Dopo la caduta di Zine El-Abidine
Ben Ali ,in seguito alla Rivoluzione dei
Gelsomini, la Tunisia è stato l’unico
paese, fra quelli interessati dalla cosiddetta primavera Araba, a riuscire a
portare avanti un processo reale di democratizzazione.
Ciononostante, la società tunisina è sempre afflitta da una crisi economica e sociale con
gravi conseguenze sulle possibilità occupazionali dei giovani e sul tenore di
vita della popolazione, mentre la minaccia di un sempre più violento movimento jihadista condanna
il Paese allo stato di emergenza dal 2015.
C’è stato , comunque, un
tentativo di combattere la corruzione che affliggeva il Paese e sono state ottenute
importanti conquiste sul fronte dei
diritti, in particolare delle donne e delle minoranze , oltre che nel campo
istituzionale.
All’interno di questo quadro Selma
Derwich, psicanalista di 35 anni protagonista
del film “ Un divano a Tunisi”, decide di lasciare Parigi, dove vive insieme
ai suoi genitori emigrati dalla Tunisia, per aprire un proprio studio alla
periferia di Tunisi, dov'è cresciuta prima di partire per la Francia.
In questo nuova situazione
sociale , Selma ritiene di potersi reintegrare nella società tunisina offrendo
la sua professionalità per aiutare le
persone che la circondano. Desidera
aiutarli a liberare il proprio
animo, imparando ad esprimerlo liberamente e contribuendo, anche in questo modo,
ad una reale democratizzazione e
liberalizzazione del tessuto sociale , superando i condizionamenti religiosi e
del conformismo.
Nell’offrirci la visione dei
questa storia la giovane regista e sceneggiatrice del film franco-tunisina Manele Labidi Labbé, al suo
primo lungometraggio, sceglie la strada di una leggera e piacevole ironia .
Questo, sia nel trattare i vari aspetti della società tunisina che nella presentazione
dei pazienti della giovane psicanalista e delle loro problematiche.
L’ironia e la commedia non diminuiscono, tuttavia,
la pesantezza delle difficoltà che la protagonista si trova ad affrontare sia nei rapporti con
le istituzioni che con le altre persone a lei vicine. Nel momento cruciale del
film quando la protagonista entra in una
situazione di stallo simile a quella di chi ha forato le ruote della propria
auto in una strada isolata e con grandi
difficoltà di contatti con il mondo esterno, in suo aiuto arriverà il fondatore stesso della Psicoanalisi
,Sigmund Freud, a bordo di una autovettura .
Questa parte simbolica e di centrale importanza, in cui la
protagonista fonderà realtà e introspezione
in un ‘unica visione onirica, avrebbe
forse avuto bisogno di una maggiore chiarezza, per consentire a tutti gli
spettatori di coglierne a pieno la rilevanza e la dinamica.
Dopo questo momento , ritrovata la sua direzione di vita, Selma Derwich
parteciperà con rinnovato amore ed autenticità personale al ruolo
professionale ed umano che ha scelto all’interno della società tunisina, la
quale, inaspettatamente, è più capace, di quello che crediamo, di crescere e migliorarsi.
La protagonista Selma è ben interpretata dall’affermata attrice di origine
iraniana
Golshifteh Farahani che abbiamo
già potuto osservare anche in film di
successo come Pirati dei Caraibi- La
vendetta di Salazar , e che le offre il suo volto interessante , le sue
emozioni ed una bella dinamicità.
Interessante anche la presenza di
Majd Mastoura nei i panni dell'ispettore
di polizia, che indaga sull'attività di Selma, e di Hichem Yacoubi ( nel ruolo
del panettiere Raouf).
Il film è risultato vincitore del
premio del pubblico alla mostra del cinema di Venezia 2019.
Per lo spettatore italiano è stata una bella sorpresa ascoltare nella colonna sonora due canzoni di Mina : “ La città vuota”
all’inizio del film e “ Io sono quel che
sono” alla fine.
Testimonianza dell’interesse e dell’amore
della regista per la musica italiana.
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