lunedì 31 ottobre 2016

In guerra per amore



A volte si va in guerra per amore di una donna; ma, altre volte, si va in guerra per amore di un ideale, di qualcosa in cui si crede e per cui ci si sente in dovere di combattere.
E‘ questo che vediamo spesso attorno a noi ed è grazie a questo che la vita va avanti, nonostante le difficoltà e l’evidente senso di solitudine, di minoranza e d’indifferenza altrui che spesso accompagna questa lotta.
 A volte, accade poi che, portando avanti il nostro amore personale per la donna che amiamo o per la passione che abbiamo, prendiamo coscienza di qualcosa d’ancora più grande e socialmente complesso come i valori in cui crediamo. Accade quindi che, in qualche modo, ci ricollochiamo diversamente all’interno della società in cui viviamo.
Pierfrancesco Diliberto, in arte PIF, descrive, magistralmente e con grande leggerezza, questo percorso di presa di coscienza del protagonista di “ In guerra per amore” che, partendo dall’esigenza di difendere l’amore per Flora (una sempre più bella e brava Miriam Leone che abbiamo recentemente ammirato anche nel serial televisivo “ I Medici”) messo in pericolo dalle avances di un giovane mafioso americano, si arruola nell’esercito americano, pronto per lo sbarco in Sicilia nella seconda guerra mondiale, per ottenere dal padre della ragazza, rimasto in quella terra, il consenso al matrimonio.
Durante questo tentativo, il giovane conosce tuttavia un tenente americano anche lui partito per amore, ma di un tipo forse più importante: quello per la democrazia, la giustizia e la libertà che il Presidente Roosevelt aveva indicato come valori per i quali l’America era entrata in guerra.
Grazie a quell’incontro, la vita del giovane cambierà e, insieme all’amore per la sua donna, diventerà irrinunciabile raccogliere il testimone dell’amico ormai ucciso e portarlo avanti per sempre, in attesa di una risposta chiara ed impegnativa da parte di qualsiasi classe dirigente di qualsiasi paese.
Questa è la parte più intima e personale del film, che può riguardare il percorso di crescita ideale di ognuno di noi; ma, PIF ci regala un’altra parte altrettanto importante del discorso: la divulgazione verso il grande pubblico di una parte della storia poco conosciuta del nostro paese e che riguarda la presenza della Mafia in Sicilia.
In particolare, ci racconta del patto stabilito fra il capo di Cosa Nostra  (insieme alla Mafia siciliana) ed il Governo americano per consentire una rapida e vittoriosa offensiva delle forse armate “ alleate” in Sicilia durante la seconda guerra mondiale.
Quello che ci spiega, inoltre, d’ancora più importante è come, dopo lo sbarco, la Mafia fu anche utilizzata per gestire il territorio in quella fase d’estrema incertezza e confusione in accordo e a sostegno delle forze politiche nascenti e di quelle d’occupazione.
La Mafia, in quel momento, ha subito una sorta di legittimazione, riconoscendole un ruolo di controllo effettivo del territorio e ponendola, di fatto, con un evidente compromesso al servizio delle nuove nascenti istituzioni statali.
Le conseguenze sono state pesanti ed hanno condizionato tutto il dopoguerra e la storia di una parte importante del nostro Paese.
PIF appartiene a quella generazione di palermitani che aveva vent’anni quando Falcone e Borsellino cadevano sotto i colpi degli agguati mafiosi, ma rinascevano nella determinazione alla lotta contro la Mafia di questi ragazzi e nelle lenzuola bianche appese sui balconi dalla gente di Palermo.
Come sempre, quasi con indifferenza, leggerezza ed ironia, PIF ci racconta tutto questo nel suo film, lasciandoci a riflettere.
Usciamo dalla sala cinematografica con l’amara sensazione di aver ricevuto un pesante pugno nello stomaco.




giovedì 27 ottobre 2016

BRUNA ROMA DI SERA



Bruna Roma di sera
Come i capelli di una ragazza
Dalle gote tinte e dalle labbra rosse

Bruna Roma di sera
Brulicante di luci nel Tevere
Come gli occhi infuocati di una donna

Bruna Roma di sera
Colta e stravagante, serena e abbuffona,
Che lanci in cielo risate odorose di vino
E copri col tuo velo gli amanti nella notte

Bruna Roma di sera
Sdraiata nel buio ad ascoltare il tempo
Che scorre negli occhi dell’amato

venerdì 21 ottobre 2016

COME IN UN CERCHIO




 


Chissà se il tempo riuscirà a fermarci
Rendendoci  disposti ad ascoltare.

Chissà se potrò rivederti ancora
Dopo tutti questi anni.

Mi piacerebbe sapere
cosa resta di me dentro il tuo cuore
E come è stato il tempo che è passato.

Abbiamo vissuto la gioventù 
come un fuoco da consumare
e noi tutti  eravamo legna da ardere
…l’uno per l’altro.

E poi.…. c’era il profumo della primavera
quando ti baciavo e l’amore brillava sul tuo viso .
Le risate argentine risuonavano sotto le stelle,
nelle sere d’agosto in riva al mare,
ed io cantavo e suonavo per farti innamorare.

Oltre l’orizzonte, fra le flebili luci del golfo,
cercavamo il nostro avvenire
e, come in un cerchio  infinito,
ci ritroviamo adesso ad osservare
il nostro passato che si perde in lontananza.

Ciao amore… Ciao !

martedì 18 ottobre 2016

IL BAMBINO E IL PESCIOLINO -FAVOLA COMPLETA



 … C'era una  volta, tanti anni fa,   un piccolo borgo di pescatori in riva al mare.
In una delle sue minuscole case abitava un uomo con la sua famiglia, composta dalla moglie e dal figlio di cinque anni.
Quando il padre andava a pesca e la madre si occupava delle faccende domestiche, il bambino correva subito verso la spiaggia di sabbia vicina per raccogliere conchiglie, giocare con le orme che i suoi piedi lasciavano nella sabbia, tirare calci alle onde, sollevando dei begli spruzzi d’acqua e tante altre cose ancora.
La vita trascorreva serena nel borgo, anche se la maggior parte delle famiglie presenti viveva in condizioni al limite della povertà.
 Fortunatamente, questa situazione creava una strana solidarietà fra tutti. Si prestavano volentieri le cose e gli attrezzi di cui avevano bisogno e ,soprattutto, non disdegnavano il piacere di sedersi davanti all’uscio di casa la sera, dopo aver finito il lavoro ed aver cenato, per chiacchierare del più e del meno con i vicini o intrattenersi piacevolmente con i passanti. Intanto, i bambini giocavano fra di loro sotto gli occhi vigili e benevoli dei genitori.
Domani si torna ad uscire in mare. Ci si rivede all’alba al molo per la pesca e speriamo che sia buona ed il tempo non ci faccia brutti scherzi! Il vento sembra lieve e la giornata dovrebbe essere calma domani. Speriamo!
Presto sarebbero andati tutti a letto. Grandi e piccoli! Giovani e vecchi! Tutti a pensare a quello che li attendeva con le prime luci del nuovo giorno.
Quella notte si alzò il mare ed il frastuono delle onde arrivava fino alle orecchie di chi cercava di prendere sonno ed il sibilo del vento risuonava tutt’intorno. Finalmente, il vento si placò ed il frastuono s’interruppe, lasciando il posto ad un’improvvisa calma.
Il bambino non era riuscito ad addormentarsi e quell’improvviso silenzio lo incuriosì. Provò a sbirciare fuori dalla finestra socchiusa e restò sbalordito dalla limpidezza del cielo e dal chiarore magico della luna. Fu irresistibilmente attratto da quell’atmosfera surreale e ,facendo attenzione a non far rumore ed a non svegliare i genitori,  aprì l’uscio di casa e si ritrovò fuori, libero e felice. 
Il cielo era di un colore nero reso brillante dalle innumerevoli stelle che s’inseguivano l’un l’altra a perdita d’occhio, mentre la luce di una splendida luna piena illuminava tutto intorno.
Si diresse verso il mare dove la luce si rifletteva sulle onde  in uno splendore argenteo che non si può immaginare se non si è visto con i propri occhi,  guardando le coste di uno dei paesi che si affacciano nel Mediterraneo.
Ebbe voglia di camminare sulla spiaggia, guardando la luna alta nel cielo e beandosi dei riflessi di luce che brillavano sul mare, quando, ad un tratto, la sua attenzione fu richiamata da un movimento davanti a se, sulla sabbia.
Fece quasi un balzo all’indietro quando quella piccola cosa che si muoveva davanti a lui,   e che scoprì essere un pesciolino d’argento, lo apostrofò dicendo:
-         Oh! Piccolo uomo aiutami! Aiutami per favore! Se non mi butti subito in acqua non riuscirò  a vivere! Aiutami ti prego!
-         Che devo fare ?- dimmelo- rispose il bambino
-         Prendimi in mano e buttami in acqua, ti prego! Sto soffocando!
Il bambino non esitò più. Pur temendo di fargli male, prendendolo in mano, raccolse il pesciolino dalla sabbia e lo lanciò in mare.
Dopo un attimo, il pesciolino d’argento riemerse dalle acque, brillando sotto la luce della luna  e, rivolgendosi al bambino, gli disse:
-         Oh! Grazie, piccolo uomo! Mi hai salvato la vita e ti sarò per sempre riconoscente!
-         Come hai fatto a finire sulla sabbia ?– gli chiese il bambino
-         E’ stata la forza delle onde a trascinarmi e ,quando l’ultima onda mi ha spinto forte sulla sabbia, il riflusso non è stato sufficiente a riportarmi in mare. Così sono rimasto lì a soffocare. Se non fossi passato tu, sarei morto.
-         Allora sono contento  di essere passato. Siamo amici quindi?-disse il bambino sorridendo-
-         Certo- rispose il pesciolino d’argento- saremo amici per sempre e per suggellare la nostra amicizia mi potrai chiedere due regali. Due cose che desideri più d’ogni altra ed io ti esaudirò.
-         E’ bellissimo- rispose il bambino- posso veramente?
-         Certo! Dimmi cosa desideri e sarà fatto immediatamente.
-         C’è una cosa che vorrei- disse il bambino – vedo i miei genitori sempre preoccupati di trovare i soldi per andare avanti. Lavorano tutto il giorno e non si lamentano mai; ma, spesso la pesca non va bene ed i soldi non bastano. Allora, qualche volta, mio padre va a letto prima di cena e dice che non ha fame; ma, io so che è perché  il cibo non basta per tutti e lo lascia per me e la mamma. Io vorrei aiutarli! Vorrei che potessero vivere e lavorare senza  la paura del domani. Vorrei  che potessero stare senza la preoccupazione di non  avere quello che è necessario per me. Vorrei che la nostra casa fosse bella e non cadesse a pezzi! Mi puoi aiutare tu, pesciolino d’argento?
-         Sì piccolo uomo. Io posso aiutarti. In nome della nostra amicizia,  ti dico che  puoi tornare a casa e tutto quello che mi hai chiesto è diventato realtà. I tuoi genitori non avranno più preoccupazioni per il futuro e troverai la tua casa rimessa a nuovo e tinteggiata di fresco.
Ma hai ancora un desiderio da esprimere. Che cosa desideri?
-         Per adesso mi interessa solo vedere la casa nuova ed i miei genitori.-rispose il bambino- 
-         Scappo via subito! Ma come faccio a rivederti?
-         Basta che aspetti una sera di luna piena    e vieni in spiaggia. Se mi chiami verrò a risponderti- e dopo aver detto questo si tuffò fra le onde lasciando solo il bambino nella spiaggia.
A quel punto il bambino, ancora incredulo, di tutto quanto era avvenuto, non stava più nella pelle  e non vedeva l’ora di tornare a casa. Si mosse di corsa ed in un baleno arrivò.
Quale fu la sua sorpresa nel vedere la sua casetta tutta rimessa a nuovo e tinteggiata di fresco, con i suoi genitori ad aspettarlo sull’uscio. 


Ma dove sei andato? Ci hai fatto preoccupare! – gli dissero- Ma è stata una notte fantastica! 
Quando ci siamo svegliati, non riuscivamo a credere ai nostri occhi! La casa era tutta nuova! Ti ricordi la finestra rotta? Era stata riparata. Le scale  che portano nell’abbaino erano tutte nuove. Le pareti tinteggiate di bianco immacolato ...E poi…….
- E poi--- chiese il bambino?
- E poi, mentre guardavamo tutto questo, sentiamo dei colpi alla porta.
- Dei colpi? – chiese il piccolo-
- Si, dei colpi. Qualcuno che bussava dicendo: aprite è un messaggero del Re.
-         E voi?
-         E noi abbiamo aperto ad un Cavaliere con tanto di piuma sul cappello, seguito da due guardie. Il Cavaliere aveva una pergamena in mano e a quel punto si è fatto strada in casa ed ha cominciato a leggere. Diceva che il Re, nella sua grande magnificenza, aveva deciso di premiare il nostro villaggio e di dare ad una famiglia dello stesso, che era stata sempre fedele ed industriosa, un premio. Una rendita vitalizia, modesta ma sufficiente per vivere!
      Un gesto  per mostrare al mondo la bontà del Re!
-         Sei contento? E così dicendo i  genitori lo presero per mano e cominciarono a ballare in tondo    ridendo fino alle lacrime.
Il bambino rideva anche ed, in cuor suo, sapeva che tutto quello era il regalo del pesciolino d’argento per la nuova amicizia ,che era nata quella notte.
Era inutile parlarne! Non lo avrebbero creduto  e sarebbe stato inutile insistere!
 Però…. Era stato bravo il pesciolino d’argento!
Passarono i giorni ed il bambino aspettava con ansia  che arrivasse la nuova luna piena per tornare a trovare il suo amico pesciolino, sulla spiaggia.
Aveva pensato, qualche volta, al nuovo regalo da chiedergli; ma, era già contento di tutto quello che era successo. Tutto procedeva a meraviglia! La casa era chiara e luminosa. Tutti erano sereni e contenti e non mancava mai niente.
Venne dunque la luna piena  ed il bambino, appena fatta notte, sgusciò in silenzio fuori di casa.
 In pochi secondi, di corsa, arrivò alla spiaggia e comincio a dire:
-         Oh Pesciolino! Pesciolino d’argento!
Fammi contento!  Fammi contento!

       Ed ancora:

-         Oh Pesciolino! Pesciolino d’argento!
Fammi contento!  Fammi contento!

Dopo pochi secondi, il pesciolino d’argento, rilucente sotto i riflessi della luna, apparve in mezzo alle onde del mare e disse:
-         Buona notte, piccolo uomo! Come stai? Ti è piaciuto il mio regalo?
-     Certo che mi è piaciuto!-rispose il bambino- E’ stato  tutto tanto bello! Sono contento di     vederti. Tu sei mio    amico, vero?
-         Hai ancora dei dubbi?
-         No, hai ragione- disse il bambino. E’ che mi sembra tutto meraviglioso! I miei genitori sono sereni e contenti! La casa è tutta nuova! Io ho un amico speciale! Mi sembra di sognare!
-         E tu, hai pensato al regalo che posso ancora  farti ? incalzò il pesciolino d’argento- Cosa desideri. Pensaci bene, è l’ultimo regalo che posso farti.
-         Di questo non devi preoccuparti.Hai già fatto molto.Una cosa c’è che mi diverto a pensare e mi piacerebbe tanto; ma, non so se posso chiederlo. Non so se è giusto!
-         Prova. Dimmelo e ti aiuterò- rispose il pesciolino
-         Ecco! Non prendermi in giro, ma io, a volte, penso a come sarebbe bello essere grande.
-         Che cosa vuoi essere? Un gigante?
-         No, grande in quel senso. Voglio essere, grande!Un uomo già cresciuto e adulto. Uno grande. Vorrei provare a vedere cosa c’è oltre il bosco attorno al villaggio. Viaggiare per il regno. Conoscere nuove persone. Pensa a quante cose potrei raccontarti!
-         Il pesciolino lo ascoltò pensieroso e disse.
-         Sei proprio certo del tuo desiderio? Non pensi ai tuoi genitori? Non vuoi più giocare con gli altri bambini?
-         I miei genitori sono contenti ed io poi tornerò a trovarli sempre. Invece di giocare potrò fare tutto davvero. Pensa che bello! E poi, non preoccuparti perché tornerò a trovarti e raccontarti tutto quello che ho visto. Ci pensi?
-         Certo!Ricordati che la vita di un adulto è piena di pericoli e di fatica. Non ci sono più i genitori a pensare per te. Dovrai fare da solo! Sei pronto per tutto questo?
-         Si, è vero! Ci ho pensato; ma, in compenso potrò andare dove voglio. Potrò fare tutto a modo mio. Non ho paura della fatica, del lavoro e dei pericoli. Li affronterò e se uno non fa male, non deve temere niente. Così dice sempre mio padre.
-         Va bene – disse il pesciolino- torna a casa e domani, quando ti sveglierai, sarai un  giovane adulto. Ricordati che qui hai un amico.Fatti vedere qualche volta.
-         Certo- rispose il bambino – e corse via emozionato e raggiante senza guardarsi indietro e vedere la preoccupazione disegnata sulle sembianze del pesciolino d’argento.

Così fu. La mattina dopo il bambino era sparito ed i genitori videro che il loro piccolo era diventato “ grande” e si era trasformato in un bel giovanotto. Risero in cuor loro; ma, nello stesso tempo, gli dispiacque di non aver più quel piccolino, in giro per la casa.
Dopo qualche tempo, il giovane uomo spiegò ai genitori il suo desiderio di vedere il mondo.
Non abbiate paura-disse- tornerò presto   - ma, prima, voglio veder cosa c’è oltre il bosco  e nelle strade del Regno.
Così fece ed una mattina  saltò a cavallo per andare incontro al suo destino.
Tutto era nuovo attorno a se. Lui che aveva visto, attorno,sempre ampi spazi ed il mare, adesso, era passato attraverso boschi fitti, dove i raggi del sole filtravano a mala pena in mezzo al verde degli alberi. Eppure, era tutto meraviglioso! La vita, attorno a se, brulicava in tanti esseri viventi. Il silenzio  era in realtà uno stupendo sommesso rumore in mezzo al quale, se ascoltavi con attenzione, percepivi il cinguettio di un uccello, il sospiro del vento, lo scalpettio di un animale  il rumore di un ramo  abbattuto o di una pigna che cadeva.
Poi c’erano nuove città e paesi. Tante, tante persone, dai mestieri più diversi. Mercati pieni di prodotti. , le urla dei venditori  che presentavano le merci ed il lavoro paziente e misurato degli artigiani, nelle loro botteghe.
I sorrisi delle donne! I loro sguardi curiosi ed intriganti! Il loro portamento elegante e flessuoso!
Una lo aveva particolarmente colpito! L’aveva vista, dietro le sbarre della finestra, guardarlo mentre passava a cavallo appena fuori dalla città che stava visitando.
La seconda volta, guardandola, lei gli aveva fatto cenno di avvicinarsi e, contemporaneamente, lo aveva pregato di fare silenzio.
Messo sull’avviso di un possibile pericolo, il giovane uomo si avvicino alle sbarre della finestra con cautela e fu letteralmente abbagliato dalla bellezza della sua interlocutrice.
Aveva i capelli di un biondo cenere, legati dietro con una coda. I lineamenti era perfetti e gentili, con delle labbra rosa morbide e carnose disegnate perfettamente. Gli occhi …….Che occhi! Avevano un colore blu chiaro, come del mare  più profondo all’orizzonte,  in una giornata di sole.
- Che succede? Perché hai paura? Perché stai dietro una finestra con le sbarre?
Le domande si accavallavano sulla bocca del giovane uomo, fremente della risposta.
-Sono prigioniera in questa casa-rispose la ragazza- stai attento! Parla piano e non  farti vedere! Mi tiene rinchiusa un uomo grande e feroce. Un guerriero! Un Orco maligno, senza pietà che mi ha rapita  e mi vuole tutta per se.
-E tu come fai a sopportarlo? Perché non scappi? – le disse il giovane uomo-
-Non posso. Sono sempre chiusa in questa stanza ad aspettarlo. Quando ho bisogno di una qualsiasi cosa devo tirare  il cordone di una campanella  e lui mi apre armato e provvede ai miei bisogni. Non ce la faccio più! Io piango! Piango sempre, giorno e notte. La notte poi è il momento peggiore perché lui viene a trovarmi  e………………..
-         Zitta! Zitta! Non dire altro- aggiunse il giovane uomo e proseguì dicendo:
-         Ma, dimmi. E’ solo? Ci sono altre persone nella casa? La servitù? Dei guardiani?
-         Non lo so! Non vedo mai nessuno e non sento rumori. La casa però è grande e noi ci troviamo solo nella parte posteriore. Non so dirti altro.  Aiutami!- rispose la ragazza-
-         Bisogna affrontare l’Orco. Non c’è altro modo di liberarti.  – disse il giovane uomo
-         Ma come? Sei pazzo? Tu non l’hai visto. E’ una specie di gigante, alto e forte. Armato fino ai denti. Ti ucciderà ed io rimarrò  sempre più sola e abbandonata.
-         Vedrò io come fare – rispose il giovane uomo. Tu devi solo coltivare la speranza dentro il tuo cuore. Adesso devo andare ma tornerò presto e ti libererò. Mi credi? Hai fiducia in me?
-         La ragazza lo guardava teneramente ed il giovane uomo, con uno sforzo d’abilità, si sporse dal cavallo  su cui era in sella, per avvicinare il più possibile il volto alle sbarre della finestra. La sua bocca ed il suo respiro ora si fondevano quasi con quello della ragazza ed un lungo e tenero bacio li unì per sempre.
      Cercò in qualche modo di sfiorarle il volto in una carezza e si allontanò sussurrandole:
-          Torno presto, non piangere!



Il cavallo galoppava senza sosta  attraverso il bosco, verso casa, mentre un tumulto di pensieri si agitava nella mente del giovane uomo. Che fare? Come liberare la ragazza? Come uccidere l’Orco che la imprigionava? Se non era solo ?  Se aveva delle guardie con se?
Passò la notte nel bosco, dopo aver acceso un fuoco e cercato di magiare qualche cosa. Non aveva fame ed era in preda alla disperazione. Dormì agitato, con sogni di lotta e di terrore; ma, ad un tratto, la sua mente  si placò. Pensò di trovarsi in riva al mare e parlare con il suo amico: il pesciolino d’argento. Si, forse aveva bisogno di parlare di questa storia con un amico. Aveva bisogno del consiglio del pesciolino d’argento. Si avviò al galoppo verso il mare ed aspettò la notte di luna piena; quindi, cominciò a chiamare:

-         Oh Pesciolino! Pesciolino d’argento!
-         Fammi contento! Fammi contento!
E ancora e ancora
-         Oh Pesciolino! Pesciolino d’argento!
-         Fammi contento! Fammi contento!
Il mare  riluceva sotto i raggi della luna e, ad un tratto, più delle onde brillò, in mezzo ad esse, un pesciolino..... un pesciolino d’argento.
-Eccomi a te giovane uomo! Eccomi a te, amico mio! Cosa posso fare per te? – disse il pesciolino d’argento.
Il giovane uomo poté finalmente liberare il suo cuore e raccontò all’amico per filo e per segno tutto quello che era successo. La ragazza prigioniera, l’Orco, il suo amore ed il desiderio di liberarla.
Dovrai essere forte – gli disse il pesciolino d’argento – Nessuna impresa del genere è mai sicura e priva della possibilità dell’insuccesso, della sconfitta. Il male esiste davvero  ed è forte, è cattivo e punge e taglia come la lama di una spada. Come il suo nome dice, appunto, fa male!
Guarda accanto a te, per terra. Cosa vedi? – disse il pesciolino d’argento-
Il giovane uomo si voltò e guardò verso terrà dove vide stesa una bellissima spada luccicante sotto la luce della luna. La lama sembrava affilatissima e tagliente!
Prendila – disse il pesciolino d’argento- quella è la spada del coraggio e della giustizia  che nelle mani di chi ama diventa un’arma micidiale. La lotta fra l’amore ed il male è una lotta eterna ma tu puoi vincerla con la forza ed il coraggio che ti vengono dal tuo amore. Certo, vi saranno momenti in cui penserai di non farcela. Potrai anche pensare di esser stato un pazzo a sfidare il male; ma, se ci pensi bene,  a che vale la vita se non lotti per le persone e le cose che ami ed in cui credi?
Va dunque! Prendi la spada con te ed usala con coraggio! Uccidi l’orco, libera la ragazza e portala qui davanti al mare perché così io possa avere una nuova amica.
Il giovane uomo prese la spada e la alzò con la punta rivolta al cielo, sotto lo sguardo benevolo e amico del pesciolino d’argento.
Vado- disse- ma tornerò presto con una giovane donna al mio fianco.
Così facendo, pose la spada al suo fianco e si diresse  a passi decisi verso il cavallo. Vi montò sopra ed, al galoppo, sparì nella notte.

-    Apri! Ho detto apri! -gridò il giovane uomo bussando ferocemente alla porta della casa dove      stava rinchiusa la giovane donna.
-         Chi è che bussa a quest’ora? Chi sei? Che vuoi ? -gridò l’Orco , aprendo l’uscio e vedendo il giovane uomo con la spada  in pugno, la prese a sua volta  esplodendo in un ruggito bestiale.
Il giovane uomo si vide perduto e sentì il sangue gelarsi nelle vene. Le gambe quasi non lo reggevano; ma,  con la coda dell’occhio, si rese conto che l’Orco, nell’esprimere  la sua ferocia,  aveva commesso un errore, per eccesso di sicurezza, ed aveva allargato la sua guardia.
Spinto da una voglia insopprimibile di sopravvivenza, dalla disperazione e dal desiderio di abbattere quell’orribile animale affondò con tutto il coraggio che possedeva la spada dritta nel petto dell’Orco trafiggendogli il cuore.
Un’espressione, innanzi tutto di stupore si dipinse sul volto del bestione ferito a morte. Poi, la coscienza di quello che era successo lo spinse a raccogliere tutte le forze rimaste in un rigurgito di rabbia estrema  per scagliarsi contro il giovane uomo; ma, le forze lo abbandonarono  di colpo, cadde prima in ginocchio e quindi stramazzò al suolo.Subito il giovane uomo frugò nelle sue tasche e trovò una chiave, quella che avrebbe aperto la prigione della sua giovane donna.

I due giovani passeggiavano mano nella mano nella notte illuminata dalla luna piena, sulla spiaggia. I loro passi si susseguivano, l’uno dopo l’altro, incontro allo sciabordio delle onde sull’arena.
Dopo essere stata liberata la giovane donna era stata portata nel borgo dei pescatori  a conoscere i genitori  del suo nuovo compagno. La festa era stata grande e la mamma del giovane uomo l’aveva più volte abbracciata sotto lo sguardo benevolo del figlio e del marito.
Avevano deciso di sposarsi e di vivere  anche loro nella bella casa  del borgo. Ora, il giovane uomo desiderava presentare la sua compagna al suo amico più caro: il pesciolino d’argento.
Ecco perché erano lì adesso, sulle rive del mare, a guardarsi con affetto e sorridersi.
Poi, insieme, cominciarono a chiamare il loro amico dicendo:

-         Oh Pesciolino! Pesciolino d’argento!
-         Fammi contento! Fammi contento!

E ancora insieme.

-         Oh Pesciolino! Pesciolino d’argento!
-         Fammi contento! Fammi contento!
E il pesciolino apparve tra le onde,  rilucente d’argento, sotto i raggi della luna piena, alta nel cielo.
-         Chi si vede! – disse- Finalmente ti sei ricordato di me! E chi è quella bella, giovane donna che ti guarda con tanto amore?
Cominciarono così a parlare fitto fitto, raccontandosi tutto e più e più ancora, mentre la notte scorreva intorno  a loro,  riconoscendoli  per sempre amici.














-          



               



Il testamento del capitano

Vi presento un nuovo racconto del mio amico e compagno del Liceo : Mario Basile

Inizia:



Durante la guerra del ‘15 – ’18 nacquero molte canzoni che inneggiavano alla patria in armi, a Trento e a Trieste da liberare, alla vittoria che avrebbe coronato il sacrificio dei combattenti e del popolo. Ma le canzoni più belle furono le più semplici : le ‘ cante ’ anonime , un po’ in lingua e un po’ in dialetto , sgrammaticate , ma vivissime , che si cantavano in trincea. Senza retorica , ma con crudo spietato senso della realtà , esse parlavano della dura vita del soldato : le marce , gli assalti , i bombardamenti dell’artiglieria , i compagni che morivano , e insieme il rimpianto della casa lontana , il desiderio della ‘ licenza ‘ , i sogni da realizzare non appena la guerra fosse finita . In quelle cante senza autore (ciascuno vi aggiungeva una strofa , l’adattava al suo reparto) veniva sempre lodata la figura del capitano : quel comandante valoroso , di cui fu ricco il nostro fronte , che marciava in testa ai suoi soldati , ma che sapeva essere sempre umano e paterno . Era il capitano per eccellenza , il capo d’altri uomini , anche se portava galloni diversi , di colonnello o di generale .

Antonio Cantore , generale degli alpini , fu uno di questi ‘ capitani ‘ . Vestito con un cappotto sdrucito , con il bastone in mano , il ‘vecio ‘ , come lo chiamavano affettuosamente , camminava giorno e notte nelle trincee e su per i monti e andava di pattuglia come un soldato qualsiasi .
Morì in primissima linea , colpito in fronte da una pallottola , mentre dalla trincea osservava col binocolo il nemico che gli stava innanzi , a duecento metri .

A lui e agli altri eroici capitani della grande guerra dedichiamo una di quelle canzoni di trincea .

E il capitan della compagnia

e l’è ferito, sta per morir ... !

Ghe manda a dire ai suoi alpini

perché lo vengano a ritrovar
 .
I suoi alpini ghe manda a dire

che non han scarpe per camminar …

’ O con le scarpe o senza scarpe

i miei alpini li voglio qua … ‘

’ Cosa comanda , sior Capitano

che noi adesso semo arrivà … ‘

Ed io comando che il mio corpo

in cinque pezzi sia taglià :

il primo pezzo alla bandiera ,

secondo pezzo al battaglion ,

il terzo pezzo alla mia mamma

che si ricordi del suo figliol !

Il quarto pezzo alla mia bella

che si ricordi del suo primo amor !

L’ultimo pezzo alle montagne

che lo fioriscano di rose e fior … !

L’ultimo pezzo alle montagne

che lo fioriscano di rose e fior … !

Chissà se qualcuno di questi valorosi capitani fu trasportato in barella dalle portatrici a valle per essere poi avviato , se ferito , agli ospedali da campo o , se morto , seppellito nel Cimitero di guerra di Timau , dove le stesse portatrici avevano scavato la fossa ?
Ma chi erano queste portatrici ? Erano donne della Carnia che avevano avvertito la gravità della situazione ed avevano aderito subito all'invito drammatico di mettersi a disposizione dei Comandi Militari per trasportare a spalla quanto occorreva agli uomini della prima linea . Arrivavano a destinazione col cuore in gola , stremate dalla disumana fatica , che diventava ancor più pesante d'inverno , quando affondavano nella neve fino alle ginocchia . Scaricavano il materiale , una sosta di pochi minuti per riposare , per portare agli alpini al fronte qualche notizia del paese e magari riconsegnare loro la biancheria fresca di bucato , portata giù a valle per essere lavata , nei giorni precedenti . Si incamminavano poi in discesa , per ritornare a casa , dove c'erano ad aspettarle i bambini , i vecchi , la cura della casa e della stalla .

All'alba del giorno dopo si ricominciava con un nuovo ‘ viaggio ’ .

Se vi trovate a passeggiare nella zona delle Alpi Retiche o Carniche , dove si svolsero le battaglie della prima guerra mondiale , se farete delle escursioni percorrendo suggestivi sentieri tra pini e abeti o seguirete semplicemente le piste forestali , se sarete capaci di ascoltare il soffio del vento , allora l’infinito silenzio di quelle montagne potrebbe ancora una volta essere squarciato dalle voci di quei soldati o dal lamento del loro capitano morente e se guarderete i fiori profumati di quelle montagne , ricordatevi che essi furono il solo omaggio ai poveri corpi di tanti alpini , morti lontano dalle loro mamme , fidanzate o mogli e sepolti tra queste montagne , con il perenne conforto del loro elmo , ricoperto dalla negra terra , e ricordatevi che tra gli alberi di queste nobili montagne aleggiano ancora le loro anime a cui fanno compagnia le strida dei falchi , il fragore dei ruscelli , il silenzio delle nevi e il vostro commosso pensiero .
Ricordatevi anche che qualche impervio sentiero fu percorso anche da quelle portatrici carniche che , con sforzo sovrumano e immenso amore e sacrificio , salivano questi monti , perché sentivano il loro cuore sussurrare : ‘ Anin , senò chei biadaz ai murin encje di fan ‘ , ovvero , ’ Andiamo , altrimenti quei poveretti muoiono anche di fame ’ .
Ricordiamo , in particolare , una di queste , Maria Plozner , alla quale , nel 1997 , il Presidente della Repubblica ha conferito ‘ motu proprio ‘ , la medaglia d'oro al valor militare alla memoria .
Era mamma di quattro figli in tenera età e sposa di un combattente sul fronte del Carso . Aveva solo 32 anni quando venne colpita a morte da un cecchino austriaco . Spirò la stessa notte nell'ospedale da campo .
Ebbe un funerale con gli onori militari , alla presenza di tutte le portatrici e fu seppellita a Paluzza .


Forse non è un caso che una straordinaria voce di donna abbia cantato in modo accorato quel canto alpino , perché non furono solo gli uomini gli unici eroi di quella guerra , ma lo furono anche le loro donne , con il loro umile e nascosto eroismo quotidiano .


lunedì 17 ottobre 2016

FABBRICA OCCUPATA


   olio su tela 50 x 70

Il quadro è stato dipinto nel 1974.L’idea dell’opera nasce dalle emozioni e dalle riflessioni successive all’ascolto del concerto di Giorgio Gaslini dallo stesso titolo.
Fra il pubblico quella sera, a Catania, c’erano quasi tutti i compagni del movimento degli studenti con cui in quegli anni avevo diviso speranze, lotte e delusioni. Vi erano anche alcuni professori universitari di “ sinistra” e altre poche persone non conosciute. 
Probabilmente appassionati di musica ed altri ancora.
Erano anni in cui, a partire dalla scuola, la lotta era arrivata nelle fabbriche con contenuti anti-autoritari ed egualitari; adesso, tuttavia, il Movimento aveva esaurito i suoi toni iniziali per assumere in molti casi un antagonismo irriducibile ed esasperato o subire un inesorabile riflusso. Molti di noi volevano continuare a vivere insieme il ritorno ad una dimensione “ privata”
secondo un contenuto politico. 
Nacque così un’esperienza di gruppo che ci permise di ragionare dei nostri stessi sentimenti, del senso del lavoro, della cultura e di tanto altro. “Fabbrica occupata” nasce in quel periodo e rappresenta la tensione forte, ideale ed ancora presente nell’animo, delle ragioni dell’opposizione e della lotta ad un sistema sociale ritenuto ingiusto nei confronti dei ceti popolari ed in generale dei sentimenti della “ persona.”
Il riferimento alla musica, espressione della bellezza e dello spettacolo appena visto, sta nel corpo centrale del quadro con la costruzione di una sintesi fra tre strumenti: chitarra, contrabbasso e pianoforte secondo l’ispirazione cubista presente soprattutto nei quadri di Braque e di Picasso.
L’utilizzazione degli spazi insieme ai fasci di luce e di colore si muove anch’essa ispirandosi alla lezione cubista.
Le forme della fabbrica stilizzata nelle ciminiere, negli ingranaggi e nel fumo, realizzato attraverso una moltitudine di sfere grigie, s’ispirano all’atmosfera, la tecnica e i colori presenti nei quadri di Lèger. La nota forse “pop” di stile moderno, quasi americano, è data dalla presenza del simbolo del divieto ( in questo caso un divieto di sosta) contro cui si esprime lo striscione con la scritta OCCUP( ata).
Che dire dell’uso dei colori? Ho parlato già del grigio; ma, gli altri colori utilizzati sono sempre, per me, espressione di una materia viva, forte e carnale, a stento indirizzata ed organizzata dalle strutture logiche .

CIAO , CIAO AMERICA


 

Mille bandiere gonfiate dal vento
Con i colori dell’arcobaleno
Ed i sorrisi  dipinti sui volti
Di tanti ragazzi baciati dal sole

Ciao , Ciao Bambina
Mi risuonano in testa  i versi
Di un melodico Modugno,
(canterebbe Carmen Consoli),
Mentre cammino emozionato
Gridando il mio no alla guerra

Ciao Ciao Bambina
Ed è mia figlia per la prima volta
Accanto  ai miei passi guerrieri,
Per le strade romane.

Risuonano accanto le grida  cattive
Di arabi    circondati da Occidente.
Trasportano a spalla un loro compagno
Che si finge morto!
Non c’è gioia nel loro no alla guerra.
Non è come il ballo di quei ragazzi
che sono passati prima,  a Colle Oppio
Ci portano il dolore  e la cattiveria della lotta.
Non c’è speranza , non c’è salvezza  nella guerra.
Non si fanno prigionieri !

Ciao Ciao Bambina
E leggo il saluto di un marine
Alla  figlia prima di partire.
Non te ne andare , papà !

Quante volte, America, dovrai sentire
La chitarra di Jimmy  suonare
Il tuo inno come rombo di aeroplani
Ed esplosione di bombe ?
Quante volte dovrà cadere nel vento
La risposta alle mie domande?
America orgogliosa  e dolente
Che piangi i morti delle  due torri
Oggi  sei la capitale del nostro mondo,
Ma mi fa paura  la tua paura.






venerdì 14 ottobre 2016

CAFE’ SOCIETY (2016)













C’inoltriamo senza pensarci troppo, coinvolti dalla calda fotografia e dalle musiche avvolgenti, all’interno dell’America degli anni trenta, guidati dalla voce del narratore.
Le atmosfere calde e vivaci di Hollywood e di New York sono abilmente differenziate dal colore della fotografia curata dall’italiano Vittorio Storaro, che ha scelto dei toni più chiari e netti per descrivere New York (a parte una splendida inquadratura di un tramonto aranciato) e quella quasi dorata, d’altri tempi, di Hollywood.
E poi, c’è l’America che tutti abbiamo immaginato, immersa in quei colori e con un sottofondo jazz che ci accompagna per tutta la durata del film.
Se pensiamo per un attimo che quell’America, che ci appare così vitale, sotto la guida di Roosevelt stava appena uscendo dalla “Grande Depressione” e la paragoniamo per un attimo alle contemporanee atmosfere europee, c’è da restare attoniti.
Ci avvince, nel film, quel farci sentire partecipi, quasi dentro le scene, in mezzo ai passanti o agli avventori del café, delle vicende dei nostri protagonisti.
Del delicato sentimento che li avvolge e che forse non li lascerà mai, anche quando la vita prenderà strade diverse e li accompagnerà verso altre persone o li farà diventare genitori.
Quel sentimento delicato ed avvolgente che nasce con la timidezza incredibilmente e contraddittoriamente sfrontata di Bobby (Jesse Eisenberg) e con la grazia dolce ed adorante di Vonnie (una stupenda Kristen Stewart) che accompagnerà i loro pensieri ed i loro sogni forse per tutta la vita.
Non credo che Allen potesse scegliere un modo migliore per chiudere il film se non con una semplice e delicata scena, quasi noncurante del sentimento che si leggeva negli occhi di Bobby,a cui faceva eco a distanza quello degli occhi di Vonnie.
Quasi a sottolineare la trascuratezza e la disattenzione della vita reale verso i sentimenti profondi, che spesso albergano e travagliano la nostra mente ed i nostri cuori.
Nessuna crudeltà in tutto questo, ma solo la triste, indifferente vita quotidiana.
Una vita che, citando una frase del film tipica della malinconica arguzia di Woody Allen, appare spesso come una “commedia scritta da un sadico che fa il commediografo”
Si potrebbe ancora parlare ed indagare sulle motivazioni che l’hanno spinto a realizzare questo film e perché in queste modalità; ma, credo che quanto già detto ci lasci intuire già tutto.
Allen ci sta vicino, con la sua voce fuori campo, e ci racconta e descrive i due protagonisti mentre li seguiamo muoversi indaffarati all’interno della realtà familiare e lavorativa d’ogni giorno, senza che la macchina da presa sposi più di tanto il loro punto di vista, se non nei rari momenti d’intimità necessari.

E’ l’America con i suoi grattacieli e le strade affollate, il jazz, i gangsters, il mondo del cinema ed i locali alla moda; sono Bobby, Vonnie e gli altri, sono i ricordi della famiglia ebrea, sono i sentimenti che albergano silenziosi nei nostri cuori e tutti noi spettatori insieme al regista i veri protagonisti del film 

giovedì 13 ottobre 2016

PER DARIO !



Dario Fo non è più fra di noi e gli auguro che, in questo momento, abbia avuto almeno la possibilità di ritrovare la sua amata Franca.
Chissà?
Lo ringrazio per il contributo che la sua personalità e la sua vita ci hanno regalato, costringendoci a misurarci su di un livello più alto di sensibilità e cultura, grazie  alle sue sollecitazioni provocatorie e non.
Personalmente, sono stato e sono spesso contrario alle sue affermazioni ed allo stesso modo di vedere la società nel suo complesso; ma, alcuni spaccati di realtà e la loro elaborazione artistica rimangono memorabili.
 Ha avuto una versatilità incredibile, spaziando  dal teatro  alla pittura,  dal componimento musicale  alla  televisione ecc.
 E’ stato un cantore della nostra storia e cultura, delle aspirazioni dei più umili, della contraddizione sempre presente nei confronti del potere costituito.
In questo, ho probabilmente, rispetto a lui, una visione profondamente diversa.
Ascoltandolo, ho avuto sempre la sensazione che la sua visione del potere assomigli a quella che tanti anni fa, nel periodo della “Contestazione”, definivamo come il “ Sistema”: una struttura d’interessi, di relazioni e di potere capace di tessere attorno a noi una rete intricata e condizionante tutti i nostri comportamenti.
Una rete ed un sistema di potere capaci anche di riscrivere la storia passata e condizionare il pensiero presente manipolando l’informazione, le coscienze e le idee della massa rendendola facilmente dominabile.
Questa è una visione che non mi appartiene più, pur avendola in parte condivisa tanti anni fa.
Credo, invece, che la realtà sia molto più contraddittoria e che la capacità di verifica e controllo anche della persona più umile sia una questione molto più complessa, vitale e capace di reazione e di verità immediata. Concetto sul quale fondo la mia estrema fiducia nella “democrazia”. Concetto che ho trovato anche, all’interno delle mie letture passate, nel pensiero di Mao Tse Tung e nella fiducia che lo stesso nutriva nei confronti del popolo e della sua capacità di valutare e giudicare le idee giuste. Il suo criterio di giudizio non era, infatti, aprioristico ma, al contrario, molto concreto quando affermava che la verità risiede in seno al popolo. Quando valutava il successo di una posizione politica e culturale fra la gente come l’unico indicatore della sua validità.
L’esatto contrario di una visione del popolo come massa amorfa controllata e manipolata.
E’ possibile ed è logico che ogni struttura di potere cerchi di condizionare le coscienze e la cultura di una società per poterne mantenere il controllo; ma, in qualche modo, deve riuscire a rispondere, anche mentendo, ai bisogni delle persone. A partire da quelli ogni persona ha la possibilità di prendere coscienza e valutare ciò che gli viene detto e offerto in maniera libera ed autonoma, creando le basi del cambiamento e del dissenso, quando è necessario.
Esiste quindi anche un potere della gente, della massa delle persone, del popolo  che condiziona con il suo  giudizio l’esigenza di successo e di consenso della classe dominante.
Probabilmente vi è un continuum fra queste diverse letture su cui ci si può incontrare e comprendere meglio la realtà che ci circonda, a patto di  essere disponibili ad ascoltarsi l’un l’altro.
Pur con la diversità di visione di cui ho parlato, ringrazio pertanto di nuovo Dario Fo per il suo impegno civile ed artistico e per la bellezza di ciò che ha espresso con la sua vita .