“The Square” è il nome dell’opera di
un'artista argentina acquistata da Christian, curatore di un museo d'arte
moderna e contemporanea di Stoccolma.
Essa è, in realtà, il perimetro di un quadrato
piazzato a terra con una targa in cui è scritto: "Il Quadrato è un
santuario di fiducia e altruismo. Al suo interno tutti dividiamo gli stessi
diritti e doveri."
In qualche modo, potrebbe e dovrebbe simulare
le nostre società in cui le regole costituzionali rappresentano il patto
iniziale, " il contratto sociale " che ne permette la nascita ed in
cui ogni cittadino dovrebbe avere gli stessi diritti e gli stessi doveri. La
realtà della vita, che circonda il protagonista e che tutti noi giornalmente
osserviamo, è tuttavia molto diversa.
Ognuno
di noi si muove, anche in buona fede, tentando di vivere nel modo più corretto
e solidale possibile; ma, in realtà, il suo personale “quadrato" non
corrisponde all'intero consesso sociale, ma ad una sfera estremamente limitata
di persone. Essa può comprendere i familiari, gli amici più cari, colleghi di lavoro
e pochi altri. Come ognuno di noi, Christian vede, come "esterni" alla
società e al suo quadrato, i marginali che, insistentemente, chiedono
l'elemosina e la sua continua solidarietà, i passanti sconosciuti, le persone
che occasionalmente incontra per i più svariati motivi e che servono a
realizzare i propri obiettivi e bisogni, senza lasciarsene coinvolgere troppo. È
indicativo a tal proposito l’atteggiamento narcisista e scostante nei confronti
della bionda giornalista con cui aveva avuto un rapporto sessuale
Non tutti possono entrare nel quadrato e
questo aspetto è evidenziato in modo sconvolgente anche dal filmato che la
società di marketing sceglie di realizzare per pubblicizzare l'iniziativa del
museo con la presentazione dell’opera " the square”. In esso, una piccola
bionda mendicante si avvicina lentamente al quadrato e, prima di riuscire ad oltrepassarne
il perimetro, esplode scomparendo in una nuvola di fumo.
La scena è molto forte e susciterà
indignazione, risultando virale sul web. Christian dovrà scusarsi pubblicamente
e dimettersi dal suo ruolo per non averla neanche valutata e vista prima della
sua diffusione, mostrando ancora una volta come spesso le conseguenze colpevoli
dei nostri atteggiamenti possono essere determinate anche dall'indifferenza o,
peggio, dall'incuria con cui li poniamo in essere.
Spesso,
i nostri comportamenti diventano cattivi solo perché provocati da un torto
subito o dalla nostra indifferenza e disattenzione. Possono andare oltre le
nostre intenzioni e risultare lesivi dell'altro. Il film ci farà vedere come
Christian, per recuperare il proprio portafoglio e lo smartphone rubatogli,
metterà delle lettere minatorie in tutte le buche della posta degli inquilini
di un palazzo di una zona popolare all'interno del quale ha individuato la
possibile abitazione del ladro. Riavrà le sue cose ma la sua azione, incurante
degli effetti su tutti gli altri, procurerà delle conseguenze pesanti
specialmente nei confronti di chi, innocente, si è sentito offeso e
discriminato dalle sue accuse.
Quando
siamo provocati, possiamo reagire personalmente anche in maniera eccessiva e
violenta mettendo in moto un meccanismo che supera le nostre intenzioni e
propaga nel sociale ulteriori difficoltà. Il regista non tralascia ancora di
simboleggiare tutto questo anche nel rapporto fra lo spettatore e le opere dell'arte contemporanea:
Ciò appare ad esempio nelle scene in cui
ci mostra il dialogo tra il curatore e la giornalista con i rumori cacofonici
di un'opera d'arte audiovisiva sullo sfondo; la cena con il performer che
eccede nella sua trasgressione provocando un eccesso d'ira delle persone che lo
picchieranno selvaggiamente in gruppo; la conferenza stampa disturbata dallo
spettatore con la sindrome di Tourette, che risulta oggettivamente fastidioso
nonostante gli inviti ad essere comprensivi a perdonarne le intemperanze .
La società nel suo complesso, la visione del “quadrato"
all'interno di cui dovremmo collaborare l'un l'altro è lontana dalla sua realizzazione.
D'altra parte, non è che ognuno di noi ,singolarmente, può risolvere tutto, ci
spiega Christian durante il suo intervento davanti alla stampa riunita per le
comunicazioni successive allo scandalo provocato dal video virale. Deve essere lo Stato ad agire, per rimuovere
le diverse problematiche presenti.
Christian cercherà di rimediare alle sue azioni
accettando di sporcarsi personalmente con la realtà più difficile (la scena in
cui cerca una lettera in mezzo alla spazzatura è emblematica); ma, la buona volontà
personale può non essere sufficiente a rimediare quello che è stato messo in
moto, anche involontariamente, dalle nostre azioni.
Il film non offre soluzioni e lascia allo
spettatore il compito della riflessione su questi temi.
Ci rimane forse solo la possibilità di un
costante impegno personale, sociale e politico come risposta alle nostre
difficoltà ed ai problemi delle persone bisognose d'aiuto che osserviamo
attorno a noi.
La regia di Ruben Östlund forse poteva essere
più incisiva e diretta nella trattazione del tema principale; ma, ha voluto,
nello stesso tempo, parlarci del ruolo dell'arte contemporanea, utilizzandone
in qualche modo le modalità.
Positiva l'interpretazione di Claes Bang nel
ruolo del protagonista e di Elisabeth Moss (la giornalista Anne) e Terry Notary
(nella parte del performer Oleg, l’uomo belva). Il film ha vinto quest’anno la
Palma d'oro al Festival di Cannes e sancisce definitivamente, sulla scena
internazionale, il valore di questo giovane regista svedese che aveva già vinto
nel 2014 la sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes con il film
"Forza maggiore".
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