martedì 9 giugno 2020

FAVOLACCE




I F.lli D’Innocenzo, con il loro secondo lungometraggio “ Favolacce”,  esprimono una pesante condanna, senza appelli, della generazione degli adulti ed in particolare sulla loro capacità di porsi come genitori e protagonisti del loro tempo.
 Essa viene descritta come incapace di una vera empatia personale e sociale, afflitta da una profonda insoddisfazione nei confronti della propria vita familiare, sociale e lavorativa. Un’insoddisfazione a cui corrisponde una latente  violenza che a volte esce fuori in maniera irrefrenabile . 
E’ una società senza futuro, quella descritta nel film,  che parte dalla descrizione della vita di una piccola comunità di persone  di condizione piccolo borghese  che abita per la maggior parte in piccole villette  a schiera nella estrema periferia romana. Forse quella stessa zona del litorale romano che si estende fino a Lavinio ed Anzio dove hanno trascorso la loro infanzia.
 Vista dall’esterno e con un occhio disattento, potrebbe sembrare quasi una condizione invidiabile  per la facilità di relazioni di vicinato , la presenza di un ambiente naturale gradevole intorno  con molti alberi e piante , spazi ampi, poche automobili, il mare non lontano , servizi scolastici relativamente vicini  che consentono ai  ragazzini delle medie di andare a scuola  anche da soli.
 Eppure, questa società è priva di un’elaborazione valida del proprio presente e del proprio futuro e chi ne paga le spese sono i bambini, su cui i genitori sfogano le proprie insicurezze e frustrazioni rendendoli infelici. Sono essi che nella “ Favolaccia”  rappresentano metaforicamente il futuro.
 Un futuro che , secondo i F.lli D’Innocenzo , in queste condizioni , non arriverà mai.
Paradossalmente, i poveri ragazzini troveranno nell’istituzione scolastica il cattivo maestro  che sfogherà su di loro la sua incapacità di vita e di ruolo insegnandogli  dei  possibili strumenti di morte, utili per organizzare la punizione del mondo adulto e/o di se stessi.
I giovani ragazzini delle medie  sono le vere cartine tornasole di questa società e della sua crisi  strisciante evidenziata nel film . Sono loro  a soffrirne in prima persona  le conseguenze , la sostanziale inadeguatezza dei genitori e a raccontare  questa storia con il diario ritrovato per caso di una di loro.
Un altro aspetto che colpisce è la totale assenza del mondo più anziano.
I nonni , i padri e le madri di questi genitori sono totalmente assenti in questa storia .
Può essere un caso naturalmente!
Non vi era alcuna utilità della loro presenza nella storia raccontata, forse, ma nulla accadde per caso.  Questa assenza  fa pensare ad una possibile rimozione  della presenza di una generazione  a cui  gli attuali adulti non sono interessati. Questo fa pensare anche ad uno dei problemi della nostra società : la mancanza di una continuità storica nella nostra cultura moderna . La possibilità di una immediata consultazione del web  per ottenere  una rapida informazione  su qualsiasi  problema, la crisi delle ideologie e delle visioni  del mondo avvenuta a metà del novecento, rendono quasi superfluo , ma , in realtà , molto difficile  cercare una continuità con il passato: una continuità personale , culturale , politica.
Questa generazione descritta nel film sembra barcamenarsi nei confronti di una realtà più grande di lei che non conosce  e non capisce . All’interno della quale si vive in una condizione di eccessiva instabilità. La crisi dei valori, delle ideologie, della visione del mondo operata dalla generazione precedente a questa è ancora presente e  non ha prodotto risultati.
Le varie soluzioni proposte sono risultate chiaramente inadeguate,  lasciandoci un mondo che si dibatte tra modelli sociali, seppur vincenti, poco “ convincenti”.
Il ribellismo, il disagio il serpeggiare  e l’esplosione improvvisa della violenza sono presenti nel nostro vissuto e nell’immaginario. Se ci pensiamo bene, il cinema , che tenta di rappresentare il “ sentiment” delle persone, quest’anno ce li ha proposti in varie opere che, pur trattando argomenti diversi, risentono di queste problematiche : penso al premio Oscar “ Parasite”,  ma anche a “ Joker”  e  a “C’era una volta a Hollywood”.
I F.lli D’Innocenzo c’invitano a riflettere con “ Favolacce”.
Il film è stato presentato in concorso al Festival di Berlino 2020, dove ha vinto l’Orso d’argento  per la migliore sceneggiatura( sempre realizzata dai F.lli D’innocenzo) e la sua visione è oggi  disponibile on demand. Tutti bravi gli attori,  fra cui  Elio Germano. Da ricordare ancora che i gemelli D’Innocenzo  dopo la loro interessante opera prima “ La terra dell’abbastanza”, che ha ottenuto diversi  riconoscimenti nazionali ed internazionali tra cui miglior opera prima e migliori registi esordienti ai   Nastri d’Argento 2018, prima di realizzare il loro secondo film “ Favolacce”   hanno avuto modo di collaborare alla sceneggiatura del film “ Dogman” di Matteo Rovere.

mercoledì 3 giugno 2020

CAFARNAO- Caos e miracoli




Cafarnao (2018) è un film della libanese  Nadine Labaki , ambientato  nella moderna Beirut che, oltre ad essere la capitale del Libano ed una delle principali piazze  finanziarie , bancarie , assicurative e commerciali del Medio Oriente e un centro  culturale ed accademico  di prestigio, è anche una metropoli al cui interno  coesistono, senza integrarsi,  vasti settori di popolazione di origine palestinese e molti profughi siriani  che, insieme alle classi povere locali, danno vita ad un mondo marginale di ampie proporzioni  ,che sopravvive  al di fuori di ogni regola  di vita  civile . Le credenze , le abitudini e le diversità culturali e religiose alimentano ulteriormente il caos  esistenziale  della vita delle persone.
 Il film di Nadine Labaki s’insinua proprio  all’interno dei vicoli e delle abitazioni diroccate e periferiche della città per seguire la vita di queste persone , i loro problemi , le loro necessità avvalendosi di attori  non professionisti  e quasi presi dalla strada,  facendoci  tornare in mente il  simile atteggiamento dei registi del neorealismo italiano.
 In particolare è molto efficace e toccante  l’interpretazione del giovane protagonista di origine siriana   Zain Alrafeea nel ruolo di Zain , personaggio ispirato dalle vicende reali della sua vita. La stessa regista Nadine  Labaki  appare nel film nel ruolo dell’avvocatessa. Il film è stato ben accolto al Festival di Cannes dove ha vinto il premio speciale  della giuria. Ha inoltre ottenuto la candidatura all’Oscar come miglior film straniero e con la stessa motivazione anche la candidatura  al Golden Globes, al BAFTA,  al  Cesar e al Critics Choice Award.
Molti hanno criticato il film asserendo che lo stesso  specula troppo sull’emozione suscitata dall’amarezza per le situazioni raccontate ed altri, al contrario, gli  hanno rimproverato la presunta mancata coerenza della seconda parte ,in cui si sviluppa una sorta di  lieto fine che toglie drammaticità al racconto.
A mio parere,  tutto questo può non essere casuale e già implicito nello stesso titolo italiano del film dove il nome   Cafarnao è seguito dalla dizione “ caos e miracoli”.
Proviamo  a ricordare che, secondo i vangeli  sinottici, Cafàrnao è stata un'antica città della  Galilea, sulle rive del  lago di Tiberiade, dove sembra che  Gesù  avesse iniziato la sua predicazione , dopo aver lasciato Nazareth. Questa città è passata alla storia come sinonimo di caos e contraddizione . E’ stata infatti sede dei primi miracoli di Gesù ma allo stesso tempo egli stesso la maledisse  a causa dell’indifferenza nei confronti dei suoi insegnamenti.
In qualche modo le vicende reali della vita di Zain a cui la regista Labaki si è ispirata  ed il racconto del film ci mostrano le terribili  condizioni di vita  in cui vivono larghi strati  della popolazione marginale, ma anche  la loro diffusa accettazione di una larvata  criminalità e la mentalità sottomessa ad un senso  della realtà opprimente e vessatoria che, in qualche modo ,accettano. E’ questo il profondo caos che circonda la vita di Zain fin dalla sua nascita e che giorno dopo giorno diventa sempre più insopportabile. Lo farà esplodere la decisione dei suoi stessi genitori  di dare in sposa la sorellina di appena undici anni.
 Zain, a quel punto,  andrà via di casa per cercare la sua strada senza avere neanche una propria identità, in quanto non è mai stato dichiarato all’anagrafe.
 Semplicemente, non esiste!
Eppure, in tutta la seconda parte del film  sarà il suo rifiuto delle ovvie e crudeli necessità imposte della realtà a realizzare il “miracolo” di salvarlo , di salvare il bambino  di un anno che le circostanze gli hanno affidato e di dargli quell’identità che altrimenti non avrebbe mai avuto .
 Il film, più che una tragedia, è una parabola che ci dice che i ceti popolari , specialmente sottoproletari( usando un termine antico) pur avendo le più grandi ragioni per soffrire, lamentarsi  e meritare la nostra comprensione ed il nostro aiuto , raramente riescono a cambiare la propria mentalità  sottomessa alla realtà dominante ed opprimente ,che ritengono sia l’unica possibile. A volte, ne diventano pure, più o meno ,involontari artefici e carnefici.
 Zain  si rivolterà legalmente contro i suoi genitori, imputandogli il fatto di averlo fatto nascere  in un mondo inumano;di aver sacrificato la sorellina e ,nonostante tutto, di decidere di procreare ancora nuove future vittime.
La sua personale lotta  produce “miracoli” all’interno di quel caos  e qualcuno lo riguarda personalmente, consentendogli la conquista di un’identità legale che gli potrà permetter anche la ricerca personale di un mondo migliore, emigrando; ma che, in ogni caso, gli consentirà di porre le basi per una vita improntata alla  ricerca di generali e migliori condizioni di vita per sé e per gli altri.
Il vero Zain  ,nell'agosto del 2018, si è trasferito con la famiglia a Hammerfest in Norvegia, dove ha ottenuto il diritto d’asilo. Secondo quanto riferito dalla regista Nadine Labaki, Zain, dopo il trasferimento in Norvegia,  è riuscito ad andare a scuola per la prima volta nella sua vita, imparando  a leggere e scrivere.