 E’ scoprendo la propria natura che i due giovani universitari di Yardley : Gatsby e Ashleigh seguiranno, nel loro weekend a Manhattan, esperienze diverse che li porteranno forse a cercare strade originali.
 Ashleigh , appassionata di cinema, riuscirà a conoscere un importante regista , uno sceneggiatore e un attore Francisco Vega, sogno di tutte le ragazzine , che si interesseranno a Lei  esaltandone le doti e rafforzando la sua autostima e l’interesse per il cinema e il giornalismo.
D’altra parte , Gatsby ,nel corso della sua permanenza a Manhattan, andrà pian piano riscoprendo i motivi di affezione per questa città  e per le sue atmosfere, fino a desiderare di non lasciarla più . Sarà importante anche la chiarificazione del rapporto con la madre( Cherry Jones) che fino a quel momento l’aveva in qualche modo condizionato e che alla fine,  all’interno di un ritrovato rapporto di  confidenza ed autenticità, gli riconsegnerà il gusto per riconquistare il senso della propria vita.
Ritroverà, i compagni di scuola,i locali  dove ascoltava la musica e pian piano delle vibrazioni per un nuovo amore verso Chan, unita a lui dal comune sentire la vita.
Woody Allen  si muove in questo film con una leggerezza mai banale  che si rivela , alla fine , più profonda e caratterizzante di quanto si possa immaginare, aiutato dalla bella fotografia di Vittorio Storaro  e dalla piacevole interpretazione della storia da parte dei diversi protagonisti  Timothée Calamet Gatsby), Elle Fanning,(Ashleigh), Selena Gomez( Chan) , Jude Law (Ted Davidoff  ) Diego Luna (   Francisco Vega ) e Liev Shreiber( Roland Pollard).

martedì 3 dicembre 2019

THE IRISHMAN





Martin Scorsese ritorna sugli schermi  con  un grande affresco , quasi una vera epopea, della storia  degli USA a partire dalla fine degli anni 50, raccontata con le parole  dell’ormai  vecchio “ Irishman” Frank Sheeran, uomo interno al clan mafioso della famiglia Bufalino ed indicato  da Rudy Giuliani come uno dei due non italiani facente parte della lista dei ventisei personaggi di maggior spicco della criminalità organizzata americana .
Il film ci racconta anche dell’influenza che la criminalità mafiosa ha avuto su importanti avvenimenti storici negli USA. Ad esempio ci racconta del suo appoggio all’elezione del figlio dell’irlandese Kennedy alla Presidenza degli Stati Uniti, con la promessa che in cambio lo stesso avrebbe provveduto a cacciare Castro da Cuba, restituendo quel piccolo “ paradiso” alle losche attività  e agli interessi della mafia .Ci parla quindi del ruolo  svolto dall’Organizzazione nel tentativo effettuato alla “ Baia dei porci”; ma, anche delle difficoltà e del contrasto sorto  successivamente con i Kennedy , specialmente con Robert, che si schiera apertamente  contro la malavita organizzata e contro il sindacalista Hoffa.
 Il film è largamente ispirato al libro “ I Heard You Paint Houses” di Charles Brandt , noto procuratore che ha condotto innumerevoli inchieste sulla malavita americana, e  a cui il vero   Frank Sheeran ha via via  rivelato il suo coinvolgimento in più di venticinque omicidi, tra cui quello di Jimmy Hoffa.
 La sparizione e probabile morte di Hoffa rimane comunque un  mistero perché il corpo non è mai stato ritrovato e nessuno è mai stato condannato. Hoffa è stato uno dei più importanti sindacalisti americani  fra gli anni Cinquanta e Sessanta. Fu il fondatore e leader del maggiore sindacato degli autotrasportatori “ International Brotherhood of Teamsters”. Robert Kennedy,  suo grande oppositore, lo definì” l’uomo più potente degli Stati Uniti dopo il presidente”. Sospettato di complicità, o per lo meno di contiguità con la mafia, nel 1964 fu condannato  a 15 anni di carcere per corruzione. Il 23 dicembre 1971 fu rilasciato anticipatamente dal presidente Richard Nixon, che  riconobbe che Hoffa non partecipava alle attività del sindacato da 10 anni. Hoffa cercò a quel punto di rientrare nel sindacato, tentando di riprenderne il controllo; ma, improvvisamente, il 30 luglio 1975 scomparve senza lasciare traccia. De Niro (Sheeran) ci racconta nel film  che, su indicazione del suo capofamiglia Russ Bufalino  ed usando i suoi rapporti di amicizia con Hoffa , lo convinse a partecipare ad una riunione a Bloomfield Hills, facendolo cadere in una trappola e conducendolo in una casa a Detroit dove gli avrebbe sparato due volte prima di fuggire lasciando il corpo dietro la casa. Il viaggio in macchina  di De Niro ( Sheeran ) e Joe Pesci ( Russ Bufalino) verso la conclusione della questione Hoffa costituisce il tema centrale del film attorno al quale si sviluppano i ricordi e le immagini che ci permettono di seguire l’intera storia del protagonista. Dal primo incontro con Bufalino e l’inizio della sua carriera nella “famiglia” fino a ritrovarlo vecchio e su una sedia a rotelle intento a chiedere perdono per i suoi crimini ed aspettare la fine.
 Nella realtà, Frank  Sheeran ,a metà degli anni Cinquanta, è stato dirigente del sindacato autotrasportatori  al fianco del suo fondatore Jimmy Hoffa; ma, anche, l'uomo posto in quel ruolo in rappresentanza delle  famiglie “ mafiose.
 Quello che colpisce nel film è l’apparente  legame di amicizia  che sembra caratterizzare i rapporti dell’irlandese sia con Hoffa  che con Bufalino. Questo tuttavia non gli impedirà di uccidere freddamente Hoffa
E’ questo l’aspetto forse più raccapricciante della narrazione . Quel continuo ripetere la frase pronunciata da Russel Bufalino : “ “It is what it is“…. Quel richiamo a prender atto che non c’è alternativa. E’ indicativo il momento in cui De Niro racconta a Russel Bufalino  quando in  guerra ha imparato a capire che quello che doveva essere fatto, andava fatto . Senza discutere e agendo in fretta, anche quando significava uccidere.
“Tutti hanno paura in guerra , dice “L’irlandese” . Quando inizia la battaglia ci si dimentica di tutto  e non si pensa ad altro che a sopravvivere . Quello che succede… succede e il resto vaffanculo. Sempre… rischiando di morire. Bisogna eseguire gli ordini ! Nessuno mi diceva di uccidere i prigionieri; ma, mi dicevano portali fuori e fai presto. E tutto era chiaro! “
E’ con queste parole che Frank “ l’irlandese si fa apprezzare dal Boss Bufalino di cui pian piano diventerà il protetto, iniziando il suo percorso nella “ Famiglia”. Questa inevitabilità dell’agire delittuoso,  per chi deve affrontare la guerra della vita, è la profonda convinzione che guiderà sempre Frank e gli consentirà di eseguire freddamente quello che va fatto. E’ anche vero, tuttavia, che per molti , a partire dalla figlia , tutto questo, fortunatamente ,  è considerato inaccettabile. Questa convinzione la porterà, infatti,  a interrompere qualsiasi rapporto con il padre.
Pian piano, tutti i personaggi del film andranno incontro alla morte,chi violenta chi naturale: Ormai vecchio  anche Frank l’ aspetterà da solo sulla sua sedia a rotelle , nella sua stanza, ma chiederà al sacerdote che lo sta lasciando : “Lasci la porta socchiusa, Padre, perché anche la morte non sia così definitiva“. 
Scorsese ci porta per mano  lungo la storia  accompagnando le immagini con una colonna sonora piena di   brani degli anni cinquanta e sessanta, di forte impatto emotivo. Non si può inoltre tacere la bellezza della presenza contemporanea di quattro grandi  attori che sono stati sempre molto vicini ai lavoro di Scorsese e che nel nostro immaginario e sulle scene hanno dato spesso il loro volto ai personaggi protagonisti della sagra del cinema che ha trattato le vicende della mafia italiana in America: Robert De Niro , Joe Pesci, Al Pacino , Harvey Keitel. Insieme a Scorsese sono cinque giganti del Cinema.



venerdì 29 novembre 2019

L'UFFICIALE E LA SPIA



"L'ufficiale e la spia (J'accuse)" è un film del 2019 diretto da Roman Polanski e tratto dall'omonimo romanzo del 2013 di Robert Harris,che è  anche co-autore della sceneggiatura assieme a Polański.
Il film è’ stato presentato alla 76° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia ( 2019) ottenendo il Gran premio della giuria ( Leone d’argento) .
Le sequenze  ci riportano  con delle  belle immagini nell’epoca fra la fine 800 e gli inizi del 900. Ottima l’interpretazione di Jean Dujardin nel ruolo dell’ufficiale Picquart.
La narrazione ricostruisce fedelmente le vicende e l’ambientazione storica all’interno della quale si è svolto l’affare Dreyfus,  facendocela seguire e scoprire con gli occhi di  Georges Picquart,un ufficiale dell’esercito francese che aveva avuto  l’ebreo Dreyfus come allievo nella scuola militare e si trova  ad essere personalmente   coinvolto in questi avvenimenti.
Il film ce lo mostra ,infatti, nelle prime scene mentre assiste   alla pubblica condanna e all'umiliante degradazione inflitta ad Alfred Dreyfus, accusato di essere stato un informatore dei nemici tedeschi. Successivamente, promosso a capo della Sezione di statistica( la stessa unità del controspionaggio militare che aveva montato le accuse contro Dreyfus) si accorge che qualcosa non è andata  in maniera lineare , che le informazioni al nemico continuano ad essere trasmesse e che il probabile colpevole non era  Dreyfus, ma un altro.
Procedendo verso la scoperta della verità, trova non solo una forte opposizione nella gerarchia militare, che aveva scelto un capro espiatorio perfetto in Dreyfus, ma addirittura la volontà di nascondere ciò che è accaduto e di perseguitare  chiunque voglia fare chiarezza .
 Si troverà pertanto, come spesso accade  a chi svolge un compito di responsabilità ,nel dilemma  fra rischiare una punizione e dei disagi personali o battersi per l’affermazione della verità e di ciò che ritiene giusto.
L'affare Dreyfus  sconvolse il mondo politico della terza Repubblica francese alla fine dell’Ottocento e divise il paese nel periodo  fra la guerra franco prussiana e la prima guerra  mondiale .
Picquart riuscì ad avvertire delle sue indagini, che provavano l’innocenza di Dreyfus, il vicepresidente del Senato Auguste Scheurer-Kestner e lo scrittore ebreo Bernard Lazare, amico di famiglia di Dreyfus, che iniziò  un'intensa campagna stampa a favore dello stesso.
 Il 25 novembre 1897, Emile Zola pubblicò su « Le Figaro» un articolo che si concludeva  così: «La verità è in marcia» e spiegò il suo intervento con queste parole: «Dietro le mie azioni non si nascondono né ambizione politica, né passione di settario. Sono uno scrittore libero, che ha dedicato la propria vita al lavoro, che domani rientrerà nei ranghi e riprenderà la propria opera interrotta [...] E per i miei quarant'anni di lavoro, per l'autorità che la mia opera ha potuto darmi, giuro che Dreyfus è innocente...”
A seguito di tutto questo,  persone  come  ad esempio Georges Clemenceau, politico radicale francese, cambiarono  le proprie posizioni  e chiesero la revisione del processo .Lo stesso Clemenceau ospitò sul suo giornale «L'Aurore», il 13 gennaio 1898, la famosa lettera di Zola al Presidente della Repubblica  Felix Faure, intitolata J'accuse!. Il giorno dopo, sempre su «L'Aurore», apparve la « Petizione degli intellettuali», che aveva tra i firmatari metà dei professori della Sorbona e numerosi artisti, come Gallé, , il pittore impressionista Manet, Jules Renard, André Gide, Anatole France.
Polansky  ci racconta con una buona fedeltà storica   tutte le vicende  dell’affare Dreyfus fino alla sua completa riabilitazione.
Il film ci costringe a riflettere su quelle che sono  le conseguenze sociali e politiche  di un fenomeno di cui anche i nostri tempi , nell’era di Internet , non possono considerarsi esenti:  la falsificazione storica , di cui l’affare Dreyfus fu un esempio. Questa, nel recente passato, è stata utilizzata anche a livello internazionale; ad esempio, per giustificare la necessità di un immediato intervento militare in Iraq, all’epoca di Saddam Hussein.
Ancora più comune e pericolosa è l’abitudine diffusa della propaganda online e delle fake news utilizzate  per orientare l’opinione pubblica, inventando di volta in volta  notizie   e  falsi  nemici  utili a realizzare i propri progetti politici .Tutto questo viene tranquillamente perseguito pur se  comporta  il sacrificio delle persone coinvolte. Spesso, non solo le vittime, ma anche chi si è prestato alla realizzazione della falsificazione stessa.
La seconda questione su cui  questa narrazione e questi avvenimenti  ci costringono a riflettere è che la sopravvivenza di qualunque sistema sociale , in particolare  quello democratico,   non può realizzarsi senza l’impegno personale  di uomini che riescono ad anteporre il senso della correttezza , della verità e della giustizia anche nei confronti delle proprie preferenze personali , delle proprie antipatie , dei propri pregiudizi o convinzioni  soggettive e che sono disposti a rischiare  anche delle conseguenze personali pur di far trionfare ciò che ritengono giusto.

martedì 19 novembre 2019

La belle époque




Il desiderio dell'amore, della passione ci accompagnano per tutta la vita . I momenti dell'innamoramento costituiscono per tutti noi " La belle époque " in cui vorremmo sempre tornare e continuare a vivere.
E' questo il tema del gradevole e sentimentale film, scritto e diretto da Nicolas Bedos, che non si limita ad accompagnarci in un viaggio alla ricerca del nostro passato, ma coglie l'occasione per rivitalizzarlo con nuove storie d'amore che si sviluppano insieme e che ci permettono di guardare al futuro.
Quella della bella attrice Margot con Antoine ,  il titolare della Time Traveller, una curiosa agenzia che mette in scena il passato, ricostruendo in studio le varie “belle époque” richieste dai clienti, quella del nostro protagonista Victor che andando alla ricerca del passato s'invaghisce dell'attrice che rappresenta sua moglie , quella della riscoperta  dell'amore  in un matrimonio ormai in crisi.
In tutti i casi il regista Bedos ci mostra come l’intraprendere, nella nostra vita, una strada che ci allontana da un amore che abbia la capacità di coinvolgerci totalmente potrà, al limite, sembrare più tranquilla, più soddisfacente, ma non placherà mai il nostro bisogno di autenticità e di vero amore.
Non si parla, in questo caso, solo della passione fra un uomo e una donna; ma, ad esempio, appare tenera anche la descrizione della ricerca, attuata da uno dei personaggi,   verso la riscoperta dell'amore filiale nei confronti del padre ormai scomparso.
La sempre bella Fanny Ardant e Daniel Auteuil vivono con autenticità e credibilità i loro ruoli di Marianne e Victor (la coppia protagonista) ma non si può non sottolineare anche l'efficacia emotiva e di rappresentazione dei personaggi del figlio della coppia interpretato da Michael Cohen,  della giovane e bella attrice Margot(Doria Tillier)  e dell’artefice della ricostruzione delle diverse “situations belle époque” il sig. Antoine (Guillaume Canet) oltre che dell'anziano Pierre( Pierre Arditi)   che ogni volta  incontra suo padre, ormai scomparso, nella finzione scenica .
"La belle époque "ci riporta nelle atmosfere dei primi anni settanta, che per molti sono state vicine ai momenti della gioventù; anche questo aspetto risulta piacevole.
Dopo il primo lungometraggio “ Un amore sopra le righe “(2017) scritto ed interpretato  insieme alla sua compagna  Dora Tillier, che rivediamo anche in questo film nel ruolo di Margot , Nicolas Bedos fa di nuovo centro con un film coinvolgente, sentimentale  e pieno di speranza come “ La belle époque”
Il film è stato presentato in anteprima al Festival di Cannes 2019 ed alla Festa del Cinema di Roma 2019.

sabato 16 novembre 2019

PARASITE




Privo di una coscienza di classe, che consenta il superamento, all’interno di una prospettiva di cambiamento  sociale comune, della sofferenza individuale, e di fronte ad una società che ti emargina, gli ultimi sono destinati a scontrarsi selvaggiamente fra di loro ed, in molti casi, ad accontentarsi anche di una condizione “parassita” nei confronti delle classi  agiate. Parassita, si ,come qualsiasi organismo animale o vegetale che viva a spese di un altro e non di vita propria.
Paradossalmente, nel film “ Parasite” , le classi dominanti ,  pur se evidentemente costituite da privilegiati, mostrano una gentilezza d’animo  ed  una superiorità  di comportamento umano ed intellettuale rispetto ai  subordinati; mentre, contemporaneamente, ne disprezzano i lati più negativi stereotipati  nell’emanazione di un odore fisico insopportabile di cui gli stessi sono macchiati indelebilmente.
Oggettivamente, i componenti delle classi elevate si mostrano superiori  e risultano desiderati ed invidiati da chi non ha mai raggiunto la loro posizione  e vive nella miseria  e nell’emarginazione.
Bong Joon-ho nel suo film ci mostra una classe subalterna  intelligente , abile , furba ed, in qualche caso, anche colta; ma, che non prefigura mai una visione alternativa della società in cui la propria condizione di miseria possa essere riscattata.
Essa si muove , utilizzando comportamenti  spesso  al di fuori dell’ambito della  legalità, per la propria sopravvivenza e lotta  anche  brutalmente contro gli altri emarginati.
E’ sostanzialmente subalterna alle classi elevate anche se, alla fine, è possibile il verificarsi di un atto di ribellione individuale quando  risulterà insopportabile subire, addirittura,  il loro disprezzo fisico.
Il film “ Parasite” è ambientato nel Sud Corea, ma i fenomeni di disgregazione , frammentazione  e precarizzazione del lavoro stanno diventando un problema mondiale che investe tutte le nostre società, sull’onda della globalizzazione,  scatenando tensioni e conflitti.
Il grido d’allarme ed i contenuti del film che ne estremizzano scenicamente le problematiche ci riguardano tutti  e giustificano il successo di critica e di pubblico che lo hanno portato, fra l’altro, ad ottenere la Palma d’oro per miglior film al Festival di Cannes 2019.
In “ Parasite” ,la speranza,  pur presente nelle  componenti più giovani delle classi subalterne, rimane quella di riuscire ad elevarsi socialmente con un investimento personale nella formazione. Grazie alla nuova condizione economica raggiunta sperano di potere liberare se stessi e gli altri componenti della famiglia dalla miseria , emarginazione e dall’eventuale condizione di “ Parassita”.
E’ questa l’unica possibilità presente all’interno di una realtà contraddistinta da una pesante e stabile divaricazione sociale: una strada del tutto individuale.


lunedì 11 novembre 2019

L'UOMO DEL LABIRINTO



Con il suo secondo film, adattamento per lo schermo dell’omonimo romanzo “ L’uomo del labirinto” (2017), Donato Carrisi ci conduce per mano all’interno di una complicata indagine, alla ricerca di un killer seriale, che si trasforma in un perverso intreccio di personaggi e di situazioni che sviano lo spettatore dall’immediata corretta comprensione di quello che sta osservando. Solo nel finale riuscirà ,infatti, a comprendere la dinamica degli avvenimenti ed il filo logico e conseguenziale che li ha diretti.
Il romanzo “L’uomo del labirinto”, da cui è stato tratto il film, fa parte  di un ciclo di libri  che ruota attorno al personaggio  dell’investigatrice  Mila Vasquez ed è composto anche da “ Il suggeritore”(2009) , “ L’ipotesi del male” (2013)  e “ Il gioco del suggeritore”(2018).
Nel film, l’indagine alla ricerca del rapitore e serial killer è condotta dall’investigatore privato Bruno Genko, ben interpretato dall’ottimo Tony Servillo; mentre, scopriremo, solo alla fine del racconto, l’identità ed il ruolo dell’investigatrice Mila Vasquez , interpretata  da Valentina Bellé.
Da citare poi fra gli attori Vinicio Marchioni , collega della Vasquez, ed il grande  Dustin Hoffman in un ruolo ambiguo e delicatissimo.
La figura malefica del serial Killer con il volto di Bunny il coniglio mi ha ricordato solo per un attimo il film Harvey (1950) in cui James Stewart ha per amico un coniglio immaginario; ma non c’è nulla di simile con il  personaggio e il racconto del nostro film.
“L’uomo del labirinto”, ben diretto da  Donato Carrisi e sostenuto da una buona scenografia,  avvince lo spettatore che si ritrova profondamente immerso nella storia fino alle sue disorientanti battute finali. Un thriller, certamente, ma anche un’analisi della contorta psicologia  dei cosiddetti “figli del buio “ ,dapprima vittime di rapimenti, prigionia e tortura psicologica  ed a loro volta, infine, carnefici .
Così come nel caso de “ La ragazza della nebbia”, fa piacere osservare come sia possibile vedere realizzato  da un regista/scrittore  italiano un film/giallo complesso ed avvincente che non fa rimpiangere  quelli della cinematografia inglese o  americana.



venerdì 25 ottobre 2019

CIAO





Peppuccio...... dai.... mangia!
Guarda...... guarda   sta passando una rondine
guarda ....apri la bocca dai ....
ecco  manda giù la pasta che è buona ... dai!
Ma tu, invece, la bocca non la apri più;
neanche per dirmi, come una volta, che
noi giovani stavamo distruggendo tutto 
senza spiegare come le cose dovevano cambiare 
Ti vedo bella e giovane sposa
 ed io................ vicino  a voi,
a fare da paggetto in chiesa
il giorno del matrimonio
Poi , dopo la cerimonia, siete partiti
ed io, che avevo solo quattro anni ,vi aspettavo
mentre la casa mi pareva vuota.
Allora, cercavo  il mondo arrampicandomi
sulla sedia per arrivare alla finestrella del camerino
da cui guardavo un orto ed un giardino
dove immaginavo di correre verso la mia vita.
Per anni siamo stati una sola famiglia
e le tue figlie erano quasi mie sorelle,
anche quando siamo stati in città diverse.
Milioni di immagini passano nel mio cervello
mentre ci stiamo lasciando
Scorrono in esse la tua vita e la mia
anche adesso che si separano
senza che io riesca ad accettarlo
mentre capisco che un giorno
succederà anche a me.
Cosa ne sarà di tutto quello
che abbiamo amato e ci ha fatto sognare?
Chissà se qualcun altro lo amerà allo stesso modo!

lunedì 21 ottobre 2019

IL MIO PROFILO MIGLIORE



La magia di poter gestire  autonomamente la propria fisicità, al di là dei limiti del tempo, che producono l’invecchiamento, o al di là della bellezza o bruttezza originali, è forse uno dei sogni segreti dell’umanità.
Una rivincita sul naturale decadimento o sulla disparità fisiche delle condizioni di partenza.
La possibilità di esercitare ancora la seduzione ed il desiderio.
Tutto questo è in qualche modo una possibilità legata alla realtà virtuale.
Si , certo , comporta la menzogna. Dovrai creare un profilo falso della tua identità fisica e rinunciare alla tua naturalezza. Dovrai rinunciare soprattutto ad essere desiderata per quello che sei veramente.
Ma poi…….. chi sei veramente? Chi ti rappresenta meglio…….. il tuo fisico o la tua anima?
La tentazione è grande!
Claire , una bella donna cinquantenne,  una brava docente universitaria , si ritrova all'improvviso sola. Il suo rapporto sentimentale, a cui si era completamente dedicata,  è finito  e le è stata preferita una ragazza ventenne. Claire desidera ancora essere amata e desiderata. Dapprima, si rende disponibile a rapporti saltuari di puro piacere, che non vanno  al di là di questa dimensione. Ad un certo punto, si fa tentare dalla realtà virtuale e si presenterà con il volto di una giovane ventenne. Forse, quasi per dimostrare a se stessa di essere ancora una persona desiderabile, come era stata in passato, da giovane: il suo profilo migliore.


Il gioco le riesce in parte perché la fisicità incombe su ogni nostra storia. Perché ,in realtà, corpo e mente sono indissolubili.
Il limite della realtà virtuale presto o tardi arriva; a meno di non uscire mai dalla stessa ed accontentarsi solo di quella dimensione che, tuttavia, ad un certo punto si dimostra per quella che è : virtuale, appunto.
La storia e la ricerca del film cercano di esplorare le varie possibilità e le conseguenze personali  insite in un rapporto ed in scelte di questo genere, mostrandoci  , alla fine,  i limiti ed in qualche modo la patologia ad esso connesse.
Riuscirà Claire ad avere una nuova possibilità nella vita reale? Sarà la vita stessa a deciderlo.
Un film interessante ed attuale “ Il mio profilo migliore” ( Celle que vous croyez ) propostoci dal regista francese Safy Nebbou e tratto dal romanzo “Quella che vi pare”  di Camille Laurens. Brava e credibile nel ruolo della protagonista la stupenda Juliette Binoche. Ottima l’interpretazione anche di François Civil nel ruolo  del giovane fotografo Alex e di Nicole Garcia in quello della psicoterapeuta.
Il film è stato presentato al Festival di Berlino 2019 nella sezione Berlinale Special.

mercoledì 9 ottobre 2019

JOKER



Gotham è una città che non esiste, ma che, purtroppo, somiglia a molte realtà a noi vicine. Sempre più travolte da un esacerbato rancore reciproco e prive di una reale cultura della solidarietà e dell’ascolto dell’altro.   Città con una diffusa povertà e marginalità sociale che affolla le periferie e a cui fa da contraltare, spesso, un’incredibile tracotanza dei potenti nei confronti dei più deboli.
Joker rappresenta, forse, la sintesi malata di questa contraddizione.
La sua irrefrenabile risata, che, magistralmente, un grande Joaquin Phoenix coniuga contraddittoriamente con una sorta di struggente lamento, rappresenta un grido di lamento e di condanna verso una società che lo ha maltrattato, bullizzato, abbandonato e ignorato.
Contro di essa esplode una violenza malata e incontrollabile che, a modo suo, cerca giustizia, ma che è sempre e comunque una tragedia.
Fin da bambino è stata questa la sua risposta all’abuso : quella strana e incontrollabile risata che somiglia troppo ad un pianto inconsolabile e straziante.
Poi, propiziato forse dalla casualità della vita, quel pianto si trasformerà in un’esplosione di violenza incontrollabile e la sua risata risuonerà sinistra e drammatica nel silenzio della morte.
Arthur Fleck è un  giovane alienato che vive con l'anziana madre Penny in un appartamento dei bassifondi di Gotham City e si guadagna da vivere facendo il pagliaccio.
Dopo essere stato licenziato, sceglierà di chiamarsi proprio “Joker”, un clown, così come era stato definito dal presentatore di una nota trasmissione televisiva, che lo aveva invitato al suo programma, e come veniva acclamato dai cittadini di Gotham che manifestavano in piazza, inneggiando al clown che aveva ucciso nella metropolitana tre collaboratori del potente candidato sindaco, dopo che gli stessi lo avevano aggredito e malmenato.
JOKER è un film denso e complesso diretto da Todd Phillips e, pur basandosi sull'omonimo personaggio dei fumetti DC Comics, ne rappresenta una versione diversa e particolare.
Il personaggio principale Arthur Fleck (Joker) è interpretato da un ottimo Joaquin Phoenix, che non mi stupirei se con questo film si aggiudicasse la statuetta dell’Oscar come miglior attore protagonista. Accanto a lui non si può non sottolineare la bravura di Robert De Niro nel ruolo di Murray Franklin, il conduttore della trasmissione televisiva, e di Zazie Beetz in quello della vicina di casa: Sophie Dumond.
Il film ha vinto il Leone d'oro alla 76ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e penso che lo troveremo fra le prossime nomination all’Oscar.


mercoledì 25 settembre 2019

C'era una volta a... Hollywood





Con il suo nuovo film " C'era una volta a... Hollywood (Once Upon a Time in... Hollywood) Quentin Tarantino ci porta nella Los Angeles del 1969, raccontandoci una storia che ruota attorno all'industria cinematografica di Hollywood.
E' un momento di cambiamento nella vita della società americana, che non lascia indenne neanche il mondo fantastico del cinema e della televisione, imponendole un mutamento dei temi trattati e dei personaggi  e sottoponendola, in qualche caso, ad un impatto violento come fu quello dell'omicidio di Sharon Tate e di alcuni amici , nella sua stessa casa  di Cielo Drive a Beverly Hills, per mano di alcuni componenti della Manson Family ( una comune o meglio una setta di persone che ruotavano  attorno alla figura fascinosa ed inquietante di Charles Manson).
Tarantino riesce a riportarci indietro nel tempo ricostruendo, meticolosamente, gli scenari degli Studios   e dell'atmosfera della Los Angeles del 1969.
In particolare, l'intervento più difficile è stato quello di riportare indietro, all'immagine che aveva nel 1969, un segmento di Hollywood Boulevard, lungo sei isolati. Il tutto, intervenendo sulle facciate degli edifici, ricostruendone l'aspetto con insegne e manifesti di quel periodo. Operando ancora sui marciapiedi e sulla strada riempita di auto d'epoca.
Accanto a questo, è stata importante la scelta della colonna sonora, densa di pezzi musicali come The letter di Joe Cocker, Victorville Blues degli Harley Hatcher Combo, Soul Serenade di Willie Mitchell, Out of Time dei Rolling Stones, Straight Shooter e Twelve Thirty (Young Girls Are Coming to the Canyon) dei The Mamas & the Papas ed altri ancora.
Il racconto segue le vicende di un attore televisivo e della sua controfigura che desiderano entrare nell'industria cinematografica Hollywoodiana. Rick Dalton, interpretato da Leonardo di Caprio, è l'attore protagonista della popolare serie televisiva western Bounty Law; mentre, Brad Pitt, nei panni di Cliff Booth   è, invece, da oltre dieci anni la sua controfigura e il suo miglior amico.
Tarantino riesce a delineare in maniera soddisfacente la peculiarità del carattere dei due personaggi, i loro punti di forza ed i loro problemi, mentre scorrono le immagini del racconto. Accanto a loro, s'intrecciano momenti della storia dei vicini di casa di Rick Dalton: i coniugi Polanski. Dalton, infatti, per accostarsi il più possibile al mondo di Hollywood, aveva comprato un’abitazione nella località di Cielo Drive a Beverly Hills, dove da poco erano venuti ad abitare anche i Polanski, che vivevano un momento di grande celebrità cinematografica.
Il racconto continua fra delusioni e successi, fra cambiamenti e situazioni nuove, accettate anche se non desiderate, e con la descrizione del saldo rapporto di amicizia fra Rick e Cliff.
Anche Hollywood in quegli anni sta cambiando e un personaggio, come quello che Rick è solito interpretare, stenta a trovare spazio nel nuovo cinema americano. Sono momenti difficili che mettono a dura prova la carriera di Rick e Cliff.
La musica della West Cost, la droga diffusa, il fumo, le comunità Hippies, la cultura alternativa nate anche come risposta della gioventù americana alla guerra del Vietnam, al contrasto nei confronti della parte più conservatrice della società americana, come sbocco del movimento dei diritti civili   di quello studentesco, sono sottintese nel film come forze determinanti il cambiamento, restando, tuttavia, marginali all’interno del racconto.  Tutto questo, anche se poi l'impatto con una delle comunità più settarie e, in qualche modo, " malate" di quel mondo sarà devastante.
In realtà, Tarantino smorza la forza di questo impatto, sentendo il bisogno di modificare i fatti realmente avvenuti per dare una chance di successo ai due protagonisti della sua storia: Rick e Cliff. Essi sono infatti capaci, come gli eroi dei suoi film, di realizzare, anche grazie all'uso deliberato ed efficace della violenza, un sentore del classico " lieto fine".
Il racconto realizzato da Tarantino per legare insieme la vita dei protagonisti con l'ambientazione e la ricostruzione storica di quel periodo di Hollywood e dei tragici fatti che l'hanno interessata, è forse la parte più deludente e meno avvincente del film
Uscendo dalla sala cinematografica, siamo portati a chiederci se Tarantino abbia voluto realizzare un documentario personalizzato su quell'epoca o una storia che, alla fine, purtroppo, non è riuscita a toccarci l'animo.