Uscivo da
una classica delusione d’amore adolescenziale e, quell’anno, avevo deciso di
pensare solo a studiare, cercare di capire quali erano i miei interessi e quale
attività lavorativa mi sarebbe piaciuta.
Fino a
qualche anno prima, avevo pensato di fare il medico; ma poi, avevo deciso di
lasciar perdere. Gli studi erano troppo lunghi ed io volevo al più presto
essere indipendente ed andare a vivere da solo. Volevo guadagnare e fare a modo
mio, senza che nessuno mi dicesse cosa fare.
Quell’anno
frequentavo con Alfio la GS-FUCI, che s’ispirava all’esperienza milanese di
quella che poi sarebbe diventata Comunione e Liberazione. A quel tempo, ci
stavamo tutti dentro ed ancora non si parlava di politica, ma d’impegno
sociale. Era anche un ambiente dove speravamo di conoscere delle ragazze in
gamba. C’era, in ogni modo, una forte tensione per il cambiamento. Ci sentivamo
stretti in una gabbia organizzata da cui volevamo uscire per vivere la nostra
vita, a modo nostro. Volevamo amare ed essere amati. La cultura beat aveva
invaso i nostri cuori. Ascoltavamo i cantautori impegnati, ma anche i gruppi
rock, e non disdegnavamo le semplici canzonette. Cominciavamo a discutere del
senso della nostra vita e della società che ci circondava. Odiavamo
l’ipocrisia, che ci sembrava essere ovunque, e le continue proibizioni.
Alcuni
amici avevano deciso di andare a studiare fuori. Due compagni di classe
volevano andare a studiare psicologia a Lovanio, in Belgio. D’altra parte, in
Italia non c’era neanche la Facoltà. Io avrei voluto fare Sociologia e sarei
voluto andare a Trento; ma, i miei si opposero con decisione. Dopo, venni a
conoscenza che la Facoltà di Scienze Politiche, presente anche a Catania, dopo
un biennio propedeutico uguale per tutti, avrebbe istituito degli indirizzi di
studio con specializzazioni diverse, fra cui anche l’indirizzo sociologico.
Decisi che mi sarei iscritto a quella Facoltà, una volta superati gli esami.
Avevamo un gran fervore intellettuale. Leggevamo di tutto e avevamo discussioni
infinite sui massimi sistemi. Quando possibile, andavamo anche alla Biblioteca
Universitaria, per approfondire argomenti di nostro interesse. Io ero
tendenzialmente con una mentalità autoritaria e conservatrice; ma, mi scontrai
a fondo con un mio compagno di classe che, invece, era uno studioso
appassionato dell’esistenzialismo di Sartre e del pensiero socialista. Pian
piano, mi ritrovai a guardare con un occhio più critico un po’ tutto e pormi
tante domande a cui non sapevo rispondere. Quest’inquietudine veniva riportata anche
sugli studi, in famiglia, nella stessa GS cattolica che frequentavo ed ero
sempre meno disposto ad accettare qualunque tesi mi fosse
presentata senza prima metterla completamente in discussione.
CONTINUA
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