Chiunque abbia la fortuna di poter esprimere le parole “figlia mia”, non
dovrebbe mai cercare d’impedirne la possibilità ad un altro genitore, sia che
si tratti del padre o della madre naturale nei confronti di quelli adottivi o
viceversa; men che mai, inoltre, nei confronti dell’altro membro della coppia
che ha dato la vita a quel figlio.
Eppure, troppe volte assistiamo alla guerra dell’odio e della paura per
il controllo dei figli e/o per accaparrarsene totalmente la gestione, come se
l’amore potesse avere un limite ed avesse un senso privarne un altro per riuscire
a goderne.
Come se l’amore del proprio figlio potesse essere ottenuto attraverso il
suo possesso e la proibizione dei rapporti con l’altro, negandogli la
possibilità della compagnia , della confidenza , dell’esempio, dell’amore
dell’altro genitore.
E’ la paura che domina, a quel punto, l’azione della persona, cercando
di troncare quel rapporto d’amore che, in realtà, ha permesso lo stesso
concepimento di quella creatura “ figlia mia”.
Amore e paura si mescolano nel rapporto fra le persone e diventano i
motori del loro stesso comportamento.
E’ di questo argomento che
desidera parlarci Laura Bispuri nel suo
nuovo film “ Figlia mia”, recentemente
presentato al 68º festival
internazionale di Berlino. Dopo la sua opera precedente “ Vergine giurata” ,affiancata
nuovamente nella sceneggiatura da
Francesca Manieri, si addentra con un
punto di vista femminile nell’intreccio dei rapporti fra tre donne: Angelica,
madre naturale di Vittoria , una ragazza che vive in una situazione marginale e di degrado,
spesso ubriaca e facilmente disponibile
a rapporti saltuari con gli uomini alla
ricerca disperata di affetto e denaro; Vittoria, una bambina di dieci anni dai
capelli rossi e dai lineamenti particolari, poco comuni in Sardegna, che
l’avvicinano naturalmente ad Angelica; Tina , la madre adottiva , che ha
aiutato Angelica a partorire sua figlia
, dopo averla trovata sofferente ai margini di un sentiero, e che poi si è
presa cura da quel momento di Vittoria, crescendola come la sua unica e vera
figlia.
Tre grandi attrici ci conducono per mano nell’esplorazione delle
emozioni e dei pensieri dei loro personaggi. Dico tre perché anche la
piccola Sara Casu, nella parte di
Vittoria, riesce ad appassionarci al suo personaggio, mostrandoci con vera
bravura la sua naturale evoluzione. Le altre due sono Valeria Golino e Alba
Rohrwacher, rispettivamente Tina e
Angelica, la madre adottiva e quella naturale di Vittoria, che ci regalano due belle
interpretazioni dei loro personaggi: dense e piene di sfaccettature.
Amore e paura sono i protagonisti del film, articolandosi nell’intreccio
della, vicenda.La ricerca dell’amore filiale e materno ed il modo particolare
in cui questo si manifesta; ma, nello
stesso tempo , la paura di non averlo , di perderlo, di non mantenerlo.
La paura che ognuno di noi vive in ogni momento della sua vita può essere paralizzante e fonte di avversione
e di odio; oppure, può e deve essere naturale strumento di osservazione dei
problemi e dei limiti con cui ci
rapportiamo. La paura dovrebbe essere uno dei migliori strumenti di prevenzione
e di analisi dei rischi e delle difficoltà a cui andiamo incontro, per poterle
superare e vivere con maggiore pienezza la nostra vita.
Può essere, tuttavia, la causa della nostra rinuncia a vivere un’esistenza
pienamente soddisfacente, la fonte di sentimenti di odio e rivalsa nei
confronti di chi riteniamo colpevole delle nostre difficoltà. Può portarci ad
impedirci ed impedire di vivere.
Il superamento, da parte di Vittoria, della paura di calarsi in un
cunicolo , stretto e buio , dove forse solo lei può entrare, alla ricerca di un improbabile tesoro, della
cui esistenza la madre naturale è convinta, rappresenta la scoperta di un reale grande tesoro per la
sua vita: la capacità del coraggio, di andare a vedere la realtà e di trovare
se stessi in fondo al cunicolo, la capacità di andare avanti per sè e per le
persone che ami.
Laura Bispuri ci conduce con il suo film nel dedalo del rapporto fra
questi sentimenti , con mano delicata e senza aprioristici giudizi di valore, mostrando sempre una grande attenzione e solidarietà per i
problemi espressi dai suoi personaggi.
La vicenda ha come sfondo ed ambientazione gli splendidi paesaggi naturali
della Sardegna, valorizzati dalla bella fotografia di Vladan Radovic. Completano il cast il montaggio di Carlotta Cristiani, le musiche
originali di Nando Di Cosimo, i costumi di Antonella Cannarozzi, la scenografia
di Ilaria Sadun