Avevamo
sempre giocato, da anni, al pallone o a tamburelli in quella stradina con
incontri interminabili che finivano solo per generale sfinimento dei
partecipanti, per le urla dei genitori che ci ricordavano i compiti da fare per
l’indomani o perché si stava facendo tardi ed era l’ora di tornare a casa per
la cena. A quel punto, stanchi, ma soddisfatti, andavamo a bere l’acqua che
usciva lateralmente, a filo, dai lati di una vasca fontana condominiale.
Salutavo tutti, mentre con Alfio continuavamo a chiacchierare fino alla fermata
dell’autobus per tornare a casa.
Avevo
un’altro amico e compagno di classe con cui studiavo quell’ultimo anno; ma, con
lui giocavamo a pallavolo, sport di cui eravamo appassionati.
Quell’estate,
con i ragazzi più grandi avevamo preso l’abitudine di giocare anche qualche
volta a carte a casa di Alfio. Per lo più a briscola o scopone. Durante quelle
partite, si cominciò a parlare del viaggio, dopo la maturità. Franco disse
subito che quell’anno sarebbe andato in montagna con i suoi.
Con gli altri si affrontò il problema del possibile
costo del viaggio. Alfio ed io c’eravamo informati sul fatto che fra il costo
del traghetto, l’ostello/pensione e le spese di mantenimento dovevamo
considerare una spesa di almeno 20.000 lire a settimana, oltre al costo del
viaggio. Avevamo risparmiato per anni sulle paghette mensili erogate dai nostri
genitori ed eravamo pronti; ma, gli altri, a sentire quelle cifre,
rabbrividirono. Piero disse di poter disporre di sole 5.000 lire, oltre le
spese di viaggio. Pensate che posso farcela a stare almeno una settimana?
Piero, è inutile prenderti in giro, risposi, non puoi partire con sole 5.000
lire. Devi chiedere qualcosa ai tuoi. Siete pazzi? –rispose-quelli non vogliono
neanche che io parta da solo. Non se ne parla nemmenoCONTINUA
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