venerdì 31 marzo 2017

Non è un paese per giovani


Dov’è la propria casa? Qual è il luogo che puoi considerare la tua terra?
Forse, è quello dove riesci a realizzare te stesso ed i tuoi sogni.
Analogamente, nel film, più volte Veronesi fa dire ai suoi protagonisti che la propria famiglia vera è quella che ti scegli e non quella naturale. Capiterà a Sandro (Filippo Scicchitano) dire che   lui il padre non l’ha solo avuto ma l’ha anche scelto, ed è quello che gli ha permesso di venire a Cuba per inseguire i suoi sogni e che ritroveremo insieme a lui a viverli. Lo dice Nora (Sara Serraioco), che ha scelto la sua famiglia a Cuba dopo un incidente in cui rischiava di morire. A maggior ragione, invece, Luciano (Giovanni Anzaldo), che aveva forse dei genitori che lui definisce “illuminati”, sente che quella “luce” non lo riscaldava e non lo illuminava, lasciandogli un vuoto interiore che, nonostante la disponibilità degli amici ad aiutarlo, lo tormenterà sempre.
Se quindi una terra non è adatta e non si interessa più di tanto ai suoi giovani, può essere la propria patria?
E aggiungo, che futuro ha l’Italia se non sarà capace di dare un futuro ai propri giovani?  Se non sarà capace di fondare su di loro la propria crescita?  Se i suoi giovani non desiderano più far nascere delle nuove vite, come risulta dall’attuale crollo demografico?
È questa l’idea del film che Giovanni Veronesi racconta di aver avuto a seguito delle tante testimonianze di racconti di giovani espatriati in cerca di lavoro, raccolte nella sua trasmissione radiofonica.
Il film è dedicato a questi giovani ed al loro desiderio di vita e di realizzazione di sé stessi. Cercheranno in ogni modo di riuscirci anche se in una terra diversa dalla propria, che si dimostrerà difficile, dura e diversa dal paradiso turistico e stereotipato presente nella mente di molti.
 Sarà difficile, certo, riuscire ad andare avanti e Sandro penserà di tornare indietro e lasciar perdere tutto; ma, alla fine, riuscirà a realizzare quello che desidera insieme a Nora ed ai suoi nuovi amici cubani.
L’altro protagonista, Luciano, sarà messo davanti al suo tormento ed al suo lato oscuro. Ne uscirà? Non lo sappiamo; ma, la sua assenza sarà altrettanto presente e viva nel cuore e nella mente dei suoi amici.
Il film ci lascia con l’amaro interrogativo con cui era iniziato: l’Italia non è un paese per giovani?
In ogni caso, Veronesi segue con affetto e simpatia il destino di questi ragazzi, invitandoli a sognare e cercare sé stessi e la propria strada. La propria famiglia, la propria patria ci sarà sempre e comunque sarà quella scelta da ognuno, dove avrà la possibilità di vivere pienamente la propria vita.
 Dal nostro paese molti sono andati via per anni. Il nostro è stato un popolo di emigranti che, con le loro rimesse, mantenevano le famiglie rimaste a casa.
Pensavamo di non dover più assistere all’esodo dei nostri giovani; mentre, per ironia della sorte, ne arrivano molti altri che scappano dai paesi africani e dal vicino oriente.
Bravi e convincenti i giovani interpreti da Filippo Scicchitano a Sara Serraiocco e Giovanni Anzaldo. Bello il brano di Giuliano Sangiorgi "Paradiso meraviglioso", colonna sonora del film.


mercoledì 22 marzo 2017

UN MONDO NUOVO- Il racconto completo





Antonio stava seduto nello studio del padre e guardava con attenzione il contenuto dei cassetti della scrivania.
In uno trovò una fotografia del nonno, ancora giovane. Aveva dei lunghi baffi con le punte arricciate in alto e gli occhi dal colore molto chiaro. La fotografia era in bianco e nero e questo lo indusse a pensare che dovevano essere probabilmente azzurri.
Suo padre gli aveva raccontato spesso che il nonno aveva i baffi tendenti al biondo mentre lui ricordava di avere punti della barba rossi e biondi. Antonio non aveva mai potuto verificare le sue parole avendo visto sempre il padre ben rasato e con i capelli già bianchi. Il nonno poi era morto prima che lui nascesse ed Antonio non aveva quindi nessun ricordo personale.
Sapeva che in gioventù aveva aperto una pasticceria nel centro di Catania, ai Quattro Canti, con un discreto successo.
Insieme alla fotografia, Antonio trovò anche un quadernetto con una copertina nera che scoprì essere una raccolta di ricette per dolci. Tra questi vi erano alcune delle vere e proprie prelibatezze della pasticceria siciliana come i cannoli, la cassata, i panzerotti ecc.
In fondo ad un altro cassetto c'erano delle lettere trattenute da un elastico, vecchie fotografie, un quadernetto per appunti, alcuni ritagli di giornale.
Man mano che procedeva nella lettura di quei ricordi, episodi ed intimità raccolte e conservate dal padre in quel cassetto, Antonio sentiva diminuire dentro di sé il dolore per la sua recente scomparsa.
Quella complice vicinanza col padre, nella lettura dei suoi ricordi, gli permetteva di sorridergli con tenerezza.
Pur con tutta la differenza della razza e nonostante fosse stato un padre adottivo, per lui era suo padre e, quando sentiva il dolore della perdita aumentare dentro di sé, si sommava ad esso una rabbia feroce.
Perché? Perché si deve morire? Perché si deve perdere per sempre il proprio padre o qualunque altra persona cara? 
Si accorse di stringere i pugni scuri e di sbatterli violentemente sul tavolo. Non poteva sopportarlo!
Poi, la sua attenzione fu distolta dai rumori provenienti dall’altra stanza.
Erano arrivati gli uomini del trasporto funebre e stavano chiudendo la bara. Antonio uscì dallo studio e si ritrovò confuso in una scena di cui era protagonista davanti a tutti. Scese le scale, sorreggendo la madre anziana, seguendo la bara. Poi, tenendola per braccio, s’incamminò fra due file di conoscenti e amici per la strada che portava alla chiesa.
S’ irrigidì in un atteggiamento fiero e composto perché non voleva dare spettacolo del suo dolore. 
Era già motivo di curiosità vedere quel giovane di colore camminare, commosso, sorreggendo un’anziana signora bianca dietro il carro funebre; ma, tutto il quartiere li conosceva.
Antonio e la sua famiglia abitavano lì da sempre e tutti avevano visto crescere quel piccolo bambino di colore adottato da una coppia già matura e senza figli.
C’erano molti dei suoi amici e colleghi dell’università che lo salutarono col pugno chiuso alzato. Erano compagni di quegli anni di lotte studentesche in cui avevano imparato ad apprezzarsi e sentirsi fratelli di fronte a mille difficoltà ed ostacoli. Carlo era venuto a trovarlo subito e aveva condiviso con lui il ricordo del lutto del proprio padre, che aveva perso qualche anno prima.
Ora, era lì insieme agli altri a fare onore al feretro che passava. Era strano vedere tutti quei giovani in corteo e lungo i marciapiedi. Non era uno spettacolo usuale! Erano lì per lui. Per stargli vicino, solidali al suo dolore.
Dopo la funzione in chiesa qualcuno lo segui anche al cimitero.






Nei giorni seguenti, Carlo e gli altri amici rimasero spesso a fargli compagnia.
La sera si stava fuori fino a tardi. Spesso, si andava fuori città nei paesi limitrofi. In riva al mare o sulle pendici dell’Etna, il vulcano che sovrasta Catania.
Una volta, si ritrovarono a Capo Mulini.
C’era una piccola trattoria in riva al mare, con i tavoli posti proprio su di una piattaforma di legno piazzata fra gli scogli di pietre laviche. Era un piacere assaporare quella pepata di cozze, sorseggiando il vino bianco freddo della casa, sotto un cielo profondamente nero ma punteggiato dalle mille luci delle stelle e rischiarato da quel quarto di luna.
Si parlava del passato e del futuro. Delle lotte all’università, del Movimento, che ormai era in riflusso, e di ciò che li aspettava. Carlo aveva una bella voce, suonava da sempre la chitarra ed aveva spesso cantato in pubblico con successo.
Cantava le canzoni della Resistenza, i canti del lavoro e di lotta del movimento operaio e contadino.
La prima volta che Antonio lo aveva conosciuto era stato proprio ad un concerto tenuto presso la sede di una libreria considerata uno dei centri  culturali e progressisti di Catania. Erano i primi mesi che frequentava l’università ed un collega, che lavorava all’Einaudi come venditore, gli aveva segnalato che nei locali della libreria vi sarebbe stato quel concerto per voce e chitarra.
La sede era abbastanza vicina a casa di Antonio. Era al primo piano di un palazzetto di Via Etnea vicino alla Villa Bellini.
Per ironia della sorte, da un portone vicino si accedeva anche alla sede  provinciale del Movimento Sociale Italiano . La sede dei “fascisti” come li definivano gli studenti di sinistra. Molti di loro erano anche conosciuti come “ picchiatori” per le loro azioni di disturbo e scontro fisico  nei confronti delle attività politiche del Movimento degli Studenti.
Quella sera, Antonio si diresse da solo a quel concerto, che iniziava nel tardo pomeriggio .
Nessuno dei suoi amici si era mostrato interessato e così aveva deciso di andare comunque a vedere. La sala era abbastanza piccola. In un angolo era stato ricavato lo spazio per il gruppo musicale composto da tre persone : Carlo, voce e chitarra, Franca , voce e Cesare voce.
Era la prima volta che Antonio ascoltava dei canti popolari e rimase colpito per l’intensità dei testi e per la passione racchiusa pur nella semplicità delle melodie. Canti appassionati, quasi gridanti la sofferenza e la volontà di riscatto dei loro protagonisti. Franca cantò, con una voce acuta  e  allo stesso tempo melodiosa, “ la mondina”. Carlo si esibì anche in una canzone  celebrativa della figura del rivoluzionario sudamericano Simon Bolivar ed in una canzone della guerra civile spagnola,  accompagnando il canto alternando il suono della chitarra a delle battute a tamburo sulla stessa, con il dorso della mano. Fu una bella serata ed un successo.
Antonio rivide pertanto con piacere Carlo quando si presentò, come neo studente, davanti al picchetto di compagni che presidiava l’ingresso della facoltà occupata.
Con piacere Antonio garantì per la sua identità e Carlo fu fatto passare. Col tempo e nel corso delle lotte studentesche poi diventarono compagni ed amici, come tutti i componenti del Movimento degli studenti della Facoltà. Quello era forse uno degli aspetti più belli di quella situazione. Il numero relativamente modesto dei frequentanti e degli attivisti permetteva di vivere quella realtà d’impegno politico anche come una grande occasione d’amicizia personale. Dopo il rito delle assemblee e dei collettivi, le stesse persone si rincontravano nei gruppi di studio, che avevano sostituito nella maggior parte dei casi le lezioni cattedratiche.
Non era raro rivedersi poi all’interno delle sale di lettura, dove si cercava di studiare, e che alla fine si trasformavano in una grande riunione di amici, arricchita da risate e chiacchiericci.
Spesso, dopo, si andava insieme a cercare una delle vecchie osterie, frequentate una volta solo da muratori, meccanici o altri operai in pausa pranzo, ed ora meta ambita di tanti studenti.
Sui tavolacci arrivavano così delle salsicce arrosto fumanti, spesso aromatizzate con semi di finocchio, che venivano annaffiate col robusto vino rosso della casa. E dire che Antonio fino a qualche anno prima non aveva mai assaggiato un sorso di vino né bevuto un caffè!




Ripensava a tutto questo mentre, seduto di fronte al mare di Capo Mulini, s’interrogava sul proprio futuro confrontandosi con quello degli altri.
-Penso che cercherò al più presto di trovare un lavoro -disse Antonio-
-E l’università? -chiesero gli altri- e la laurea?
- No, non penso di lasciare. Al contrario, cercherò di sbrigarmi a prendere le ultime materie. Addirittura, voglio partecipare alla selezione per un corso privato esterno che sta organizzando il Dipartimento di Sociologia sui temi dello sviluppo del Mezzogiorno. Sembra che sarà un corso molto qualificante, con lezioni tenute da professori come Michele Salvati e Vianello. Vi saranno poi tutti i professori di Sociologia economica della Facoltà e lo stesso Preside. Oltre a questo, però, voglio cercare di partecipare il prima possibile a dei concorsi. Considerati i tempi che ci sono  fra la data degli esami ,i risultati e le successive assunzioni  è meglio iniziare subito. Adesso in famiglia i soldi sono pochi anche se mia madre ha la pensione di reversibilità e non abbiamo affitto da pagare.
-Hai ragione! È meglio per tutti darsi una mossa  e sbrigarsi. Ormai il Movimento è finito ed ognuno di noi deve trovare la sua strada
-Si ma è importante restare amici -rispose Antonio – Non possiamo perderci e fare come se tutto quello che abbiamo fatto fosse stato niente. Io penso che dovremmo parlare fra di noi e capire insieme come affrontare questa fase della nostra vita in un modo nuovo.
-Che vuoi dire? Risposero gli altri
- Perché non dobbiamo aiutarci a comprendere se è possibile vivere  nella società in un modo nuovo? Negli USA vi sono stati   e vi sono ancora gli Hippies che vivono in comunità e si dividono tutto. Molti giovani hanno un nuovo modo di pensare alla vita . al lavoro , all’amore , al sesso.
-Si ma sono fuori dalla realtà  e non hanno coscienza politica – rispose Bruno- Noi siamo molto più avanti di loro. Noi abbiamo partecipato al movimento rivoluzionario degli studenti e degli operai. Noi abbiamo una visione  del materialismo storico che  questi non sanno neanche che cos’è. Questi non hanno storia alle spalle . Vuoi mettere  la lezione della Resistenza? Le lotte operaie? La lezione di Lenin  di Gramsci e Togliatti .Le ultime considerazioni di Mao e la rivoluzione culturale.
-Lo capisco, hai ragione -disse Antonio- Io non metto in discussione tutto questo. Credo nell’importanza del partito e del sindacato e di continuare il nostro impegno politico ma non siamo più nella fase del Movimento . Oggi sugli aspetti della vita personale siamo abbastanza soli. Per esempio vuoi prendere la musica ? Io non me la sento di ascoltare solo le canzoni popolari e dire che tutto il resto è reazionario . A me piacciono le canzoni di Lucio Battisti  che non si possono ascoltare perché è fascista.
- Va beh! rispose Carlo , certo non è un esempio di progressismo. Ma l’hai sentito mai  quando canta “ Emozioni”? Ma che caspita di senso hanno le sue canzoni? Ascolta qua “ ……”sdraiarsi felice sopra l'erba ad ascoltare un sottile dispiacere”  …. E poi senti questa….”.E stringere le mani per fermare qualcosa che è dentro me, ma nella mente tua non c’è” .- Ma di che sta parlando?- Ascolta, ascolta……..”Capire tu non puoi …..tu chiamale se vuoi emozioni “ – Ma finiamola!
- Eppure ti posso dire che le sue canzoni mi hanno accompagnato in questi anni  al pari di  quelle rivoluzionarie-rispose Antonio- Quando ero innamorato di Francesca  la sua canzone  dallo stesso titolo mi sembrava  una cosa mia. Èi giardini di marzo”?  Ascolta, lasciamo perdere per un attimo Battisti. E Woodstock? Che ne pensi?
- Che vuoi che ne pensi? Non la condivido -rispose Carlo- Questo affidare alla droga e alla musica  il motivo per stare insieme è una cosa che non mi piace. Queste adunate gigantesche per fare che? Dove è l’impegno sociale di queste persone?
-Carlo , io non voglio copiare queste persone e ti ho detto che non rinnego l’impegno sociale. Sono solo curioso di capire anche questi aspetti delle società diverse dalla nostra. Voglio sentire quella musica. Voglio capire cos’è quel nuovo modo di vivere di cui parlano. Tutto qua. E poi ricordati le loro lotte per i diritti civili e contro la guerra. Il primo movimento degli studenti è nato a Berkeley
Io non parto da posizioni predefinite, voglio solo, insieme a voi, cercare di capire se è possibile tornare alla vita comune,  comportandosi diversamente dai nostri genitori? Non so se sia giusto o sbagliato . Voglio capirlo.
-Non m’interessa Antonio - rispose Carlo- Non so che ne pensate voi, ma a me interessa altro. Ho l’opportunità di partecipare   ad uno spettacolo teatrale  di  Giorgio Gaber e penso di andare a vivere a Milano per qualche tempo.
- Bravo Carlo! – esclamarono tutti in coro-Come hai fatto? Come lo hai conosciuto?
-È successo quando Giorgio è venuto a presentare il suo ultimo spettacolo, questo inverno. Ha chiesto di conoscere qualcuno del Movimento  che si occupasse anche di spettacolo ed abbiamo passato una serata insieme alla sua Compagnia. Mi ha sentito cantare e mi ha proposto di partecipare con alcune canzoni al nuovo spettacolo a cui sta lavorando; … io ho accettato. Dovrei partire per Milano  a settembre.
La serata finì così. Sull’entusiasmo suscitato dalle parole di Carlo, con la prospettiva del suo soggiorno a Milano e della partecipazione  allo spettacolo di Gaber, che ci sembrava un sogno di buon augurio per il futuro di tutti.



L’estate era nel suo pieno splendore. Antonio era solo a casa. La madre aveva accettato l’invito del fratello,  che abitava a Roma, di passare un periodo in quella città, per non stare troppo sola dopo la morte del marito.
Certo, c’era Antonio , ma Lui non poteva starle dietro tutto il giorno e  Lei neanche lo desiderava. Preferiva vederlo riprendere la sua vita con i suoi amici ed i suoi interessi per superare anche Lui quel brutto momento.
No, era meglio così!
Era partita per Roma con il fratello, che era venuto a Catania  per i funerali insieme alla moglie, e sarebbe tornata agli inizi di ottobre.
Le giornate di Antonio passavano così, senza un impegno preciso.   Spesso andava al mare,  dove L’estate era nel suo pieno splendore. Antonio era solo a casa. La madre aveva accettato l’invito del faceva delle lunghe nuotate e prendeva il sole,  anche se era naturalmente “ abbronzato”. Quella era una battuta che utilizzava spesso anche con i suoi amici e soprattutto con le ragazze  per esaltare la sua tintarella naturale rispetto al colorito bianchiccio di chi cominciava a prendere il sole ad inizio stagione e rischiava pesanti scottature. Oltre che nella  lunga striscia di sabbia della “plaia” che continuava , senza soluzione di continuità fino ad oltre la foce del Simeto e poi ancora verso Siracusa, gli piaceva, forse ancora di più, bagnarsi nell’altro lato della costa. Nel tratto di mare  a Nord, in direzione di Messina .
Quella era, al contrario, una costa rocciosa. Una costiera  formata dalle eruzioni laviche dell’Etna giunte sino al mare. Gli scogli di pietra lavica si succedevano l’uno dietro l’altro, con forme diverse, creando un ambiente naturale all’interno del quale era facile trovare minuscole forme di vita. Spesso, si trovavano sulla superficie degli scogli delle cozze nere o delle “patelle” , piccole conchiglie che si attaccano a ventosa .
Se poi si guarda sotto il livello dell’acqua, la costa  è un pullulare  di piccoli pesci , ricci di mare, qualche polpo che trova facilmente la sua tana  tra gli anfratti degli scogli. Un vero paradiso!

I ricci di mare erano una delle passioni di Antonio. Gli piaceva assaggiare quelle gustose ed aromatiche uova arancioni con qualche goccia di limone spremuta sopra.  Quando era bambino , i suoi genitori lo portavano a volte nella vicina Acitrezza, dove vi era un’intera piazza attrezzata con tavolacci e panche di legno in cui le famiglie  catanesi, la sera della domenica, si rimpinzavano di cozze nere e ricci di mare. La quota media  dei ricci si aggirava almeno sulla trentina a persona!

Un altro rito domenicale, che ricordava con altrettanto piacere, era invece costituito dalla salita a Zafferana Etnea , un paese sulle pendici dell’Etna , dove, nella piazza principale prospiciente all’ingresso dei giardini comunali, erano posti una miriade di tavoli  per far gustare ai golosi catanesi le famigerate pizze siciliane :dei calzoni fritti ripieni di “tuma” ( formaggio fresco di pecora)  e acciuga.
 Si poteva poi concludere la cena assaggiando una specialità tipica di quel locale: i biscotti chiamati “sciatore”. Una specie di biscotto Regina gigante , della lunghezza di ca. dieci centimetri, interamente ricoperto di cioccolato. Si dice che il nomignolo “ sciatore” sia dovuto al fatto che gli sportivi appassionati di sci , prima di procedere più avanti sulla strada verso le piste, si fermassero  a Zafferana  per fare colazione,  appunto con quei biscotti. Dall’altro lato della piazza si stagliava poi la chiesa principale del paese conferendo a quel posto un pizzico di maestosità.

Vi erano due strade principali per arrivare sull’Etna.
La prima  passava per Nicolosi e saliva al rifugio Sapienza ed oltre  da dove, accanto  al “cratere vecchio”, partiva la funivia che portava alle piste di neve.
La seconda passava per  “i monti rossi” e proseguiva verso Zafferana oltre la quale si saliva, attraverso una strada panoramica, da cui si poteva vedere anche il mare, su di un versante boscoso  e naturale all’interno del quale sorgeva l’albergo “ Emmaus” .
Lì si poteva passare  un  bel soggiorno in mezzo alla natura  ed al verde incontaminato dei boschi . Da Zafferana poi si poteva prendere  una strada che da Santa Venerina scendeva serpeggiante verso la costa  all’interno di un panorama mozzafiato.






I ricordi estivi di Antonio erano disseminati fra quelle località dove era abitudine quasi ogni sera, per i giovani catanesi, recarsi a cercare qualche locale dove passare la serata o ritrovarsi insieme nella casa di villeggiatura di qualcuno dei genitori. Quasi nessuno rimaneva la sera a Catania Centro perché offriva poco   per i giovani. A parte qualche locale di livello elevato e qualche cinema, non c’erano situazioni attraenti per passare la serata. Solo da qualche anno, grazie alla frequentazione dei giovani studenti di sinistra alternativi, le antiche osterie si erano pian piano trasformate in accoglienti trattorie dove, ad un prezzo contenuto, potevi gustare le specialità della cucina tradizionale.
Antonio ed i suoi amici avevano scoperto e fatto sviluppare una piccola osteria nel quartiere Borgo che ormai era diventata un punto alla moda e ben frequentato. In fondo, in giro trovavi sempre le stesse persone. Le trovavi nelle manifestazioni politiche, in quelle sportive, al cinema, all’università, a passeggio ecc. ecc.
Ad Antonio piaceva andare anche a gustare le bistecche di carne di cavallo arrosto cotta su piccoli bracieri piazzati sulla stessa strada accanto alle osterie ad esempio di Via Plebiscito, vicino al quartiere popolare di San Cristoforo.
Lì, ricordava Antonio, aveva vissuto una delle situazioni più comiche della sua militanza politica. Insieme ad altri compagni di uno dei cosiddetti “gruppuscoli extraparlamentari” doveva organizzare un comizio in una piazzetta di quel quartiere. Erano arrivati con diverse auto piene di manifesti d’appendere sui muri, con i megafoni e l’attrezzatura di legno per predisporre una specie di piccolo palco.
 Era ormai sera e ,qualche minuto dopo aver cominciato ad affiggere i manifesti e disporre le barre di legno per il palco, una piccola folla di persone del quartiere cominciò ad aggirarsi intorno, curiosa ed infastidita della loro presenza, considerata sostanzialmente estranea. Mentre cominciavano a formarsi dei piccoli capannelli di discussione e di protesta, nel frattempo, erano arrivati un nugolo di bambini-ragazzi di quell’età pericolosissima compresa fra gli otto e i dodici anni che, in men che non si dica, cominciarono a distruggere tutto quello che i “compagni” avevano realizzato, portandoselo via, fuggendo da tutti i lati e ritornando da mille altre parti fra le risate degli abitanti del quartiere.
 I “compagni” provarono inizialmente a protestare ed anche a minacciare, ma furono letteralmente travolti dal combinato fra adulti minacciosi e bambini/ragazzi velocissimi distruttori e rapinatori.
La figuraccia era ormai consumata ed il comizio improponibile!
La versione ufficiale fu di sconforto e di rabbia; ma, bisogna confessare che Antonio ed i suoi più cari “compagni” non riuscivano a smettere di ridere, commentando la serata all’interno dell’auto che li trasportava a casa.






Durante quelle giornate, Antonio si vedeva più spesso con Alberto e Sandro. Alberto era un collega dell’università con cui erano diventati amici sia sul piano politico, ma soprattutto su quello personale, confidandosi la delusione per i due grandi amori sfortunati di cui erano stati protagonisti. Antonio, durante quegli anni universitari, aveva amato Francesca e con la stessa intensità Arturo aveva amato Silvana. Sandro invece era un amico d’infanzia. Con lui aveva frequentato la scuola elementare, la media e il Liceo Scientifico. Sandro era l’amico con cui Antonio si vedeva separatamente dall’ambiente dell’università ed anche dalle frequentazioni relative alla militanza politica di quegli anni. Con lui aveva fatto i primi viaggi fuori dall’Italia ed era una presenza costante della sua vita.
Antonio ed Alberto facevano spesso coppia per conoscere nuove ragazze ed i commenti seduti in macchina a fine serata, sotto casa di Antonio, duravano anche delle ore.
Antonio aveva la patente ma non l’automobile. Non era molto appassionato della guida, ma non aveva del resto i mezzi economici per acquistare un’auto. Il pilota ufficiale era, pertanto. Alberto che, al contrario, era un grande appassionato di motori ed affezionatissimo alla sua Cinquecento. Una sera, tornando da una serata con pizza in un paesino sulle pendici dell’Etna, gli equipaggi amici, man mano che si scendeva lunghe le strade tortuose che portavano in città, si sfidarono in una pazza corsa. Nella Cinquecento di Alberto, stava seduto a lato Antonio, mentre, nell’altra auto, c’erano Mimmo e Marcello, due colleghi ed amici universitari. Man mano che si andava avanti, Alberto prese un vantaggio sull’altra macchina. I volti dei due giovani erano tesi ed eccitati. Nell’ultimo tratto, prima di arrivare in Città, il percorso era a senso unico ma con una strada stretta e tortuosa. Le curve si succedevano l’una all’altra rapidamente, mentre la macchina avversaria incalzava da vicino. Ad un tratto, subito dopo una curva, ecco che l’auto di Alberto ed Antonio si ritrovò improvvisamente   con un muro davanti che copriva una curva a gomito. La Cinquecento era lanciata e frenare sarebbe stato un disastro, con uno schianto certo. Non c’era abbastanza spazio.
Alberto, senza pensarci su, entrò nella curva a gomito e di controsterzo portò la macchina fuori da quell’incubo. Antonio era rimasto freddo e vigile, teso come un arco. Un boato uscì dalle gole di Alberto ed Antonio misto ad una risata che squarciava il silenzio assordante di qualche istante prima. Non riuscivano a credere di esserne usciti fuori senza danno e, subito, alla tensione subentrò un senso di trionfo e di potenza. L’altra macchina, che li seguiva, si accostò con calma alla Cinquecento di Alberto, che ora procedeva lentamente.
- Ma siete pazzi? - gridò Mimmo- affacciato dal finestrino della sua auto
- Si, è stato pazzesco – rispose Antonio – mentre Alberto gridava e rideva!
Tutti, dopo, scesero dalle macchine per abbracciarsi e ridere senza fine.





Qualche tempo dopo, durante l’estate, Sandro ed Antonio organizzarono una passeggiata pomeridiana al Luna Park con alcune ragazze che abitavano vicino  a casa di Sandro. Una delle due ragazze si chiamava Lina, abitava proprio nel suo stesso palazzo e si conoscevano sin da piccoli. L’altra ragazza, amica di Lina, abitava poco distante, in un villino a due piani degli anni ‘50 ,e si chiamava Laura. Era molto carina; anzi, nel gergo che si usava tra maschi, si poteva affermare che era proprio “bbona”.
Era una giornata calda, ma con il cielo terso che rendeva sopportabile la temperatura elevata. Ben diversa dalle giornate di scirocco, quando il termometro saliva insieme ad un alto grado d’umidità rendendo il caldo insopportabile. Il Luna Park si trovava sul lungo mare nuovo dopo Piazza Europa dalla parte della costa verso Ognina, Aci Castello ecc. I ragazzi si organizzarono per andarci con  la macchina di Sandro,  con Antonio a lato e le due ragazze dietro.
Sembravano tornati bambini quando gridavano eccitati sull’Otto Volante. Dopo, dall’altezza della grande ruota poterono ammirare romanticamente il tramonto sul mare e quindi si tuffarono in una sparatoria al bersaglio dove Antonio, con il suo fucile, diede prova di una grande mira e, dopo aver collezionato un innumerevole numero di centri, vinse uno splendido orsacchiotto che regalò a Laura.
Al ritorno, la composizione dell’equipaggio in macchina  fu diversa. Sandro sempre alla guida ma con accanto Lina ; mentre, Antonio  fece compagnia , nel sedile posteriore, a Laura. Antonio sentiva la vicinanza della ragazza accanto a sé ed il suo calore lo eccitava. Non poté fare a meno, quindi,  di avvicinare la sua coscia a quella di Laura e contemporaneamente prenderle la mano. Laura non disse niente ma non ritirò la mano , lasciandola in quella di Antonio. Per tutto il tragitto non parlarono , mentre il cuore di Antonio batteva all’impazzata, la sua mano accarezzava quella di Laura e le due cosce continuavano a mantenersi strettamente attaccate.
-Ciao a presto- gli disse Laura-come se non fosse successo niente-
-Ciao  ti telefono -rispose Antonio.
Nei giorni seguenti,  Sandro confidò ad Antonio  di aver avuto sentore da   Lina circa  una richiesta di notizie di Laura su di lui.
In particolare, voleva sapere che tipo eri – gli disse Sandro- Se sei un pazzo, un farfallone , uno… stronzo.. in poche parole, che si diverte a prendere in giro le ragazze per prenderle e poi lasciarle.
-E Lina che le ha detto? - chiese  questo punto Antonio
- Che ti conosce da sempre -rispose Sandro- Che puoi dare l’impressione di essere impulsivo, ma che sei un bravo ragazzo. Laura a questo punto si è tranquillizzata e sembra che sia in attesa di una tua telefonata. Che aspetti?
-Niente. Hai ragione. Oggi la chiamo- concluse Antonio
Quel pomeriggio la chiamò e comprese, con piacere, che Laura ne era rimasta contenta.



Si videro un pomeriggio, per una passeggiata ed un cinema. Lei era venuta con la sua cinquecento bianca. Lasciarono l’auto vicina al cinema Odeon  in una traversa di Via Umberto e decisero di fare due passi a piedi, visto che mancava una mezz’ora per l’inizio del film.
Laura accettò che Antonio la prendesse sotto braccio  e lui ne approfittò per sfiorarle il seno. Il contatto fra di loro era magico e carico di passione. Svoltarono in una viuzza secondaria , senza gente, e si baciarono a lungo. Non riuscivano a staccarsi e così   fu anche durante tutta la proiezione del film. Il contatto, seduti l’uno accanto all’altra nel buio della sala cinematografica, era ancora più intenso. Antonio  non riusciva a trattenersi e Laura non si tirava indietro. Da quel giorno la loro confidenza diventò sempre più forte e per tutto il tempo che stavano insieme erano appiccicati l’uno all’altra.  Antonio confidò a Laura che per lui era la prima volta e che la desiderava tanto. Lei ne fu contenta e gli confidò che aveva già fatto l’amore con il suo precedente fidanzato. Approfittarono del fatto che la madre di Antonio era in viaggio a Roma dal fratello e andarono a casa sua. La prima volta di Antonio fu  così ,proprio a casa sua. Nel suo letto e amorevolmente guidato da Laura. Quella ragazza lo faceva impazzire! Il piacere di Antonio aumentava, senza che potesse controllarlo, nel seguire la passione di Laura , i cui gemiti diventavano grida seguendo il ritmo dell’amore. Antonio si ritrovò così a fare di nuovo l’amore con Lei e questa volta a lungo , desiderando che non finisse mai e trovando quindi la felicità insieme .
Da quel giorno , ovunque si trovassero erano un corpo solo , una sola passione che li travolgeva. La madre di Antonio stava per tornare a casa e così diventò necessario trovare un posto dove incontrarsi. Antonio trovò una piccola casetta di un vano con bagno  e con la porta d’ingresso affacciata in un cortile di un quartiere popolare a due passi  dalla via  che portava alla Plaja. L’anziana signora  proprietaria lo aveva accolto con simpatia ed avevano concordato un prezzo accettabile per l’affitto. Alberto lo aiutò a portare un letto ed un  materasso nella casetta .Quella mattina , prima di chiedergli la cortesia di aiutarlo, quando Alberto aveva bussato per venirlo a prendere , Antonio , sulla porta di casa , sorridendo gli aveva detto:“ fatto”. Alberto aveva capito subito di cosa si trattava e  sorridendo lo aveva abbracciato forte.
-Bravo Antonio . Ce l’hai fatta! Raccontami com’è stato ?
- Non c’è cosa più bella Alberto e quando la vedi godere ti fa impazzire: È come se trovassi finalmente la casa che hai sempre desiderato! Adesso però mi devi aiutare a traslocare.
Antonio cominciò a raccontargli della casa  presa in affitto e della necessità del trasporto almeno di un letto e di un materasso. Facendo un sondaggio fra gli amici, trovarono una rete pieghevole adatta allo scopo ed un materasso. Così, in un baleno, la casa era arredata.
Antonio e Laura divennero  degli assidui frequentatori di quella casa,  donandosi i loro corpi e la loro passione.
Qualche tempo dopo, Laura invitò Antonio a casa sua  e gli fece conoscere i suoi genitori . Erano persone simpatiche ed aperte. Certo,  fu per loro una sorpresa  vedere che il ragazzo della figlia era di colore. Parlando con il padre di Laura , Antonio  fu contento di capire che era un  progressista e sindacalista . Parlarono a lungo, ma discretamente. Gli chiese quali fossero i suoi progetti per l’avvenire . Antonio gli raccontò che era rimasto senza padre da poco e che contava di laurearsi al più presto e trovare lavoro, cominciando anche dal basso se era necessario. Aveva anche delle aspirazioni per la carriera universitaria, ma la cosa era molto difficile. Certo, era ben conosciuto e stimato da tutti i professori ma non era detto che accettassero di avere come assistente un contestatore . Laura, dopo un po', lo tolse dall’imbarazzo per fargli vedere la sua stanza e si baciarono appassionatamente anche con i genitori di lei a due passi, nell’altra stanza. Laura era molto contenta di quell’incontro ed il giorno dopo volle parlare  con Antonio del loro futuro.
-Antonio  che ne pensi di noi due? Stiamo bene insieme , vero?-disse Laura
- Si! Io ti amo -rispose Antonio
- Anch’io disse Laura e voglio vivere con te. Fidanziamoci  e appena avrai un lavoro potremo sposarci.
- Laura io non credo nella famiglia tradizionale- rispose Antonio- Io voglio essere libero e seguire i miei sentimenti senza ipocrisia: Noi staremo insieme, vivremo insieme fino a quando ci ameremo  ma dobbiamo essere liberi di lasciarci se il nostro amore un giorno dovesse finire: Non possiamo esser schiavi di un’ istituzione ipocrita. Non ne abbiamo bisogno. Il nostro amore e la nostra passione sono più forti di ogni regola.
- Antonio , io non voglio essere la tua amante o qualche cosa di peggio,  che usi e lasci quando vuoi- disse Laura- Io voglio un avvenire  con una persona  che si voglia prendere cura di me. Una persona che si prenda degli impegni importanti per stare con me.
- Laura non ci capiamo- rispose Antonio- Io voglio stare con te. Io ti amo e mi voglio prendere cura di te in un modo nuovo: Noi dobbiamo esser dei compagni di vita , liberi ed uniti affrontando insieme il futuro fino a quando ne saremo convinti : Senza finzioni od obblighi al di fuori del nostro  amore.
Laura non rispose ma era cambiata in volto.
- Così non m’interessa Antonio – gli disse- pensiamo ad una vita diversa ed è meglio che ci pensiamo sopra  tutti e due.

Da quel momento Laura non accettò più di uscire con Antonio, nonostante lui glielo chiedesse ogni giorno ed ogni volta che Lei rispondeva al telefono. Poi cominciò a negarsi . Rispondeva sempre la madre o qualche volta la sorella più piccola . Antonio era distrutto. Vagava per la città  come un cane randagio. Poi ricominciò a parlare con i suoi amici di quello che era successo. Alberto gli diede torto. Se si aveva la fortuna di una passione come quella  perché non pensare al matrimonio? Gli altri invece , specialmente  Maurizio , Mimmo e Beppe erano d’accordo con Antonio. Non si potevano  tornare a seguire le regole della  società che avevano contestato. Dovevano vivere in un modo nuovo. Dovevano capire insieme come si poteva costruire un mondo nuovo!



Si cominciarono a trovare a casa di Antonio, perché la madre era ripartita per Roma e così si era tutti più liberi. Si vedevano dopo cena e la prima grande passione comune era rappresentata dalla musica e dal modo di viverla insieme. Ognuno portava dei “long playing” e si ascoltava la musica liberamente sdraiati sul pavimento del salone della casa di Antonio, utilizzando i cuscini del divano e di altre stanze, per stare più comodi. Si spegnevano le luci centrali, mantenendo solo quella della lampada ad angolo, e si ascoltava la musica in sottofondo, entrando contemporaneamente in una fase di rilassamento e di meditazione.
I dischi preferiti erano quelli dei Pink Floyd e specialmente  “Atom Earth Mother” èThe Dark Side of the Moon”.
Erano molto apprezzati anche i King Crimson ed i Genesis…Emerson, Lake e Palmer ma anche i cantori della West Coast a cominciare da Crosby, Still, Nash e Joung. Piacevano anche i Traffic ,i Jefferson Airplanes, gli Hot Tuna, gli Yes e Simon e Garfunkel , gli Eagles e tra gli italiani soprattutto la PFM ed il Banco del Mutuo Soccorso, di cui alcuni avevano ammirato il concerto tenuto all’interno del festival dell’Unità  a Roma.
Era stato definitivamente sdoganato Battisti, amato praticamente da tutti. Si fumava tanto e spesso. Quando qualcuno rimaneva senza sigarette, si fumava la stessa girandosela gli uni con gli altri. Poi, quasi inavvertitamente, cominciavano le discussioni. Prima interessavano magari i due più vicini. Dopo, qualcuno si avvicinava  seguito da un  altro ancora e così via.
In quella dimensione,  confidenziale e di amicizia personale, era più facile mostrare il proprio animo e parlare di sé stessi e dei propri problemi. Il gruppo iniziale, sempre presente in quelle serate, non superava le  tredici , quattordici persone fra ragazzi e ragazze. Si era valutata l’ipotesi di ripetere l’esperienza delle comunità Hippies americane; ma, alla fine,  si era stati tutti contrari.
Non c’erano le condizioni  per un’esperienza di quel tipo.  Nessuno aveva una particolare abilità artistica, artigianale o lavorativa che potesse dare vita immediatamente ad un percorso comune di lavoro autonomo, con degli introiti  da dividere, per tentare  l’avvio di una comunità. No, era meglio non porsi quell’obiettivo e limitarsi, per il momento, a discutere su come vivere, ad esempio, i sentimenti più intimi in maniera diversa dal passato. Senza sottomettersi all’idea di ripetere i ruoli  sociali prefigurati.
Le discussioni più sentite riguardavano  soprattutto i sentimenti , l’amicizia , il sesso , l’amore.
Se la proprietà privata era un furto come si poteva concepire che si avesse la proprietà di una persona ? L’amore doveva essere libero e seguire sempre il proprio libero impulso. Senza obblighi  e costrizioni. La fedeltà non aveva senso, se era un obbligo.
L’istituzione familiare aveva un senso? Forse, per garantire i figli, si poteva fare un compromesso; ma, solo dopo una normale convivenza e sempre che,  nel frattempo, non si avessero nuovi rapporti.
Antonio seguiva con attenzione questi discorsi e li condivideva;  ma, come tutti, poneva poi il problema di accettare l’evidenza dell’innamoramento.
Non c’era dubbio che  ci si innamorasse  ed allora che senso aveva parlare di libero amore?  Forse, si poteva dire che la libertà non poteva negare  il sentimento particolare nei confronti di una persona speciale. Così tutti accettarono il concetto  che si potesse avere un rapporto “privilegiato”. Un rapporto di coppia speciale che, comunque, doveva essere vissuto in piena libertà da parte dei componenti della coppia  e senza escludere le altre persone, isolandosi.
In quei giorni era  tornato  da Firenze Eugenio, un amico fraterno di Antonio , suo compagno di banco  al Liceo, che si era trasferito in quella città per iscriversi alla facoltà di Architettura.
A tempo perso s’interessava di yoga, meditazione e psicologia di gruppo. Con i suoi amici, a Firenze, aveva sviluppato discorsi molto simili a quelli del gruppo di Antonio. Avevano  vissuto un’esperienza interessante,  chiamata “ psicodramma”, di cui Eugenio era entusiasta, e subito propose ad Antonio di sperimentarla  insieme ai suoi amici.
La proposta fu subito accettata da tutti che, curiosi, aspettarono con impazienza la sera stabilita per provare questa nuova esperienza. Come sempre, l’appuntamento era a casa di Antonio, approfittando della lunga assenza della madre e del fatto che  l’appartamento aveva un ingresso  autonomo ed i vicini , anziani , non venivano disturbati più di tanto.
La musica di sottofondo era d’obbligo e come sempre la preferenza fu accordata ai Pink Floyd. In prima battuta, tuttavia , questa volta  Eugenio  diede disposizione di mantenere le luci centrali del salone tutte accese. Dovevano vedersi bene  e sentirsi. Dovevano, infatti,  lasciarsi andare al ritmo lento della musica  e ,dondolandosi  l’uno davanti all’altro, cominciare a toccarsi per conoscersi , scambiando poi il compagno o la compagna della coppia. Poteva dare l’impressione di un “ tuca tuca” di  Raffaelliana memoria;  ma, lo scopo era quello di superare la barriera del contatto fisico per creare un nuovo più alto livello di confidenza, che avesse anche una componente corporale. Quando l’ambiente si era disteso e ammorbidito. Eugenio fece stendere a turno delle persone per terra chiedendo poi a tutti di toccarle contemporaneamente. Di carezzarle per tutto il corpo , evitando solo le parti intime. Anche Antonio ebbe lo stesso trattamento di tutti e non poté negare la piacevolezza della cosa  unita, per certi versi, ad un certo imbarazzo. Non ebbe tuttavia il tempo di definire meglio le sue emozioni perché, a quel punto, Eugenio diede l’indicazione di separarsi tutti , di spegnere le luci e rimanere  al buio nel più totale silenzio.
Era una sensazione strana. Non c’era niente di cui preoccuparsi. Erano tutti amici ; tuttavia, si avvertiva un sentimento misto fra inquietudine ed empatia. Il tempo passava e l’emozione aumentava. Ad un certo punto, Antonio cominciò a star male e ,quando Eugenio chiese se c’era qualcuno che voleva parlare , non seppe trattenersi dall’esprimere il proprio malessere.
- Cosa senti? Cosa provi? - gli chiese Eugenio?
- Non so perché…. ma sto male. Ho una sensazione di fastidio e di oppressione, qui nel buio. Mi sento a disagio- rispose Antonio
- Cerca di parlare di questo disagio- insistette Eugenio- di che si tratta?
- Ho come la sensazione di sentirvi distanti. Di non essere capito. Come se mi sopportaste, ma  non vi trovaste bene insieme a me -continuò allora Antonio
- Pensi che non ti vogliamo bene? Che non ti consideriamo? - gli chiese Eugenio
- Si…. ho questa sensazione e mi fa stare male. Mi dispiace e mi sento solo.
A quel punto tutti cominciarono a parlare e spiegare ad Antonio che, in realtà, lo apprezzavano e gli volevano bene. Poi, anche altri vollero manifestare il proprio disagio   che fino a quel momento avevano taciuto. La discussione si trasformò così in una vera confessione   collettiva. Il risultato fu che, alla fine, si sentirono tutti molto più amici di prima e uniti da un vincolo quasi di fratellanza. La musica continuava a riscaldare l’atmosfera secondo uno stile “New Age”. Tuti si sentivano più rilassati e cominciarono ad alzarsi ed a ballare sia da soli che in gruppo, muovendosi liberamente. Le coppie si formavano e si alternavano con facilità. Antonio si trovò a ballare in gruppo con Alessandra, una ragazza amica di  Alberto con cui erano usciti alcune volte, con lo stesso Alberto e con  Carla , amica di Alessandra.  Antonio e Alessandra cominciarono a guardarsi più intensamente e rimasero a ballare da soli. Poi, senza neanche pensarci, Antonio baciò profondamente Alessandra che lo corrispose . Continuarono a ballare ancora un po' insieme,   ma dopo si staccarono per ballare autonomamente in mezzo al gruppo in una sinuosa danza  collettiva .




Da quel giorno le adesioni al gruppo aumentavano sempre di più. L’interesse cresceva e un giorno c’era tanta di quella gente che la riunione fra amici diventò in realtà l’assemblea di un gruppo. Si erano aggiunte diverse persone e soprattutto un’area alternativa che fino a quel momento non aveva trovato contatti con il mondo della contestazione politica giovanile. Questi ragazzi avevano sviluppato parallelamente una rete di attività e di comportamenti alternativi più legati alla musica ed allo stile di vita. Molti frequentavano sempre gli stessi posti della città per ritrovarsi e conoscersi. Uno era tipicamente costituito dalla scalinata d’ingresso della Villa Bellini. A fare da tramite fra gli amici di Antonio e queste nuove persone erano state, in particolar modo, alcune ragazze simpatizzanti del Movimento Studentesco ma sempre rimaste sostanzialmente ai margini. Una sera, discutendo della situazione fra gli amici più stretti, sembrò opportuno cercare una sede dove incontrarsi perché ormai, considerato   il numero delle persone interessate all’iniziativa, sembrava impossibile riunirsi a turno a casa di qualcuno. Si trovò così a buon prezzo uno scantinato, in una zona abbastanza centrale. Si accedeva da un ingresso a livello stradale e subito dopo con una piccola scaletta si   entrava in un primo vano di disimpegno con bagno attiguo e subito dopo in una grande sala. Era uno spazio più che sufficiente. Ci si mise subito all’opera per pulirlo e ripitturarlo di bianco ed alla fine, almeno alla vista, l’aspetto era soddisfacente. Ognuno poi cercò di portare qualche pezzo di mobilio non più utile e destinato ad essere eliminato. Delle sedie, dei materassi vecchi dove sdraiarsi, un tavolo. Antonio portò anche dei quadri che aveva dipinto qualche tempo prima per colorare un po' l’aspetto delle pareti. A questi si aggiunsero diversi manifesti.
Era bello poter avere un luogo d’incontro dove sapevi che avresti trovato quasi sempre qualcuno intento a leggere o ad ascoltare la musica o a discutere con altri. L’allargamento del gruppo a nuove persone, con un vissuto diverso, poneva tuttavia non pochi problemi sia di ordine culturale ed ideale, che pratici. Per la prima volta, quella che era stata l’omogeneità culturale del gruppo veniva messa in discussione e questo creò non pochi problemi e divisioni. Molte delle nuove persone che si erano unite al gruppo non avevano un vissuto di militanza politica ed anzi lo rifiutavano. Sottolineavano, al contrario, l’importanza di comportamenti che fino a quel momento erano stati considerati da quasi tutti come sbagliati. In particolare, Antonio ed i suoi amici si trovarono a doversi confrontare e decidere come comportarsi di fronte persone che facevano uso di droghe e sostenevano l’idea di un comportamento sessuale totalmente libero. Una di quelle sere, mentre si ascoltava la musica seduti tutti insieme per terra su dei cuscini, Antonio vide che in una parte della stanza alcuni cominciavano a passarsi l’un l’altro una sigaretta accesa, aspirandola profondamente. Poi, dopo, avvertì un odore particolare ed intenso; mentre, qualcuno cominciava a gesticolare in maniera strana, come se si muovesse al rallentatore. Giorgio e Paolo, ragazzi più giovani   fra i militanti del Movimento Studentesco e che fin dall’inizio erano stati fra i protagonisti del gruppo, stavano partecipando anche loro a quel rito e dopo un po' cominciarono a ridere come se fossero ubriachi. Giorgio si alzò, un po' barcollando, e cominciò a muoversi cercando di danzare, seguendo la musica, ed aspirando contemporaneamente lunghe boccate di fumo. Si avvicinò e sorridendo con voce impastata offrì il “fumo” ad Antonio che tuttavia rifiutò. Quella era una delle cose da cui non era attirato. Non lo interessava completamente provare quella forma di rilassamento o di euforia (supponeva) prodotta da sostanze. In quel periodo, semmai, si era interessato a forme di meditazione orientale ed aveva sperimentato su di sé delle tecniche di respirazione e di meditazione. Più volte aveva provato la meditazione in assoluto silenzio, per molto tempo, in un ambiente naturale che a lui piaceva molto come davanti al mare al tramonto ed aveva provato quello che nei libri che aveva letto definivano come “compassione”. Un sentimento di appartenenza e di compenetrazione nella realtà naturale interna ed esterna al proprio corpo, accoppiato ad una sensazione di piacere e di emozione.
Giorgio lasciò Antonio e, danzando, si diresse verso Paolo che “fumava” seduto accanto ad un ragazzo nuovo, Fabrizio e a delle ragazze che non conosceva. Quel gruppetto si andava allargando e ben presto alcuni si trovarono a giacere per terra persi nelle loro emozioni, altri continuavano a ridere in maniera irrefrenabile, altri ancora cominciarono a toccarsi ed accarezzarsi. Antonio ebbe la sensazione che per lui la serata era finita e che desiderava uscire a prendere una boccata d’aria fresca. Si allontanò inosservato e si ritrovo per strada all’interno di una notte ormai silenziosa. Passeggiava tranquillo andando verso casa accompagnato saltuariamente dal passaggio di qualche auto. Quante volte era passato per quelle strade! Conosceva quasi la forma ed il disegno di ogni pietra. Da ragazzo, spesso, i suoi spostamenti avvenivano di corsa. Gli piaceva correre per la strada per raggiungere un appuntamento o spostandosi verso una meta. Adesso invece era bello camminare, solo nella notte, andando verso casa.



Nei giorni seguenti Antonio ebbe modo di parlare con Giorgio di quella sera e così scambiarono le loro opinioni sul “ fumo” . Giorgio  gli raccontò che la sua esperienza era stata molto gradevole e che sicuramente l’avrebbe ripetuta . Anche Paolo e molti altri erano d’accordo su questo punto . Paolo poi era una persona intelligente e molto curiosa . Diventato più intimo di Fabrizio , questi gli aveva fatto provare l’acido e Giorgio era un po' preoccupato  per Paolo che, spinto dalla curiosità, era pronto a superare ogni limite  e provare qualunque cosa.  Antonio venne poi a sapere che il “ fumo” era la parte minima del problema. Vi erano diverse persone nuove che facevano uso di eroina e Giorgio aveva trovato una siringa  nello scantinato. Questo poneva dei problemi seri ed Antonio decise di discuterne  in  una riunione riservata solo ai fondatori del gruppo.
-Ragazzi , premetto che non faccio un discorso di ordine morale _ esordì Antonio- anche se personalmente ritengo che l’uso della droga pesante sia dannoso per la salute fisica e mentale. Non mi venite  a dire che un percorso di riscatto personale e di libertà passino attraverso la  dipendenza da sostanze . Questo è il contrario esatto e penso che tutto quello che volevamo fare, da quando ci siamo impegnati anche politicamente,  era l’opposto .
- Si ma non starei a giudicare – rispose Paolo- ognuno segue un percorso originale e deve essere libero anche di sbagliare, se vuole farlo. Se non si prova , se non si hanno esperienze  nuove, non si cresce.
- Ho capito – rispose Antonio- ma non si deve provare per forza tutto  per crescere . Se sai che qualcosa ti fa male ti fermi;
-E chi lo dice che fa male se non lo provi? – disse Paolo
- Ragazzi non fermiamoci su questo punto- disse Giorgio-Il motivo della riunione  non è se sia giusto o meno drogarsi. Questo lo discuteremo  dopo. Intanto, dobbiamo capire come comportarci. Non possiamo permettere che venga usato lo scantinato per drogarsi in santa pace. Possiamo essere oggetto di perquisizione da parte della polizia  e finire tutti in grosse difficoltà .Dobbiamo stare attenti ed evitare di trovarci in una situazione non gestibile.
- Io sono d’accordo - disse Antonio- dobbiamo garantire che il progetto vada avanti e così mettiamo tutti in pericolo .
-Che dobbiamo fare  secondo voi?- Chiese Paolo
-Posso dire la mia ? chiese Pippo, che fino a quel momento aveva ascoltato in silenzio.
-Certo – dissero tutti
-Bene! Propongo che le chiavi d’ingresso siano affidate solo a poche persone-disse Pippo-   che garantiscono l’apertura del locale in determinate ore e giorni assicurando un controllo su quanto avviene, grazie alla loro presenza. Capisco che comporterà un impegno  gravoso e quindi dobbiamo immaginare di ridurre la possibilità di utilizzo di questi locali; ma , per il momento, farei in questo modo
- Io direi anche di parlarne alla prima occasione -aggiunse Antonio- anche a costo di sollevare malumori e obiezioni . È meglio chiarirsi le idee ed affrontare il problema.
Decisero di procedere in questo modo . Ognuno dei quattro  si assunse il compito di custodire una copia delle chiavi e di gestire un giorno a turno la settimana sotto la propria responsabilità. Tre giorni restavano non coperti  e lasciati all’iniziativa libera  di ciascuno. Avevano lasciato non coperti proprio  il fine settimana  e cioè venerdì , sabato e domenica , quando  era facile che potessero essere presenti in più di una persona.
Decisero di parlarne con gli altri proprio  quel sabato  quando, verso sera, sapevano che sarebbero stati tutti insieme .
Avevano organizzato un incontro in cui ognuno avrebbe portato qualcosa da mangiare e da bere,  per passare insieme la serata. Quando l’atmosfera era già rilassata  e tutti stavano a proprio agio, seduti a piccoli gruppi chiacchierando fra di loro , Giorgio chiese un attimo d’attenzione  e provò a spiegare le ragioni della loro decisione, pregando tutti di astenersi dall’utilizzare  droga in quei locali . Inevitabilmente,  pur accettando quella decisione, molti ne criticarono il significato implicito.
-Questo è un modo di dirci che non siamo graditi – disse Margherita, una delle ragazze  che erano entrate  nel gruppo di recente e che era una delle “alternative “ che occupavano “ i gradini della scalinata di Villa  Bellini.- vi spacciate per progressisti , dite di voler essere aperti e che desiderate un mondo nuovo ma siete vecchi dentro.
- Margherita – rispose Pippo-  questo luogo , il nostro gruppo può essere sorvegliato dalla polizia . Gran parte di noi è schedata dalla polizia politica che controlla le attività giovanili in città e può guardare  con attenzione al nostro gruppo. Dobbiamo stare attenti ed evitare che possano trovare sostanze in questo scantinato o persone in stato  tossico. Lo  capisci?
- Si ma Margherita pone un problema più grosso – intervenne  Fabrizio-  Voi non tollerate  chi di noi fa uso di droghe. Ho paura che non solo siate contrari    all’eroina o all’acido, ma anche all’erba, che fa solo che bene! Ti rilassa, ti fa stare bene con te e con gli altri.
-È vero -confermò Margherita seguita da  tanti altri.
-Ragazzi   io , personalmente sono contrario all’uso di droghe -disse Antonio – ma qui non stiamo parlando di questo; ma, di non usarle in questi locali. Poi , fuori di qui, ognuno è libero di fare quello che vuole. Io non lo condivido;  ma, questo non significa che non voglio che stiate nel gruppo, esattamente come gli altri.

La discussione andò avanti così senza una reale intesa; ma, per lo meno, passò il principio di come dovevano essere utilizzati  quei locali.
Uscendo,  Antonio si trovo a fare un pezzo di strada con  Massimo , un ragazzone di quasi un metro e novanta, amico di Giorgio e di ca. due anni più piccolo di Antonio. Aveva frequentato   il Liceo Scientifico ed ora la sua stessa università.
- Insomma,  non lo sopporti proprio chi si droga? – cominciò Massimo
- No, non è vero- rispose  Antonio- non lo condivido ed in alcuni casi mi dispiace per chi lo fa , specialmente quando è una persona a cui tengo.
Seguì un momento di silenzio. Poi , Antonio continuò dicendo
-Massimo  , ancora, ancora riesco a capire l’uso dell’erba quando è saltuario; ma, ho dei dubbi che presto o tardi non si crei dipendenza e, a quel punto, diventa una schiavitù che ti cambia e ti rende diverso. Non mi piacerebbe caderci dentro. Ma , lasciamo perdere l’erba! Quello che non posso  accettare è che un amico cada nella spirale della droga pesante. A quel punto per me è come se si ammalasse. Come fai a dire  che è positivo, che ti allarga  la mente , che ti rende più libero?
- Antonio, fortunato tu che non ne hai bisogno!-rispose Massimo _ ogni vita è però diversa. Ognuno di noi può avere dentro un dolore insopportabile da cui riesce ad uscire solo in quel modo. Finalmente stai bene , sei in pace  ! Non soffri più! Ti pare niente?
- Massimo io non sto a giudicare nessuno. Mi dispiace invece, profondamente, che per uscire dalla sofferenza si debba farlo in questo modo. Hai tanti amici che ti vogliono bene e ti stimano . Non ti sentire solo. Tu poi credi in cose belle,  che illuminano la vita. Perché devi lasciarti andare  a questa nebbia? A questa visione nera della vita?
-Antonio sei fortunato , te l’ho detto. Non sempre è così! A volte, ti porti dentro dolori antichi che non se ne vanno e ti tormentano ad ogni passo. Poi, l’importante è riuscirne a fare a meno delle sostanze, se lo vuoi . Non diventarne schiavo sempre. Darti delle regole  e  cercare di controllarti, per non aumentarne troppo la necessità.
- Ma tu ci riesci?- gli chiese Antonio-
- Ci provo -rispose Massimo.- Ciao , io vado da questa parte
- Ed io per di qua – disse Antonio scherzando- le nostre strade si dividono!
- Hai visto? Te lo dicevo io! -rispose Massimo e si allontanò a grandi falcate nella notte.
Antonio non avrebbe mai pensato in cuor suo che quella era l’ultima volta che lo vedeva e che gli parlava.
Massimo, da quel giorno  non si vide più nello scantinato perché aveva ottenuto un lavoro temporaneo come venditore di una collana di libri e girava tutto il giorno per la città .
La sera, era stanco morto e rimaneva a casa.
Tutto normale , tutto regolare ! Passato quel periodo, si sarebbe rifatto vivo, pensarono tutti, ricordando la simpatia di quel ragazzone.
Ma la vita è particolare – come ripeteva spesso Massimo – e quel ragazzone non tornò più nei locali di quello scantinato affittato dai componenti di un gruppo di ragazzi che volevano  contribuire a realizzare un mondo nuovo.
Quel mondo, per Massimo, non c’era più o forse l’aveva già raggiunto in anticipo, giovane  vittima di una dose eccessiva o mal tagliata o chissà che cosa.
Tutto il gruppo  partecipò in profondo silenzio ai funerali di quel  “compagno” andato via troppo, troppo presto.




Da quel giorno nulla fu più lo stesso.
Quello che era successo aveva colpito gli animi profondamente e rafforzato in molti la convinzione della necessità di prendere le distanze da un atteggiamento troppo disponibile nei confronti dell’utilizzo delle sostanze stupefacenti.
In quel momento, fu accolta con un certo sollievo la possibilità di accettare l’invito di Eugenio di passare il Capodanno a Firenze, realizzando in tal modo l’incontro con il suo gruppo. Eugenio aveva parlato con i suoi amici del gruppo di Antonio e tutti erano molto curiosi d’incontrarli. Per la maggior parte erano studenti; ma, qualcuno lavorava. Vi era la possibilità di essere ospitati, in qualche modo, a casa di qualcuno; mentre, per la notte di capodanno, c’era a disposizione la villa fuori città dei genitori di una delle componenti del gruppo. La casa disponeva di un salone molto grande e diverse camere da letto vuote.
Insieme ad Antonio arrivarono a Firenze altri sei amici, fra cui due ragazze. Le ragazze furono ospitate a casa della compagna di Eugenio e di una sua amica; mentre, Antonio e gli alti ragazzi si divisero fra la casa di Eugenio e quella di un suo amico. Questi  divideva l’appartamento con degli studenti fuori sede che, in quel momento, erano rientrati nella propria città.
Erano arrivati a Firenze la mattina del trentuno ,viaggiando in treno di notte, e già, in quelle prime ore del giorno, avevano avuto modo di presentarsi agli amici di Eugenio e discutere a lungo delle proprie esperienze e dei propri interessi.
Nel pomeriggio, si era andati poi in giro per Firenze. Passare sul Ponte Vecchio fu un’esperienza suggestiva. Camminare tra quella fila di piccole botteghe, ai due lati del ponte, intravedendo il fiume. Antonio si guardava intorno e fu impressionato dalla folta presenza di giovani. La percentuale di ragazzi era molto superiore di quella che era abituato a vedere, passeggiando per le strade della sua città. Gli spiegarono che la presenza di studenti fuori sede a Firenze era moto alta e questo spiegava questa alta percentuale di giovani per le strade. Passo dopo passo, si avviarono verso il centro, nella splendida piazza dominata dal campanile di Giotto e dalla basilica di Santa Maria del Fiore. Si diressero poi verso gli Uffizi e Piazza della Signoria dove era possibile ammirare una copia del David di Michelangelo e infine tornarono a casa per prepararsi   per la sera.
Quel pomeriggio, si era unito al gruppo di Antonio,  Eugenio e i suoi amici anche Aristide, un compagno di lotte e collega universitario. Era un ragazzo abbastanza socievole ed un po' timido; ma, allo stesso tempo, molto determinato nelle sue convinzioni. Sentiva con dispiacere il riflusso del movimento che si era ormai realizzato; ma, riteneva che tutto questo fosse accompagnato da una reazione forte e precisa dei ceti dominanti nei confronti della lotta dei movimenti giovanili ed operai.
-        Stanno cercando in tutti i modi di riconquistare gli spazi di autonomia, libertà e di coscienza che ci siamo guadagnati in questi anni. Aiutati anche da un colpevole distacco nei nostri confronti dei partiti revisionisti- diceva Aristide-
-        Pensavamo di poter cambiare le cose sollevando una grande partecipazione popolare, almeno operaia; ma, mi sembra che oggi siamo di fatto isolati e presi fra due alternative impraticabili. Fra le forze politiche tradizionali che hanno abbandonato il progetto socialista ed una radicalizzazione estremista armata, riservata a dei gruppi ristretti che mi sembrano al di fuori dalla realtà. – rispose Antonio-
-        Tenete presente che, comunque,  la vita va avanti. Noi abbiamo bisogno di lavorare e trovare una nostra collocazione nella società. Capire se potremo avere un rapporto con una donna talmente importante  da avere dei figli oppure no e vivere diversamente. Questi sono problemi nuovi che ci riguardano. - aggiunse Eugenio
-        Ma non capite che non c’è spazio per noi se non facciamo i conti con chi ci comanda? Sembra che gli estremisti siano i gruppi armati che si stanno organizzando per resistere. E come la vogliamo chiamare la violenza silenziosa e perbene che strazia la povera gente? Abbiamo visto le cariche della polizia alle manifestazioni studentesche e anche nei confronti degli scioperi operai. Abbiamo visto “compagni “chiusi in galera per resistenza, dopo essere stati picchiati dai poliziotti. Quella non è violenza? Come chiamare i signori delle industrie che tengono bassi i salari operai, aumentano i ritmi di lavoro e guadagnano soldi a palate sulle loro spalle? Vogliamo parlare poi delle condizioni della povera gente nei paesi sottosviluppati? Spogliati e rapinati delle loro materie prime dalle multinazionali?
-        Aristide, le cose che dici le vediamo tutti ma non sono evitabili   o risolvibili con un atto di forza di poche persone. È necessario che la gente prenda coscienza dell’importanza di modificare gli equilibri della società. È un processo lungo di trasformazione che deve coinvolgere le persone, la loro mentalità i valori in cui credono. Solo così si possono spostare veramente i rapporti di forza e perseguire gli obiettivi di equità sociale e di giustizia che desideriamo. Dobbiamo ottenere il consenso delle persone. Proporre nuove esperienze, modelli culturali, obiettivi immediati. – rispose Antonio
-        No Antonio- rispose Aristide- Le strutture di potere non cambiano da sole né si faranno cambiare da una popolazione che controllano e manipolano come vogliono. Bisogna rompere il “gioco” e c’è chi si sta preparando a farlo.
-        Che vuoi dire? - chiese Eugenio-
-        Non lo so – rispose in maniera elusiva Aristide- lasciamo stare questi discorsi. Piuttosto, a che ora ci vediamo stasera per festeggiare il nuovo anno?
-        Ci vediamo tutti nella villa in campagna di Marisa verso le undici di sera. Ognuno porta qualcosa da mangiare e da bere e così ci divertiamo e stiamo insieme. Saremo una trentina di persone e per una buona parte c’è la possibilità di restare a dormire. - disse Eugenio
A quel punto si salutarono e ognuno si diresse a casa per prepararsi.
Durante la strada per il ritorno, Antonio ed Eugenio procedevano silenziosi, chiusi nei loro pensieri. Le frasi dette da Aristide erano state pesanti. Antonio non avrebbe mai pensato che una persona così mite e gentile potesse giustificare delle posizioni così estreme. Gli faceva male tutto questo e si sentiva in dovere di riflettere su quello che poteva significare per la vita di molte persone. Ripensò anche alla recente scomparsa di Massimo che, per certi versi, gli sembrava simile a quello che poteva comportare una scelta estrema di lotta armata.
La realtà era che per molti giovani di quella generazione era estremamente difficile trovare una strada praticabile e degna d’inserimento in una società di cui non  condividevano le forme e le espressioni. Troppe cose erano state dissacrate e viste nella loro incoerenza ed ipocrisia rispetto a quanto veniva ufficialmente dichiarato, per poterci ancora credere. D’altra parte, ognuno di quei ragazzi desiderava in ogni modo di poter vivere con entusiasmo la propria vita. Ognuno sperava di poter trovare  una strada praticabile per il  cambiamento ed il progresso di una società di cui aveva visto e provato le contraddizioni. La stessa attività politica dei cosiddetti gruppuscoli “extraparlamentari” sembrava ad Antonio priva di reali prospettive sia teoriche che pratiche. Sarebbe stata auspicabile una grande capacità di trasformazione dei partiti popolari ed un ricambio della classe dirigente con l’inserimento di quella che si era formata nel corso delle lotte studentesche ed operaie. Sarebbe avvenuto? Era troppo presto per saperlo. Nel frattempo, la situazione era quanto mai complicata. In fondo, anche il progetto del gruppo di Antonio aveva a che fare con queste problematiche. In qualche modo si cercava di capire come relazionarsi in un modo diverso con la necessità di inserirsi nel mondo sociale adulto  senza rinunciare ai propri valori ed alle cose che si erano comprese.
Qual era lo spazio per il cambiamento? In che direzione doveva andare?
Capodanno era alle porte e tutti i ragazzi erano arrivati alla villa di Marisa






La villa era fuori città. Aveva un giardino attorno e si entrava in casa salendo una piccola scalinata. C’erano almeno quaranta persone fra i componenti del gruppo di Antonio, quello di Eugenio ed altri amici di Marisa. La villa aveva un salone immenso che sarebbe stato il cuore della festa; ma, anche altre stanze erano disponibili. La casa era completamente a disposizione. Marisa volle subito accompagnare gli ospiti a conoscere una delle meraviglie di quella struttura. Passando attraverso la cantina e scendendo da una piccola scala, si arrivava in un’autentica tomba etrusca. Antonio non aveva mai visto nessun reperto archeologico di quel popolo, che con la sua cultura aveva dominato l’Italia centrale prima dell’affermazione di Roma, e ne rimase affascinato. Tra la meraviglia di tutti, Marisa descrisse brevemente le caratteristiche del monumento ed i dettagli del suo ritrovamento. Era stata una esperienza importante e tutti risalirono nei piani superiori della casa, pensando in cuor proprio di essere stati fruitori di un grande privilegio. Ci si riuniva in piccoli gruppi per discutere e conoscersi meglio mentre, nel frattempo, le ragazze avevano preparato un ampio buffet da cui si attingeva per trovare da mangiare e da bere. Il vino toscano scendeva giù proprio bene. Tutti erano contenti e l’atmosfera era calda. Le risate risuonavano insieme alle note della musica immancabile di sottofondo dietro le cui note ritmate alcuni ballavano. Francesca, una ragazza del gruppo di Antonio, lo invitò a ballare. Era molto tempo che mostrava interesse nei suoi confronti ma, da quel punto di vista, Antonio non si era mostrato disponibile. Approfittò del contatto fisico per baciarlo ma, con un sorriso, Antonio, finito il ballo, si allontanò, cercando di non ferirla. Scoccò la mezzanotte e fra brindisi ed abbracci fu salutato l’anno nuovo; quindi, si sedettero tutti per terra nel grande salone e spuntarono le chitarre. Cominciarono a cantare e suonare per un po’. A questo punto, Antonio prese coraggio e chiese di poter suonare delle canzoni popolari. Gli fu data la chitarra e attaccò un suo cavallo di battaglia: “Sento il fischio del vapore”.
-        Ascoltate tutti! Prima canto solo io la frase musicale e dopo la ripetiamo tutti in coro. Ci state?
-        Siiii! – risposero tutti in coro.
E così Antonio cominciò:
- Sento il fischio del vapore è il mio amore che va vi..iaaaa! – ripetuto subito dopo da tutti     insieme in coro.
- Ed è partito per l’Albania, chissà quando ritornerà………………………………………………………………………………………………………………………………………………………cantò ancora Antonio
La seconda canzone fu “Nina, ti te ricordi “ed Antonio ebbe la sorpresa di essere accompagnato dalla stupenda voce di Conception.
-sai, io sono assistente all’università della Sapienza a Roma nella cattedra di Economia del sottosviluppo - gli disse la ragazza mentre parlavano dopo essersi scambiati i complimenti per come avevano interpretato quella canzone.
- Io invece mi debbo ancora laureare e spero di farlo al più presto. Dobbiamo avere la stessa età perché io ho perso qualche anno alle elementari prima di essere adottato.
- non so quanti anni hai tu, ma io ne ho ventisei
- vedi che avevo ragione?  Abbiamo la stessa età e siamo entrambi di colore anche se probabilmente di origini diverse. Il tuo nome mi sembra di lingua spagnola. Di dove sei?
- Sono nata in Brasile e poi la mia famiglia è venuta, tanti anni fa in Italia insieme ad un sacerdote che li aveva conosciuti a Rio. Io potevo avere cinque anni ma ricordo tutto. Padre Giovanni ha trovato un lavoro ai miei genitori presso una famiglia agiata che conosceva e ci siamo sistemati bene. Io ho potuto completare gli studi e sono riuscita a rimanere a lavorare all’Università.
- A me piacerebbe, ma capisco che è difficile e sono disposto a fare qualsiasi lavoro: Mio padre adottivo è morto da qualche mese: Mia madre è anziana e in questo periodo è proprio a Roma a casa di suo fratello.
- che bello! Allora possiamo rivederci a Roma-disse Conception- Io parto domani mattina presto e tu?
- No io mi fermo un altro giorno e poi vengo proprio a Roma a salutare mia madre e mio zio.
- Dai, allora scambiamoci  i telefoni.
Così fecero e dopo altri minuti passati piacevolmente insieme  ,,,,,,
-Adesso vado perché è tardi e devo preparare ancora la valigia…. Ciao! - gli disse sorridendo Conception
- Ciao- rispose Antonio
Ma allora non si canta più? – gridarono tutti ad Antonio che teneva ancora la chitarra in mano.
Certo -rispose- questa la conosciamo tutti ed attaccò la strofa della ballata del “ CHE GUEVARA”………………..Aprendimos a quererte……… desde la historica altura…………….
Suonava tamburellando contemporaneamente la chitarra con il dorso della mano   alla maniera spagnola o sudamericana ed il coro si levò forte nel salone della casa di Marisa. La figura del CHE era una di quelle che non si dimenticano ed era stata per tutti  romantica e allo stesso tempo sfidante. Continuarono così ancora per un po'. Poi, arrivarono le prime ore del mattino e uno alla volta si andò via non senza ringraziare Marisa per la sua ospitalità.
Antonio passò la notte a casa di Eugenio con altri quattro compagni del suo gruppo. Si accomodarono come capitava anche su materassi buttati a terra ma dotati tutti di calde coperte.
Si svegliò che era quasi mezzogiorno con una gran fame. Era troppo tardi per fare colazione e così insieme ad un Eugenio in stato di sonnambulismo decisero di passare direttamente a delle bistecche da fare arrosto sulla piastra. Antonio si offrì di prepararle mentre Eugenio si rifugiava in bagno per riprendere conoscenza. La cucina era di quelle antiche ma abbastanza grande per contenere un tavolo. Sulla sedia stava accoccolato il gatto di Eugenio che seguiva con interesse i movimenti di Antonio. Questi prese dal frigorifero due bistecche e le pose su di un piatto. Poi si mise a cercare la piastra e quando si voltò gli apparve una scena che non avrebbe mai dimenticato: la sua bistecca non era più sul piatto ad aspettarlo. Si trovava a penzolare dalla bocca del gatto che scappava via trionfante ed incredulo della sua preda che solo uno stolto poteva lasciare così incustodita. Antonio si affrettò così a prendere subito l’altra bistecca e metterla sul fuoco. Quando Eugenio fu di ritorno trovò una bella bistecca fumante sul suo piatto - Bravo Antonio e la tua? -chiese Eugenio_
-Scusa, sai avevo fame e non ho resistito a mangiarla subito. La frutta invece la mangiamo insieme. Ho visto che hai delle belle noci e poi ci mangiamo anche il panettone, che ne dici? -rispose Antonio.
Ma certo, -confermò Eugenio-
E fu così che il gatto fece un succulento pranzo di Capodanno e Antonio non dimenticò mai più quella lezione.
 L’indomani Antonio aveva deciso di partire per Roma, mentre gli altri compagni del gruppo si sarebbero fermati ancora qualche giorno. In ogni caso molti amici di Eugenio vennero a trovarlo nel pomeriggio per salutarlo e come al solito si approfittò dell’occasione per discutere insieme.
-Come avete passato questi giorni a Firenze?  E’ stato interessante? -iniziò Eugenio rivolgendosi ad Antonio ed ai ragazzi del suo gruppo anche loro presenti quel pomeriggio.
-Sicuramente è stato bello vedere Firenze e stare con voi-rispose Pippo- Potersi  confrontare con chi sta cercando di riflettere,  come noi, sugli stessi problemi , personalmente mi ha molto stimolato, Dovremmo mantenere questi contatti e avviare delle iniziative che consentano di diffondere ulteriormente le nostre posizioni.
- Quali posizioni?- chiese  Marisa
- Il nostro modo di gestire le relazioni fra le persone, una riflessione su che tipo di lavoro  è accettabile per inserirsi  autonomamente nella società .Come considerare il concetto di autonomia personale, di proprietà e altro ancora.
- Pippo , forse non possiamo fare tutto questo- rispose Antonio-. In questi giorni ho capito che non ci serve stabilire delle regole da seguire  o da indicare agli altri  ma di recuperare il senso per cui fare le cose . Il valore profondo che diamo ai nostri sentimenti , alle cose in cui crediamo. Dopo,  forse la strada da percorrere è individuale e libera. Solo così, anche sbagliando, si può comprendere la propria vita. Mi sto convincendo che anche dal punto di vista sociale  è importante lasciare  una libera iniziativa alla persona . In questo modo, si può andare oltre quello che è comunemente accettato e realizzare  quella che chiamiamo innovazione.
-Antonio questo è molto pericoloso- disse Eugenio- stai di fatto giustificando  che ognuno faccia a modo proprio anche a discapito degli altri.
-Io non ho detto questo-aggiunse Antonio -Qualunque società ha il diritto/dovere di fare le sue scelte e limitare quei comportamenti che ritiene dannosi per il benessere sociale complessivo . Allo steso tempo, tuttavia, non  può esser tutto subordinato ad una organizzazione della vita centralizzata . Sarebbe il peggior totalitarismo . proprio quello che abbiamo sempre combattuto. Che sia una religione , un’ideologia o una setta  andiamo sempre a finire per ottenere dei risultati disastrosi. No , in questo periodo ho ritrovato , grazie a voi , una nuova serenità-Ho potuto guardare alle  cose che mi piacevano con un animo libero e desidero mantenerlo . Mi sento pronto per  scoprire il mondo che mi circonda . Voglio partire alla scoperta della vita e di quello che mi riserva come in un viaggio.
- da solo? – chiese Giorgio
-No… perché ? -rispose Antonio – non voglio essere senza amici . Quello che voglio dirti è che non ho più paura di vivere da solo la mia identità ,  il mio essere. Amo la mia solitudine  di un essere umano. Se ho degli amici , un amore non sarà per paura della solitudine , per la paura di vivere , ma per il desiderio di stare con i miei amici  di vivere il mio amore. E’ una cosa diversa
- E i nostri progetti? Chiese ancora Pippo
- Continueranno-rispose Antonio- Probabilmente  con una mia collaborazione saltuaria perché  starò molto più tempo a Roma dove sta pensando di trasferirsi definitivamente mia madre.
D’altra parte non c’era niente di concreto. Più che di progetti dovremmo parlare della nostra amicizia e quella per me ci sarà sempre
-Si rientra nella giungla? – chiese Eugenio-
- Dai,…  non è poi così tremendo e non è  una realtà univoca .Il “Sistema” come spesso sento  argomentare.  No, a me sembra che dobbiamo renderci conto che la realtà che abbiamo davanti è e sarà sempre complessa , piena di contraddizioni di male e di bene intrecciati insieme . Di cattiveria e generosità,  di sfruttamento e giustizia . Difficilmente potrà esistere un momento in cui tutto questo possa essere superato. Quello che penso invece è che gli equilibri tra queste forze sono sempre soggetti a mutamento e che questo dipenda dall’impegno di ognuno di noi . Questo ,a mio parere , costituisce la premessa per la qualità della società in cui vivremo e dipende da ciascuno di noi. Volevamo sapere come rientrare nel “ Sistema “ come mantenere le cose in cui crediamo e penso che la risposta sia semplice ed immediata . Impegniamoci in ogni aspetto della vita di cui saremo protagonisti con i valori in cui crediamo.
-Ci penserò sopra – rispose Eugenio assecondato da un mormorio d’intesa da parte degli altri-
Allora domani vai a Roma , se ho ben capito?
-Si- rispose Antonio – passo qualche giorno insieme a mio zio e mia madre.
Si era fatto tardi e  tutti gli amici cominciarono a salutare Antonio ed andare via. Il treno per Roma  partiva  presto  ed Antonio doveva ancora preparare la valigia.
La mattina dopo , il treno correva veloce lasciando alle spalle Firenze e quelle belle giornate vissute insieme ai suoi più cari amici.
Antonio era eccitato ed emozionato e si sentiva simile a  quel treno che  si spingeva avanti, in mezzo alla campagna, verso il futuro . Avrebbe rivisto la madre  e lo zio, sempre affettuoso. Poi, il suo pensiero   si rivolse a Conception  e al suo caldo e sensuale sorriso.
Qualche ora dopo ,ormai a casa dello zio , compose con calma il numero telefonico della ragazza.
-Pronto….Conception sei tu?..................Sono Antonio e sono a Roma!
- Ciao…Antonio – sorrise Conception.


FINE