martedì 19 giugno 2018

LA TERRA DELL'ABBASTANZA



“La terra dell'abbastanza” è il film d'esordio dei fratelli Damiano e Fabio D'Innocenzo che, oltre a dirigerlo,  ne  hanno scritto  anche il soggetto  e  curato la sceneggiatura.
Il film è stato presentato nella sezione "Panorama" al Festival di Berlino 2018, ottenendo un vivo interesse.
La  storia si addentra  nell'atmosfera della periferia romana con una crudezza diretta e priva di orpelli giustificatori  e/o consolanti .
No!    Siamo davanti  alla storia di due ragazzi come tanti,  in un'età in cui la complicità della giovinezza e la solidarietà dell'amicizia sono forse uno dei valori fondativi della vita insieme  alla forza delle passioni e delle emozioni. Ci troviamo all'interno di una periferia  romana , quella di Tor bella monaca, che ricorda  quella  piatta, metallica, assolata, marginale ed isolata  dei film di Pasolini , la cui atmosfera  abbiamo recentemente riscoperto anche in altre pellicole come ad esempio  "Dogman" di Garrone o in " Fortunata", ambientato a Tor Pignattara.
 Lo svolgersi della giornata  passa attraverso le scadenze segnate dal bisogno, dalla difficoltà  e da una convivenza normale con la devianza e l'illegalità diffusa.
 I nostri due giovani protagonisti Mirko e Manolo , amici/fratelli  fin dalle elementari, vivono in un quartiere periferico di Roma e frequentano la scuola alberghiera, desiderando di poter  fare successivamente i bartender.  Il loro legame è importante e fa da argine all'insicurezza derivante della provenienza da famiglie letteralmente  disastrate e divise. Manolo ha come riferimento un padre ( Max Tortora) ai margini della criminalità, mentre Mirko vive insieme alla madre  ed alla piccola figlia del suo nuovo compagno, troppo spesso  assente ed  "altrove".
Le prime scene ci mostrano i due ragazzi,   a bordo  della propria automobile , ridere  e scherzare nella  loro complice  gioventù;  ma ,subito dopo  , il caso ed il dramma s'insinueranno prepotentemente nella loro vita.
In un attimo, si rendono conto di aver investito un uomo  e scappano senza prestargli soccorso.
È da questo momento che inizia la parte più interessante del film  che, con la mano abile dei due registi esordienti, ci mostra come, in assenza di una forte struttura  culturale  personale derivante anche dalla presenza di solidi  rapporti sociali e familiari, si possa scivolare facilmente in una rimozione del senso di colpa e di responsabilità, cercando , al contrario, di cogliere tutti i vantaggi  e le occasioni possibili che si presentano per migliorare la propria condizione.
L'opera prima dei fratelli D'innocenzo è ,tuttavia, spietata e non concede nulla né ai protagonisti della storia, né agli spettatori.
I due ragazzi, dopo l'incidente, chiedono aiuto al padre di Manolo su come comportarsi e questi, dopo aver scoperto che la persona  investita era un " infame"   già condannato  a morte dalla potente famiglia Pantano,  gli spiega che in realtà " hanno davanti l'occasione d'oro della  vita. " Avete svoltato" gli dice.
Grazie a quella fortuita morte, causata dall'incidente automobilistico, Mirko e Manolo si sono guadagnati il diritto di entrare nel clan dei Pantano  e , dopo  un percorso costellato da  droga, sesso , soldi e potere, assumono presto  il ruolo di killer, ottenendo alla loro giovane età  un  rispetto e  del denaro che non avevano mai avuto.
“Con questo film volevamo raccontare com’è maledettamente facile assuefarsi al male”, dicono i D’Innocenzo: “In un mondo in cui la sofferenza è sinonimo di debolezza, i nostri protagonisti si spingeranno oltre il limite della sopportazione: vedere fin dove si può fingere di non sentire nulla”.  Tutto questo tuttavia non è premiante. In questo,  il messaggio del film è chiaro: " Non  c'è tranquillità,  né vera piacevolezza, né alcuna costruzione di un vero benessere o del  percorso di realizzazione di sé stessi   all'interno del crimine,  che è sempre lì, a portata di mano, come possibile soluzione nei confronti delle difficoltà  della vita".
Le difficoltà, invece, rimangono ed anzi aumentano fino ad annullarti,  portandoti al tragico epilogo dell'esistenza.
La stessa amicizia  fra i due ragazzi, che era forse uno delle poche ricchezze di cui disponevano, verrà frantumata  nel corso degli avvenimenti;  mentre,  il tentativo di riscatto personale di Mirko,  che stava crescendo solo  nella rivalutazione del rapporto con la propria madre, verrà spezzato .
Un'opera prima senz'altro interessante e ben realizzata .
Ottima l'interpretazione dei due protagonisti : Andrea Carpenzano ( Manolo) e Matteo Olivetti( Mirko), spontanei e credibili. Degna di nota anche quella di Milena Mancini( Alessia) nel complesso ruolo della madre di Mirko,  costretta a condividere nel suo animo gli slanci d'amore verso il figlio con  l'altrettanto necessaria furia  violenta. Pregevole la partecipazione  di Max Tortora e  Luca Zingaretti.





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