lunedì 8 gennaio 2018

Pagine Maltesi- Parte 9


 Ci trovammo alla stazione per prendere il treno per Siracusa, da cui partiva la nave per Malta. La partenza era prevista per le 11 di sera; ma, bisognava presentarsi all’imbarco entro le 22. Ero stato accompagnato da mio padre, mentre Alfio era arrivato con il suo ed il fratello minore. I due genitori si conoscevano di vista e cominciarono a scambiare qualche impressione su questo viaggio a Malta dei loro figli. Certo che a vederci, eravamo quanto meno originali. Io ed Alfio avevamo entrambi diciotto anni e ci presentavamo a quell’appuntamento, io con la barbetta alla Lincoln ed un’improbabile pipa in bocca; mentre, Alfio, appassionato di cinema e vice redattore in erba di critica cinematografica di uno dei giornali locali, camminava con un cappello, simil cowboy in testa, che voleva somigliare a quello che portava Fellini, durante le riprese dei suoi films. Effettivamente, guardandoci con l’occhio dei genitori, c’era da preoccuparsi!
    Fortunatamente, il senso dell’autocritica non ci sfiorava minimamente ed ognuno, “convinto” del proprio personaggio, procedeva spedito sul suo cammino verso il futuro, salvo sorridere, in cuor proprio, del personaggio interpretato dal compagno d’avventura. 
Arrivò il treno e ci avviamo verso la nostra carrozza, con la valigia al seguito. Salutammo tutti e ci sistemammo. Quindi, ci affacciamo dal finestrino, in attesa che il treno partisse.
Effettivamente, provavo una certa emozione.
Mentre il treno cominciava a muoversi ed il padre ed il fratello di Alfio sorridevano nel salutarci, non avrei mai immaginato di vedere mio padre correre dietro la carrozza, incapace di sopportare il distacco che mi allontanava da lui.
 Quell’uomo forte nel corpo e nello spirito, scevro e severo, mi mostrò in un attimo un affetto che non avrei mai dimenticato. Quella tenerezza mi fece sentire, per sempre, ancora più forte ed adulto. Salutandolo, il mio cuore era ormai lontano e libero.
Ci guardammo per un attimo con Alfio e scoppiammo a ridere.
 Ce l’avevamo fatta! Eravamo in viaggio!
Il tempo passò in fretta e presto si delineò la stazione di arrivo. Dalla stazione al porto, il passo fu breve ed in perfetta puntualità, un quarto alle dieci di sera, eravamo già davanti alla nave.
Ma la vita é strana e mai avremmo immaginato la sorpresa che ci attendeva!
Davanti alla scaletta della nave, eccoli lì, inaspettati ed indefinibili, ci aspettavano sorridenti i genitori di Alfio insieme al malcapitato fratello minore che non sapeva dove nascondersi, ma che ci sorrideva malignamente, immaginando la nostra delusione.
-         Che sorpresa! Che sorpresa!  Ci sforzammo di bofonchiare. ( Si può dire bofonchiare o è anch’esso inopportuno?)
-         Quando siamo tornati a casa, abbiamo parlato con la mamma-rispose il papà di Alfio- e ci siamo resi conto che in un’ora potevamo essere a Siracusa. Così, ci siamo detti: andiamo a salutarli.Siete contenti? Sorpresi?
-         Certo! Non ce l’aspettavamo ! –aggiungemmo tra gli sguardi sempre più maligni e divertiti del “ fratellino” di Alfio- Ci avete fatto una bella sorpresa! – Non immaginate quanto, pensammo all’unisono-
In ogni modo, ormai, la sorpresa c’era stata e bisognava pensare all’imbarco. Sbrigammo le varie incombenze e andammo a vedere dove sistemare i bagagli, vicino alle cuccette destinateci. C’erano diversi spazi per i bagagli, in relazione ad un determinato numero di cuccette. Non avremmo mai immaginato che tutte le (credo centinaia) di cuccette si trovassero nella stiva della nave. Tutti insieme, con cuccette a castello sparse in ogni angolo della stiva. Dopo aver preso possesso delle cuccette, andammo ad esplorare la nave. Salimmo due piani di scale ed arrivammo sul ponte superiore. Quella sera il mare era agitato e la nave, ancora ormeggiata, ondeggiava maestosamente. Chiedemmo ad un marinaio anziano se era sempre così e lui ci rassicurò affermando che era solo l’inizio e quella notte si prevedeva un mare molto mosso nel Canale di Sicilia.
- Per cominciare ad abituarvi ed evitare il malessere, cercate di stare il più possibile al centro della nave-ci disse-, all’aria aperta e cercate di mangiare roba secca, senza bere.
- Cosa ci consiglia? –chiedemmo
- Va bene anche un panino col salame-ci rispose- ma bevete il meno possibile.
Forti di questi consigli, ci riunimmo ai genitori ed al fratello di Alfio per la cena. Era possibile, infatti, farla sulla nave, prima della partenza, anche con gli eventuali ospiti.
Sedemmo ad un tavolo grande, dove stavano già altre persone, e fu l’occasione per scambiare qualche impressione sullo stato della nave e la situazione metereologica. Fummo tutti d’accordo che la nave: “ La città di Alessandria”, era più che altro una bagnarola, scomoda ed essenziale nei servizi. Speriamo che regga bene questo mare dicemmo. Nel frattempo, eravamo in preda ad un ondeggiare lento che combinava insieme il rollio ed il beccheggio. Delle signore ordinarono una minestrina. Per rimanere leggere – dissero – nonostante le avessimo sconsigliate raccontando le istruzioni del marinaio. Io ed Alfio chiedemmo dei panini al salame e non bevemmo quasi niente.Dopo qualche minuto, una delle signore, che avevano mangiato la minestra, chiese il permesso di allontanarsi in preda al mal di mare. Noi eravamo ancora a posto. Salutammo i genitori di Alfio ed il fratello, che scesero dalla nave, e ci dirigemmo sul ponte per prendere aria al centro della nave, come ci aveva consigliato il marinaio. Ci sedemmo su delle panchine di legno vicino all’albero maestro.
 Era già notte e la nave cominciò a muoversi, allontanandosi dal molo ed entrando in mare aperto.
 C’erano tante stelle nel cielo; ma, io ne ricordo una che fissavo e che faceva un movimento circolare seguendo una traiettoria come di una circonferenza.
 Cominciava da un punto in alto, seguendo il movimento della nave, e scendeva circolarmente giù fino ad oltre il mio punto di equilibrio. Annaspavo nel mio cervello e, solo dopo le prime volte, accettai questo senso di vuoto oltre l’equilibrio, che accompagnava quel movimento.Poi, all’interno di questo vuoto, la stella ricominciava a salire cercando di completare quell’immaginaria circonferenza nel cielo, restituendomi al mio senso di equilibrio e di controllo; ma, prima di riuscirci, ricominciava a precipitare all’indietro rituffandomi in quell’interminabile vuoto.Avanti ed indietro inesorabilmente.Questo era per me il mal di mare che provai a superare accettando quello strana sensazione, sempre eguale ed esterna al mio equilibrio.
 Anche Alfio stava abbastanza bene e dopo circa un’ora, essendosi alzato il vento, provammo a scendere nell’area cuccette.
Tantissima gente popolava la stiva della nave, attrezzata con le cuccette a castello. C’insinuammo fra le persone e pian piano raggiungemmo le nostre, sedendovici sopra. Gli altri occupanti vicini erano già sdraiati. Le luci erano sempre accese. Il fatto che fossero decentrate, non molto forti ed in qualche modo coperte dalle strutture metalliche, non disturbava molto gli occhi e permetteva di riposare. Poteva essere ormai oltre mezzanotte e c’era ancora un certo brusio, causato da tanti che non dormivano ancora. Si ondeggiava sempre più forte e la stiva scricchiolava. 
C’era un giovane vicino di cuccetta che ci osservava sorridendo.
-         State andando in vacanza?- Ci chiese- Di dove siete?
Parlava bene l’italiano ma l’accento era leggermente diverso dal nostro e capimmo che era straniero.
-         Si, andiamo a Malta per una quindicina di giorni. Ci hanno detto che è molto bella !Tu invece?
-         No, io ritorno a casa. Lavoro in Sicilia. Faccio il muratore ma sono Maltese. Adesso c’è un periodo di ferma a vado a casa.
Continuammo a parlare per un po’.Dopo, considerando che il mare si faceva sempre più forte, decidemmo di tentare di riposare. Eravamo stanchi ed emozionati. La fatica per la sopportazione del continuo malessere del mare ci aveva sfiancati e ci addormentammo.
Passò qualche ora di benedetto riposo; ma dopo, ci svegliammo a causa dell’oscillazione sempre più forte della nave, che continuava a scricchiolare. Decidemmo di salire in coperta dove c’era un salone dove sedersi, con il bar annesso. Anche se a quell’ora era chiuso, avremmo aspettato l’alba per fare colazione.
 La nave oscillava paurosamente e quando tentammo di salire la scala per andare al primo livello superiore, dove stavano i bagni, scoprimmo che la cosa non era tanto semplice. Mentre provavamo a salire dei gradini, subito dopo il movimento della nave ci costringeva a fermarci, se non a scenderne altri. Bisognava, pertanto, calcolare il tempo del movimento a favore e salire di corsa più gradini possibile, fermandosi poi a resistere, durante il movimento contrario.
Salimmo e provammo a cercare i bagni. Inutile neanche provarne a descrivere lo stato, visto che, oltre che per le necessità corporali, erano serviti a molti per liberarsi lo stomaco.
Senza pensarci troppo, comunque, li utilizzammo lo stesso. Nel mentre, provai a guardare dall’oblò, ma non riuscii a vedere niente perché la nave, oscillando, scendeva sotto il livello del mare, che ne copriva l’orizzonte.
Alla fine, riuscimmo a salire in coperta, facendo un’altra scala, ed entrammo nel salone. C’erano una decina di persone, noi compresi, tra cui un ufficiale ed un marinaio dell’equipaggio. Stavano sedute per lo più attorno ad un tavolo lungo. Sedemmo anche noi. Il mare continuava ad essere agitato e non si aveva voglia neanche di parlare.
-Stiamo per lasciare il punto più difficile del Canale di Sicilia ed il mare si dovrebbe calmare –disse l’ufficiale- Ha raggiunto forza sette, tempesta! Adesso deve essere forza cinque/sei e con il sorgere dell’alba dovrebbe rasserenarsi. Le previsioni sono positive! Dovremmo arrivare a La Valletta per le undici.
-Siamo rimasti in pochi svegli –disse un passeggero- La maggior parte sta male o cerca di riposare.
Continuammo così a scambiare qualche parola. Il mare, effettivamente, cominciò a calmarsi e qualcuno cominciò ad accendere una sigaretta.
 Io tirai fuori la pipa. Quale occasione migliore per un vero lupo di mare!?!
Occasionalmente, ci trovammo a parlare con quel passeggero di cinema, di cui anche lui era appassionato. L’argomento cadde su Fellini, considerato uno fra i migliori registi del nostro tempo, ed Alfio fece notare come portasse in suo onore un cappello simile a quello utilizzato dal regista.
Parlando e fumando si fece l’alba: Aprì il bar e mai colazione fu tanto desiderata. Presi un caffè ed un cornetto che gustai con piacere visto, tra l’altro, che la sera prima avevo mangiato solo un panino.
Ormai il giorno era chiaro, il mare si era calmato e ci venne desiderio di uscire all’aria aperta.Dopo un po’ di tempo, pian piano scorgemmo, in lontananza, i contorni dell’isola di Malta.
 “La nottata era passata” avrebbe detto Eduardo e stavamo arrivando alla meta.

La maestosità del porto di Harbour si offriva ai nostri occhi e con esso le varie navi militari della flotta Nato di cui Malta era una delle basi navali principali nel Mediterraneo. C’erano probabilmente almeno degli incrociatori, se non una cannoniera ancorata nel porto, perché era lunghissima ed armatissima. Del resto non ne capivamo niente e restammo incerti su quello che avevamo visto. Ci cominciammo a preparare. Ognuno prese la sua valigia e dopo essere scesi per la scaletta dalla nave e toccato finalmente il suolo maltese, non vi nascondo che avremmo idealmente baciato per terra, lieti per la fine di quella traversata.

CONTINUA

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