Dario Fo non è più fra di noi e gli auguro che, in questo
momento, abbia avuto almeno la possibilità di ritrovare la sua amata Franca.
Chissà?
Lo ringrazio per il contributo
che la sua personalità e la sua vita ci hanno regalato, costringendoci a
misurarci su di un livello più alto di sensibilità e cultura, grazie alle sue sollecitazioni provocatorie e non.
Personalmente, sono stato e sono
spesso contrario alle sue affermazioni ed allo stesso modo di vedere la società
nel suo complesso; ma, alcuni spaccati di realtà e la loro elaborazione
artistica rimangono memorabili.
Ha avuto una versatilità incredibile, spaziando dal teatro
alla pittura, dal componimento
musicale alla televisione ecc.
E’ stato un cantore della nostra storia e cultura, delle
aspirazioni dei più umili, della contraddizione sempre presente nei confronti
del potere costituito.
In questo, ho probabilmente, rispetto
a lui, una visione profondamente diversa.
Ascoltandolo, ho avuto sempre la
sensazione che la sua visione del potere assomigli a quella che tanti anni fa,
nel periodo della “Contestazione”, definivamo come il “ Sistema”: una struttura
d’interessi, di relazioni e di potere capace di tessere attorno a noi una rete
intricata e condizionante tutti i nostri comportamenti.
Una rete ed un sistema di potere
capaci anche di riscrivere la storia passata e condizionare il pensiero
presente manipolando l’informazione, le coscienze e le idee della massa
rendendola facilmente dominabile.
Questa è una visione che non mi
appartiene più, pur avendola in parte condivisa tanti anni fa.
Credo, invece, che la realtà sia
molto più contraddittoria e che la capacità di verifica e controllo anche della
persona più umile sia una questione molto più complessa, vitale e capace di
reazione e di verità immediata. Concetto sul quale fondo la mia estrema fiducia
nella “democrazia”. Concetto che ho trovato anche, all’interno delle mie
letture passate, nel pensiero di Mao Tse Tung e nella fiducia che lo stesso
nutriva nei confronti del popolo e della sua capacità di valutare e giudicare
le idee giuste. Il suo criterio di giudizio non era, infatti, aprioristico ma,
al contrario, molto concreto quando affermava che la verità risiede in seno al
popolo. Quando valutava il successo di una posizione politica e culturale fra la
gente come l’unico indicatore della sua validità.
L’esatto contrario di una visione
del popolo come massa amorfa controllata e manipolata.
E’ possibile ed è logico che ogni
struttura di potere cerchi di condizionare le coscienze e la cultura di una
società per poterne mantenere il controllo; ma, in qualche modo, deve riuscire
a rispondere, anche mentendo, ai bisogni delle persone. A partire da quelli
ogni persona ha la possibilità di prendere coscienza e valutare ciò che gli
viene detto e offerto in maniera libera ed autonoma, creando le basi del
cambiamento e del dissenso, quando è necessario.
Esiste quindi anche un potere
della gente, della massa delle persone, del popolo che condiziona con il suo
giudizio l’esigenza di successo e di consenso della classe dominante.
Probabilmente vi è un continuum
fra queste diverse letture su cui ci si può incontrare e comprendere meglio la
realtà che ci circonda, a patto di
essere disponibili ad ascoltarsi l’un l’altro.
Pur con la diversità di visione
di cui ho parlato, ringrazio pertanto di nuovo Dario Fo per il suo impegno
civile ed artistico e per la bellezza di ciò che ha espresso con la sua vita .
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