Cafarnao (2018) è un film della
libanese Nadine Labaki , ambientato nella moderna Beirut che, oltre ad essere la
capitale del Libano ed una delle principali piazze finanziarie , bancarie , assicurative e
commerciali del Medio Oriente e un centro
culturale ed accademico di prestigio,
è anche una metropoli al cui interno coesistono,
senza integrarsi, vasti settori di
popolazione di origine palestinese e molti profughi siriani che, insieme alle classi povere locali, danno
vita ad un mondo marginale di ampie proporzioni
,che sopravvive al di fuori di
ogni regola di vita civile . Le credenze , le abitudini e le
diversità culturali e religiose alimentano ulteriormente il caos esistenziale
della vita delle persone.
Il film di Nadine Labaki s’insinua
proprio all’interno dei vicoli e delle
abitazioni diroccate e periferiche della città per seguire la vita di queste
persone , i loro problemi , le loro necessità avvalendosi di attori non professionisti e quasi presi dalla strada, facendoci
tornare in mente il simile
atteggiamento dei registi del neorealismo italiano.
In particolare è molto efficace e toccante l’interpretazione del giovane protagonista di
origine siriana Zain Alrafeea nel ruolo
di Zain , personaggio ispirato dalle vicende reali della sua vita. La stessa
regista Nadine Labaki appare nel film nel ruolo dell’avvocatessa. Il
film è stato ben accolto al Festival di Cannes dove ha vinto il premio speciale
della giuria. Ha inoltre ottenuto la
candidatura all’Oscar come miglior film straniero e con la stessa motivazione
anche la candidatura al Golden Globes, al BAFTA,
al Cesar e al Critics Choice Award.
Molti hanno criticato il film
asserendo che lo stesso specula troppo
sull’emozione suscitata dall’amarezza per le situazioni raccontate ed altri, al
contrario, gli hanno rimproverato la presunta
mancata coerenza della seconda parte ,in cui si sviluppa una sorta di lieto fine che toglie drammaticità al racconto.
A mio parere, tutto questo può non essere casuale e già
implicito nello stesso titolo italiano del film dove il nome Cafarnao è seguito dalla dizione “ caos e
miracoli”.
Proviamo a ricordare che, secondo i vangeli sinottici, Cafàrnao è stata un'antica città
della Galilea, sulle rive del lago
di Tiberiade, dove sembra che Gesù avesse iniziato la sua predicazione , dopo
aver lasciato Nazareth. Questa città è passata alla storia come sinonimo di
caos e contraddizione . E’ stata infatti sede dei primi miracoli di Gesù ma
allo stesso tempo egli stesso la maledisse
a causa dell’indifferenza nei confronti dei suoi insegnamenti.
In qualche modo le vicende
reali della vita di Zain a cui la regista Labaki si è ispirata ed il racconto del film ci mostrano le
terribili condizioni di vita in cui vivono larghi strati della popolazione marginale, ma anche la loro diffusa accettazione di una larvata criminalità e la mentalità sottomessa ad un
senso della realtà opprimente e
vessatoria che, in qualche modo ,accettano. E’ questo il profondo caos che
circonda la vita di Zain fin dalla sua nascita e che giorno dopo giorno diventa
sempre più insopportabile. Lo farà esplodere la decisione dei suoi stessi
genitori di dare in sposa la sorellina
di appena undici anni.
Zain, a quel punto, andrà via di casa per cercare la sua strada
senza avere neanche una propria identità, in quanto non è mai stato dichiarato
all’anagrafe.
Semplicemente, non esiste!
Eppure, in tutta la seconda
parte del film sarà il suo rifiuto delle
ovvie e crudeli necessità imposte della realtà a realizzare il “miracolo” di salvarlo
, di salvare il bambino di un anno che
le circostanze gli hanno affidato e di dargli quell’identità che altrimenti non
avrebbe mai avuto .
Il film, più che una tragedia, è una parabola
che ci dice che i ceti popolari , specialmente sottoproletari( usando un
termine antico) pur avendo le più grandi ragioni per soffrire, lamentarsi e meritare la nostra comprensione ed il nostro
aiuto , raramente riescono a cambiare la propria mentalità sottomessa alla realtà dominante ed opprimente
,che ritengono sia l’unica possibile. A volte, ne diventano pure, più o meno ,involontari
artefici e carnefici.
Zain si
rivolterà legalmente contro i suoi genitori, imputandogli il fatto di averlo
fatto nascere in un mondo inumano;di
aver sacrificato la sorellina e ,nonostante tutto, di decidere di procreare
ancora nuove future vittime.
La sua personale lotta produce “miracoli” all’interno di quel
caos e qualcuno lo riguarda
personalmente, consentendogli la conquista di un’identità legale che gli potrà
permetter anche la ricerca personale di un mondo migliore, emigrando; ma che,
in ogni caso, gli consentirà di porre le basi per una vita improntata alla ricerca di generali e migliori condizioni di
vita per sé e per gli altri.
Il vero Zain ,nell'agosto del 2018, si è trasferito con la
famiglia a Hammerfest in Norvegia, dove ha ottenuto il diritto d’asilo. Secondo
quanto riferito dalla regista Nadine Labaki, Zain, dopo il trasferimento
in Norvegia, è riuscito ad andare a
scuola per la prima volta nella sua vita, imparando a leggere e scrivere.
Nessun commento:
Posta un commento