Gli
scritti non mi erano andati bene, specialmente la matematica. Non so perché,
ero tanto convinto di saper svolgere bene il compito da rifiutare ripetutamente
offerte di aiuto da parte dei compagni vicini. Alla fine, invece, mi ritrovai
impelagato in una confusione da cui non seppi più uscire e che poi seppi essere
stata premiata con un voto fra il quattro ed il cinque.
Arrivò
così la data degli orali. Temevo che la mia barba nuova fiammante, in tempi di
contestazione studentesca, mi avrebbe reso la vita più difficile, ma non
m’importava. Non m’importava neanche se non fossi riuscito a superare gli esami
di maturità.
Andasse
come doveva andare! Avevo voglia di cambiare, di andare oltre quell’esperienza
e di lasciarmi tutto alle spalle: delusioni amorose, studi, gli stessi compagni
ed amici della scuola mi stavano stretti. Volevo andare oltre ed essere libero
e quella era una cosa che, pensavo, dipendeva solo da me. Non avrei più
permesso a nessuno di fermare il mio cammino e le mie scelte.
Mi
chiamarono per gli orali. La commissione era schierata: Il presidente era un
uomo anziano, calvo, con gli occhiali e con degli occhi attenti e vivaci.
Accanto a lui stavano gli altri insegnanti della commissione ed i membri
interni. La mia barba lo incuriosì e cominciò a chiedermi perché l’avessi
fatta crescere. Da lì, passammo a parlare di filosofia, poi di storia, italiano
ecc ecc. e devo dire che fu una discussione ampia ed approfondita. Uno scambio
d’idee profondo all’interno del quale venivo interrogato sulle varie materie,
con qualche riferimento anche agli anni precedenti. Quello, infatti, era
l’ultimo anno in cui agli esami di maturità venivano portati i programmi di
tutti e cinque anni. In ultimo, si parlarono e mi fecero presente che vi era
stato un problema nello scritto di matematica. Fui, così, oggetto di una
verifica delle mie conoscenze nella materia. Dopo, mi spiegarono che il
superamento degli esami non era in discussione, ma che l’intoppo in matematica
scritta avrebbe rovinato la media della votazione complessiva. Alla
fine, ebbi comunque la media del sette e fui felice perché, all’epoca, dava la
possibilità della parziale esenzione dalle tasse universitarie.
In quel
periodo, durante gli esami, avevamo familiarizzato con i ragazzi della Quinta
A. In particolare avevo parlato con alcuni di loro della Facoltà di Scienze
Politiche, dove volevo iscrivermi. In generale avevamo anche parlato delle
posizioni progressiste che si stavano affermando nel mondo studentesco. Un
giorno, ci ritrovammo così a discutere del nostro futuro seduti ad un tavolo di
un bar, all’aperto sotto il grattacielo, nella piazzetta antistante, con una
scalinata ai lati di una fontana moderna. Sopra, vi era un piazzale ideato come
area pattinaggio che in realtà era stata utilizzato sempre per improvvisate
partite di calcio fra studenti.
Carlo era
il più quadrato di tutti, Da sempre iscritto alla giovanile del PCI, era
appassionato di storia e desiderava iscriversi a Scienze Politiche perché,
ancora in quell’anno, i maturati del Liceo Scientifico non potevano iscriversi
né a Lettere né a Storia e Filosofia. Era stato recentemente modificato il
percorso di studi di Scienze politiche con un biennio propedeutico
e successivamente degli indirizzi che permettevano a molti noi di trovare lo
sbocco desiderato. In particolare vi erano cinque indirizzi: internazionale,
giuridico, economico, storico e sociologico.
In questo
modo, ognuno di noi avrebbe potuto seguire i propri interessi: Carlo lo
storico, Giovanni il giuridico ed io il sociologico.
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