martedì 11 ottobre 2016

T.I.R. di Mario Basile

Ho il piacere di presentarvi  un racconto di un mio caro compagno del Liceo : Mario Basile

COMINCIA:



Conservo nell’intimo , come la memoria di una gradita carezza , il ricordo della verde stagione .
Finiti i compiti si correva in piazza con le tasche dei nostri pantaloncini di velluto rigonfie per le macchinine che attendevano di sfrecciare sul terreno . Il rombo delle rare vetture che passavano veniva coperto dalle nostre grida onomatopeiche che anticipavano il gioco .
Brrruuummm , brrruuummm , brrruuummm ...
Con il gessetto disegnavamo il circuito per terra . E la nostra fantasia ce lo faceva disegnare tortuoso . Al suo interno si tracciava ogni tanto un quadrato tagliato dalle  diagonali . Rappresentava un traguardo . Quando l’automobilina lo oltrepassa poteva anche uscire fuori dal bordo del circuito tanto che chi l’aveva lanciata poteva gridare felice a squarciagola : TAPPA ! TAPPA !

Presago del passato ho deviato dal mio percorso .
Anche in quella piccola città , in quel paese simile a quello della mia infanzia ho visto dei ragazzini con le ginocchia sbucciate per essere stati troppo tempo a terra .
Passo come uno straniero in mezzo a loro , ma nessuno ha capito che non lo sono .
Il mio cuore è vicino , anche se batte lontano , signore di un corpo esiliato e straniero .
Tutto mi si confonde . Quando credo di ricordare una cosa , penso ad altro e intanto vedo  in modo nitido quello che la mia memoria sventola come un ventaglio distratto .
Hanno delle vetturette sgangherate tra le mani . Sono modelli di macchine sportive , ma di scarso valore . Un bambino con i capelli biondi e arruffati se ne sta lì a guardare . Segue i movimenti delle  braccia dei suoi compagni . Urla con loro , ma avrebbe  una gran voglia di lanciare anche la sua  .

Forse mi sono attardato troppo . Ho sostato un’ora in quel piccolo paese attraversato da una strada larga . Ora devo affrettarmi a riprendere l’autostrada . Questo mio vecchio TIR non è adatto a percorrere una strada statale , ma guardando il volto di quel bambino non posso fare a meno di intenerirmi . Ho penetrato dentro la sua anima , dentro la sua voglia afflitta di amore .

Tutti siamo abituati a vedere noi stessi essenzialmente come delle realtà mentali , mentre vediamo gli altri come delle realtà fisiche . A causa dell’effetto che destiamo negli occhi degli altri abbiamo una vaga consapevolezza di noi stessi come delle realtà fisiche , ma soltanto nell’amore prendiamo veramente coscienza che noi abbiamo soprattutto un’anima , come l’hanno gli altri oltre l’involucro del corpo .

Mi reco al bar che è anche un piccolo bazaar . Compro in fretta la piccola Ferrari rossa . La metto tra le mani di quel bimbo . E fuggo via senza permettergli di ringraziarmi .

Il tempo ! Il passato ! Ciò che sono stato e non sarò mai più . Ciò che ho avuto e non riavrò ! I morti che mi hanno amato nella mia infanzia . I morti che ho seppellito nella mia maturità !

Dio mi ha creato per essere bambino . Forse non mi sono mantenuto sempre tale , ma ogni volta che vedo per la strada un bimbo che piange , un ragazzo esiliato dagli altri , mi fa più male il suo sprovveduto dolore della tristezza del mio cuore esausto .
Tedio del crepuscolo e della trascuratezza , stanchezza di aver dovuto vivere …
Ho avuto desideri , ma mi è stata negata la ragione di averli .
Non ricordo il volto di un figlio . Egli è morto quando aveva solo sei mesi .
Tutto quello che vi è di disperso e duro della mia sensibilità proviene dall’assenza di quel calore e dalla nostalgia inutile dei baci che non ricordo .
Che altro sarei se avessi potuto godere di più di quella tenerezza che dalle viscere saliva ai baci sul volto di un bambino !
Adesso non vedo l’ora di tornare a casa , di ritornare a sedermi in poltrona accanto a quella donna che ha seppellito anch’essa nella tomba la sua maternità e che mi attende ancora nella vecchia poltrona accanto al fuoco . Da quanti anni la conosco ? Era una bambina quando mi vedeva sudare tutto trafelato in piazza . Si affacciava dal  balcone e rideva . Rivedo quella  piazza , quel circuito bianco disegnato sulla piazza scura e quella fanciulla che mi guardava dalla finestra e che non sapeva che un giorno avrebbe unito la sua vita alla mia , che mi avrebbe aspettato in silenzio pazientemente , convivendo con la sofferenza che scaturisce sempre dall’ansia delle lunghe attese .
Chissà se in questo momento riesce a percepire questi pensieri che mi invadono …
Non avrei mai potuto immaginare che lei avrebbe avuto la pazienza di attendere silenziosa il ritorno di un uomo che per vivere fa il camionista .
Eppure venivo da terre prodigiose , dai paesaggi più belli della mia vita , ma non ho parlato di quelle terre se non a me stesso , ma l’amore forse ne ha percepito i bagliori segreti .

Piove da due ore e dal cielo grigio e freddo cade un’acqua di un colore che fa male all’anima .
Questo sarà il mio ultimo lungo tragitto . Dopo andrò in pensione . Tornerò a riposare nella mia casa senza figli e senza la dolce invasione dei nipoti . Non dovevo partire per questo viaggio , ma ho sostituito Giacomo Bianchi che stava male e che adesso sta in un letto caldo , al caldo, con un’aspirina in bocca .

A questo mondo viviamo tutti passeggeri di una nave salpata da un posto ignoto che forse piano piano riusciamo a distinguere quando ci avviciniamo al porto ignoto che sarà la nostra destinazione finale .
Come inquilino della nave vedo in quel bambino che ho appena lasciato quello che fui e provo per quel piccolo passeggero una tenerezza che provai forse solo per quel minuscolo essere che ebbi un giorno tra le braccia .

Colui che io conosco come nessun altro conosce non avrà più strade da percorrere , ma solo un porto da raggiungere . La sua amata Itaca , la sua dolce  Penelope che in tante  sere ha disfatto la tela , attendendo il suo tardo rientro nella notte , mentre io sostituivo allo scenario antico sogni creati tra giochi e slanci , tra bionde luci e musiche invisibili .

Tutti noi viviamo distanti e anonimi , dissimulati , soffriamo da sconosciuti , nella dolorosa costanza e quotidianità della vita , ma io ho una specie di dovere di immaginare un’altra realtà , perché , non essendo altro , né volendo essere altro che uno spettatore di me stesso , devo avere il migliore spettacolo che posso . Così mi costruisco pensieri di oro e di seta nelle sale immaginarie di un palcoscenico vuoto .

Se la nostra vita potesse essere un eterno stare alla finestra , se potessimo rimanere così, come un fumo immobile , sempre , sempre con il medesimo momento dell’imbrunire che addolora la curva dei monti . Se si potesse restare così a guardare , a ricordare , a sognare oltre il tempo !

Giro l’angolo e imbocco un’altra strada . Solo allora mi accorgo che oltre ai lampioni , che si stanno accendendo nel tramonto rosa , c’è qualcos’altro nella strada : un bagliore di luna che si va offuscando , vago , occulto , muto , pieno di nulla e di tutto , come la vita …
Guarda come sta scurendo !
Ho chiesto alla vita soltanto che non mi togliesse il sole e adesso vedo una luce rosa e grigia .
Un accecante bagliore illumina d’un tratto la mia ombra …

Non sento più il volante …

Un filo lento di fumo si alza e si disperde in lontananza come chi , dopo aver respirato fitto ,  interrompe d’un tratto la sua corsa , trascinandosi in  un battere alto di passi brevi svelando il passato e il domani del mondo ed il mistero di entrambi …

In un altro punto delle coordinate spazio-temporali un lontano bambino fa sfrecciare la sua piccola Ferrari che esce vincente dal circuito disegnato per terra  …
TAPPA ! TAPPA ! …
E’ il suo ultimo grido felice prima del tramonto ...

FINISCE

AGGIUNGO IL VIDEO CON LA CANZONE TIR  CANTATA DA MINA CHE E' STATA 
D' ISPIRAZIONE AL RACCONTO





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