giovedì 11 gennaio 2018

Pagine Maltesi -Parte 12

Passeggiando per le vie deserte ed illuminate da una luce calda e diffusa, che evidenziava tutti i palazzi ed ogni angolo di Mdina, non potei fare a meno di pensare di come la descrivesse pienamente la definizione di “città silente”. Si alternavano, in un’atmosfera senza tempo, le strette strade medioevali, che, improvvisamente, si aprivano, mostrando imponenti palazzi di architettura barocca.  Il pensiero, per un momento, mi lasciava immaginare di poter incontrare una di quelle famiglie nobili, discendenti dai Normanni o dai grandi feudatari siciliani, che ne fecero, in passato, la propria residenza. Non c’erano riferimenti evidenti sull’epoca in cui eravamo. Tutto perfettamente conservato.
Sembra che anche S. Paolo abbia vissuto in questi luoghi.
Quella sera, approfittando del fatto di trovarci a Rabat, centro di smistamento degli autobus in direzione Dingli, avevamo deciso di dare uno sguardo a quell’affascinante “città silente”.
Da qualche giorno, ci eravamo trasferiti a casa della zia di Maria a Dingli con il vantaggio di risparmiare sull’alloggio, ma con il disagio di una maggiore lontananza da La Valletta e dalle altre borgate più turistiche limitrofe, come Sliema e St. Julien. Dingli era un paesino molto piccolo con poca gente e nessuna attrazione turistica, a parte le vicine scogliere. La casa della zia di Maria era un antico piccolo casolare circondato da un giardino ed un orto. L’appartamento, che ci ospitava, era al primo ed unico piano, perché quello di terra era adibito a magazzino attrezzi e ripostiglio. L’entrata dell’appartamento e le finestre davano su di una terrazza che rappresentava anche l’unica via d’ingresso. Da un  lato della stessa si poteva raggiungere l’uscita tramite una scala esterna che la collegava al giardino e, importantissimo, all’unico bagno disponibile, situato all’interno di un piccolo capanno.
L’appartamento era costituito da un grande stanzone con due lettini ai lati opposti ed un grande tavolo al centro. Lungo tutte le pareti e sui mobili e mobiletti vi erano decine e decine d’immagini, quadretti e statuette a carattere religioso, oltre agli immancabili candelabri e lumini vari di cera. Sembrava una sagrestia! A parte l’impressione, c’era comunque spazio a sufficienza e comodità, se non consideriamo il problema gabinetto.
Il giorno dell’arrivo, dopo aver sistemato i bagagli, la zia e Maria rimasero un po’ con noi per darci il tempo di prendere confidenza con il posto. Naturalmente, una delle prime informazioni riguardò il bagno e ci accompagnarono per farci vedere che la chiave d’ingresso stava nella serratura. Poi, ci rendemmo conto che, all’interno del locale, esisteva solo il gabinetto ed un piccolo lavandino. Neanche l’ombra del bidè (usanza moderna) e, almeno, di una doccia. Era proprio un servizio esterno di campagna. Maria notò la nostra delusione e ci disse che avremmo potuto usare il bagno di casa sua per poterci fare la doccia, al bisogno.


Il peggio doveva ancora venire! Dopo una mezz’oretta di chiacchiere, ebbi il bisogno di sperimentare la comodità del bagno. Mi avviai, scesi la scala e con gratitudine trovai subito che la porta si apriva agevolmente. La richiusi alle mie spalle e nell’accomodarmi vidi che non ero solo!
Non ero abituato alla presenza di animali a casa mia ed, invece, compresi che lì avrei dovuto condividere quel mio momento d’intimità con la curiosa fissità dello sguardo di un magnifico gatto, appollaiato davanti a me.  Cercai di farlo sloggiare ma quell’amabile quadrupede non ne aveva alcuna intenzione. Così, considerando l’urgenza, mi rassegnai alla sua curiosa compagnia.
Superato quell’attimo di smarrimento, precipitai quindi nel terrore!  Non riuscivo a trovare la cassetta dell’acqua dello scarico.
 Cercai pulsanti …….. catenelle………. ma non ce n’erano!?!
Esplorai tutto l’ambiente, cercando un contenitore… un secchio   da riempire con l’acqua del lavandino. Niente!....... Mentre………, sarà stata la mia impressione, il gatto continuava ad osservarmi sornione. Alla fine, dovetti cedere. Uscii dal casotto, salii le scale e chiesi alla zia di Maria di darmi un secchio per l’acqua. La zia fu estremamente gentile…anche troppo!  Scese con me le scale e, nel magazzino sottostante l’appartamento, trovò un secchio che riempì d’acqua e, prima che potessi rendermi conto di quello che stava facendo, entrò nel casotto e pulì il gabinetto, lasciandomi in preda ad una profonda vergogna. Sorridendo, mi disse che avrebbe lasciato il secchio dentro il casotto in modo che tutto ci fosse più facile! …………. Certo! Pensai. Sarebbe stato meglio averglielo messo prima.

CONTINUA


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