domenica 31 dicembre 2017

Pagine maltesi - pagina 1



I PREPARATIVI:

Avevamo sognato a lungo quel viaggio e cercato di pensare a   tutto quello che potesse essere necessario.
 Innanzi tutto: le ragazze.
A questo era servita   la decisione d’iniziare a fare corrispondenza, per diventare amici di penna, con il maggior numero possibile. L’intenzione era di poterle successivamente incontrare proprio durante il nostro primo viaggio. Scartate quelle che scrivevano in inglese e da posti troppo lontani, cominciai a rispondere a delle ragazze francesi, spagnole e maltesi.  
Era l’inizio dell’ultimo anno del Liceo. Quell’anno, avevamo gli esami di maturità e saremmo stati interrogati sul programma di tutti e cinque anni. Non volevo neanche pensarci!
Alfio, l’amico d’infanzia con cui avevamo deciso di partire dopo gli esami, era in un’altra classe. Con lui avevamo a lungo chiacchierato di questo progetto durante le vacanze estive precedenti, quando il solleone si prendeva gioco di noi ed il principale divertimento consisteva nell’ingaggiare interminabili partite di pallone o tamburelli nella stradina che costeggiava il suo condominio. Fortunatamente, era una strada senza sbocco e le uniche automobili che passavano erano quelle dei condomini che venivano a parcheggiare. La strada era diventata così il nostro personale campo giochi frequentato dai ragazzi del condominio e da me, che venivo con l‘autobus a trovarli. Io abitavo nel centro della città, dove non si poteva più giocare in strada, e appena possibile venivo a casa di Alfio. Eravamo amici e compagni di scuola fin dalla quarta elementare e sia i suoi genitori, sia il fratello, più piccolo di qualche anno, mi consideravano di famiglia.

CONTINUA

  

martedì 19 dicembre 2017

Smetto quando voglio- Ad honorem


Salvateci, non dal gas nervino, ma dall'ipocrisia e dal malcostume dei potenti.
Salvateci da quest'Italia decadente ed ignorante anche nelle sue critiche più esacerbate nei confronti di un sistema iniquo e ingiusto.
Le migliori intelligenze di questo Paese , disperse e disprezzate , fuggitive  in cerca di salvezza, sono la nostra possibile speranza di cambiamento.
Quando in questo film Sydney Sibilia ci mostra la loro sensibilità nei confronti di altri giovani che, come loro, sono innamorati della ricerca e della conoscenza,  mentre inevitabilmente li aspetta un destino di trascuratezza ed ignavia da parte proprio di chi dovrebbe  valorizzarli ed utilizzarli per il nostro bene comune, forse, c'è ancora da sperare nel futuro del nostro Paese.
Il terzo film del ciclo " Smetto quando voglio" è forse quello in cui Sibilia ha voluto lasciare un messaggio di speranza e d'inquietudine. Non se l'è sentita di partecipare al gioco al massacro che caratterizza la nostra epoca e ci priva di ogni ragionevole speranza.
Si, è vero, ci ha mostrato come delle giovani eccellenze siano capaci di eccellere anche nel male, se ne sono costretti; ma, nel suo ultimo film, che conclude in maniera impeccabile il ciclo, ci spiega che non è questo il destino di chi ha la fortuna e il dono della cultura e dell'intelligenza .
No, è il servizio per il bene comune la loro passione. E’ la conoscenza e l'indagine che essi bramano.  E’ l'integrità che essi sognano per il loro ed il nostro futuro.
Vi consiglio la visione di questo film, di cui si parla troppo poco e che invece colpisce nel segno con una disamina drammatica di uno dei mali italiani : Il profondo spreco delle risorse  e della persona a  favore di uno stupido potere, privo esso stesso di speranza, di ambizione e di significato.
Fortunatamente, in ogni settore, c'è gente di buona volontà che si adopera perché si vada avanti e la banda dei nostri ricercatori troverà un aiuto insperato anche da parte di una giovane poliziotta, al di fuori di ogni ragionevole canone.

Un film importante, diretto e scritto da Sydney Sibilia ed interpretato magistralmente da una coralità di giovani attori che continuano a portare avanti la qualità del cinema italiano.

lunedì 11 dicembre 2017

DETROIT



Il film ci parla degli scontri di Detroit del 1967, scatenati dall'intervento della polizia in un locale privo di licenza per la vendita di alcolici, durante una festa privata.
Alla fine di quei giorni di rivolta si contavano 43 morti, 1.189 feriti, oltre 7.200 arresti e più di 2.000 edifici distrutti; forse, troppo per il reato da cui tutto era iniziato!
Erano anni in cui la battaglia per i diritti civili  degli afroamericani  era nel pieno del suo svolgimento  e con esso anche l’insofferenza delle parti. In quell’occasione , il Governatore dello Stato del Michigan inviò la Guardia Nazionale  per sedare la rivolta e il Presidente Lyndon Johnson lo appoggiò, facendogli dare un aiuto dall’esercito.
Il  clima era pesante e un leader come Martin Luther King sarebbe stato ucciso l’anno seguente, nel 1968.
Il film centra la sua attenzione, in particolare, sull’irruzione della polizia all’interno di un Motel , convinta che nello stesso si nascondesse un cecchino  che aveva aperto il fuoco contro i militari  da una finestra. In realtà, si era trattato di una pistola giocattolo; ma, tutto costituisce  l’occasione da un lato  per   la descrizione dei metodi sbrigativi e violenti dei poliziotti,  che arrivano  a forme di tortura ed a veri e propri omicidi, e dall’altro per parlare di quei fatti che rappresentano una ferita profonda, ancora aperta  nella coscienza civile americana.
Del resto, non ci si può più illudere che si stia parlando di fenomeni del passato,  quando,  di nuovo, qualche tempo fa diversi quartieri di afroamericani sono insorti per la morte di un giovane in seguito ad uno scontro con degli agenti. Il malessere è ancora presente, pur se qualche passo avanti è stato fatto e  gli USA hanno avuto anche un Presidente di colore.  Oggi il panorama americano è contraddittorio e preoccupante  e gli USA non trasmettono  un’immagine di spirito democratico, impegnato contro ogni forma di razzismo.
 Ben vengano dunque film come questo e registi come  Kathryn Bigelow pronti a coinvolgerci  nella  riflessione  sulla “ questione afroamericana”.
Una piccola nota,  ai margini  del tema centrale del  film , è data  dal fatto che ci viene mostrato come spesso la polizia locale sia stata quella che ha assunto  gli atteggiamenti più aggressivi  e persecutori. Questo  ci è stato raccontato in tanti altri film,  che hanno trattato lo stesso  tema. Anche nel nostro Paese,  a volte, le amministrazioni  locali ,  più che rappresentare un esempio di democrazia,  assumono e avvalorano   atteggiamenti reazionari di contrasto ai cambiamenti  che, magari ,il Governo Centrale  è in grado invece di perseguire.

domenica 10 dicembre 2017

NOI CHE SOGNAVAMO




Noi ………….che avevamo sognato di cambiare il mondo
 con la forza dell’immaginazione!
Con l’amore per la giustizia! Con la disponibilità ad ascoltare !
Noi………. Impietriti, assistiamo  al dilagare della barbarie!
E’ cresciuta pian piano,  come un’erba innocua ,
 per le strade dell’avidità e dei consumi,
Ha rifiutato ogni richiamo ai valori
definendoli obsoleti e superati
Ha deriso   l’impegno  e  la gentilezza
scambiandoli per debolezza e seriosità.
I nostri figli,  moderni gladiatori,
si mostrano nelle nuove arene televisive.
Guerrieri mediatici  per la nostra soddisfazione.
Poi, è nato l’imbroglio!
La prima menzogna è stata ripetuta  tante di quelle volte
che alla fine  è diventata verità.
Viviamo momenti bui che, giorno dopo giorno,
diventano neri….. lentamente…..
 senza che nessuno di noi cambi le proprie abitudini,
o si aspetti che  qualcosa succeda davvero!
Prendi il cappuccino al bar,
 mentre,  qualche chilometro più in là,
 una testa viene lentamente staccata dal collo di un ragazzo
 con un coltellaccio assassino.
Qualcuno muore  tra le macerie
di una torre  sventrata da un aereo,
 un altro  viene ucciso in una rappresaglia
 di militari ebrei in Palestina,
 salta in aria qualche vagone della metro di Madrid
 E tu entri al lavoro in orario
e pensi agli impegni con gli amici per il fine settimana.
Dove andiamo in vacanza quest’anno?
No!… in Tunisia è meglio evitare… non si sa mai!
Parliamo , parliamo, moriamo,
gridiamo, piangiamo, sogniamo .
A volte restiamo muti
perché le parole sono inadeguate 
ad esprimere il dispiacere che ci lacera il cuore
Sognavamo di cambiare il mondo
e il mondo è maledettamente uguale, .. come sempre.
Per sperare ancora  nel futuro
dobbiamo con pazienza osservare il passato.
Studiare con attenzione chi, precedendoci,
ha messo dei punti fermi
a cui  aggrapparci per ricominciare.
Il livello di civiltà di ogni epoca    
È sempre  stato  il risultato
Dell’ intensa  lotta  morale .
Di uomini che ci indicano, dal passato,
le strade della dignità e dell’onore.
Quello che ci porta a superare i  nostri limiti
per  creare ciò che chiamiamo scienza. cultura .. arte .
Preghiera dei popoli davanti all’eternità
rincorrendo un Dio che si fa desiderare
e che appare con parsimonia
in cambio della nostra libertà.
Basta alla barbarie !
Gridiamolo con forza se ancora possiamo  farlo .
I tempi bui sono  fuori e dentro di noi,
in agguato  con il volto del compagno e dell’amico
Basta con la barbarie!
Noi…….sognavamo di cambiare il mondo!.





venerdì 1 dicembre 2017

THE SQUARE



“The Square” è il nome dell’opera di un'artista argentina acquistata da Christian, curatore di un museo d'arte moderna e contemporanea di Stoccolma.
Essa è, in realtà, il perimetro di un quadrato piazzato a terra con una targa in cui è scritto: "Il Quadrato è un santuario di fiducia e altruismo. Al suo interno tutti dividiamo gli stessi diritti e doveri."
In qualche modo, potrebbe e dovrebbe simulare le nostre società in cui le regole costituzionali rappresentano il patto iniziale, " il contratto sociale " che ne permette la nascita ed in cui ogni cittadino dovrebbe avere gli stessi diritti e gli stessi doveri. La realtà della vita, che circonda il protagonista e che tutti noi giornalmente osserviamo, è tuttavia molto diversa.
 Ognuno di noi si muove, anche in buona fede, tentando di vivere nel modo più corretto e solidale possibile; ma, in realtà, il suo personale “quadrato" non corrisponde all'intero consesso sociale, ma ad una sfera estremamente limitata di persone. Essa può comprendere i familiari, gli amici più cari, colleghi di lavoro e pochi altri. Come ognuno di noi, Christian vede, come "esterni" alla società e al suo quadrato, i marginali che, insistentemente, chiedono l'elemosina e la sua continua solidarietà, i passanti sconosciuti, le persone che occasionalmente incontra per i più svariati motivi e che servono a realizzare i propri obiettivi e bisogni, senza lasciarsene coinvolgere troppo. È indicativo a tal proposito l’atteggiamento narcisista e scostante nei confronti della bionda giornalista con cui aveva avuto un rapporto sessuale
Non tutti possono entrare nel quadrato e questo aspetto è evidenziato in modo sconvolgente anche dal filmato che la società di marketing sceglie di realizzare per pubblicizzare l'iniziativa del museo con la presentazione dell’opera " the square”. In esso, una piccola bionda mendicante si avvicina lentamente al quadrato e, prima di riuscire ad oltrepassarne il perimetro, esplode scomparendo in una nuvola di fumo.
La scena è molto forte e susciterà indignazione, risultando virale sul web. Christian dovrà scusarsi pubblicamente e dimettersi dal suo ruolo per non averla neanche valutata e vista prima della sua diffusione, mostrando ancora una volta come spesso le conseguenze colpevoli dei nostri atteggiamenti possono essere determinate anche dall'indifferenza o, peggio, dall'incuria con cui li poniamo in essere.
 Spesso, i nostri comportamenti diventano cattivi solo perché provocati da un torto subito o dalla nostra indifferenza e disattenzione. Possono andare oltre le nostre intenzioni e risultare lesivi dell'altro. Il film ci farà vedere come Christian, per recuperare il proprio portafoglio e lo smartphone rubatogli, metterà delle lettere minatorie in tutte le buche della posta degli inquilini di un palazzo di una zona popolare all'interno del quale ha individuato la possibile abitazione del ladro. Riavrà le sue cose ma la sua azione, incurante degli effetti su tutti gli altri, procurerà delle conseguenze pesanti specialmente nei confronti di chi, innocente, si è sentito offeso e discriminato dalle sue accuse.
 Quando siamo provocati, possiamo reagire personalmente anche in maniera eccessiva e violenta mettendo in moto un meccanismo che supera le nostre intenzioni e propaga nel sociale ulteriori difficoltà. Il regista non tralascia ancora di simboleggiare tutto questo anche nel rapporto fra lo  spettatore e le opere dell'arte contemporanea: Ciò appare ad esempio nelle scene  in cui ci mostra il dialogo tra il curatore e la giornalista con i rumori cacofonici di un'opera d'arte audiovisiva sullo sfondo; la cena con il performer che eccede nella sua trasgressione provocando un eccesso d'ira delle persone che lo picchieranno selvaggiamente in gruppo; la conferenza stampa disturbata dallo spettatore con la sindrome di Tourette, che risulta oggettivamente fastidioso nonostante gli inviti ad essere comprensivi a perdonarne le intemperanze .
La società nel suo complesso, la visione del “quadrato" all'interno di cui dovremmo collaborare l'un l'altro è lontana dalla sua realizzazione. D'altra parte, non è che ognuno di noi ,singolarmente, può risolvere tutto, ci spiega Christian durante il suo intervento davanti alla stampa riunita per le comunicazioni successive allo scandalo provocato dal video virale.   Deve essere lo Stato ad agire, per rimuovere le diverse problematiche presenti.
Christian cercherà di rimediare alle sue azioni accettando di sporcarsi personalmente con la realtà più difficile (la scena in cui cerca una lettera in mezzo alla spazzatura è emblematica); ma, la buona volontà personale può non essere sufficiente a rimediare quello che è stato messo in moto, anche involontariamente, dalle nostre azioni.
Il film non offre soluzioni e lascia allo spettatore il compito della riflessione su questi temi.
Ci rimane forse solo la possibilità di un costante impegno personale, sociale e politico come risposta alle nostre difficoltà ed ai problemi delle persone bisognose d'aiuto che osserviamo attorno a noi.
La regia di Ruben Östlund forse poteva essere più incisiva e diretta nella trattazione del tema principale; ma, ha voluto, nello stesso tempo, parlarci del ruolo dell'arte contemporanea, utilizzandone in qualche modo le modalità.
Positiva l'interpretazione di Claes Bang nel ruolo del protagonista e di Elisabeth Moss (la giornalista Anne) e Terry Notary (nella parte del performer Oleg, l’uomo belva). Il film ha vinto quest’anno la Palma d'oro al Festival di Cannes e sancisce definitivamente, sulla scena internazionale, il valore di questo giovane regista svedese che aveva già vinto nel 2014 la sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes con il film "Forza maggiore".