Passeggiando per le vie deserte ed illuminate da una luce
calda e diffusa, che evidenziava tutti i palazzi ed ogni angolo di Mdina, non
potei fare a meno di pensare di come la descrivesse pienamente la definizione
di “città silente”. Si alternavano, in un’atmosfera senza tempo, le strette
strade medioevali, che, improvvisamente, si aprivano, mostrando imponenti
palazzi di architettura barocca. Il pensiero, per un momento, mi lasciava
immaginare di poter incontrare una di quelle famiglie nobili, discendenti dai
Normanni o dai grandi feudatari siciliani, che ne fecero, in passato, la
propria residenza. Non c’erano riferimenti evidenti sull’epoca in cui eravamo.
Tutto perfettamente conservato.
Sembra che anche S. Paolo abbia vissuto in questi luoghi.
Quella sera, approfittando del fatto di trovarci a Rabat,
centro di smistamento degli autobus in direzione Dingli, avevamo deciso di dare
uno sguardo a quell’affascinante “città silente”.
Da qualche giorno, ci eravamo trasferiti a casa della zia
di Maria a Dingli con il vantaggio di risparmiare sull’alloggio, ma con il
disagio di una maggiore lontananza da La Valletta e dalle altre borgate più
turistiche limitrofe, come Sliema e St. Julien. Dingli era un paesino molto
piccolo con poca gente e nessuna attrazione turistica, a parte le vicine
scogliere. La casa della zia di Maria era un antico piccolo casolare circondato
da un giardino ed un orto. L’appartamento, che ci ospitava, era al primo ed
unico piano, perché quello di terra era adibito a magazzino attrezzi e
ripostiglio. L’entrata dell’appartamento e le finestre davano su di una
terrazza che rappresentava anche l’unica via d’ingresso. Da un lato della
stessa si poteva raggiungere l’uscita tramite una scala esterna che la collegava
al giardino e, importantissimo, all’unico bagno disponibile, situato
all’interno di un piccolo capanno.
L’appartamento era costituito da un grande stanzone con due
lettini ai lati opposti ed un grande tavolo al centro. Lungo tutte le pareti e
sui mobili e mobiletti vi erano decine e decine d’immagini, quadretti e
statuette a carattere religioso, oltre agli immancabili candelabri e lumini
vari di cera. Sembrava una sagrestia! A parte l’impressione, c’era comunque
spazio a sufficienza e comodità, se non consideriamo il problema gabinetto.
Il giorno dell’arrivo, dopo aver sistemato i bagagli, la
zia e Maria rimasero un po’ con noi per darci il tempo di prendere confidenza
con il posto. Naturalmente, una delle prime informazioni riguardò il bagno e ci
accompagnarono per farci vedere che la chiave d’ingresso stava nella serratura.
Poi, ci rendemmo conto che, all’interno del locale, esisteva solo il gabinetto
ed un piccolo lavandino. Neanche l’ombra del bidè (usanza moderna) e, almeno,
di una doccia. Era proprio un servizio esterno di campagna. Maria notò la
nostra delusione e ci disse che avremmo potuto usare il bagno di casa sua per
poterci fare la doccia, al bisogno.
Il peggio doveva ancora venire! Dopo una mezz’oretta di
chiacchiere, ebbi il bisogno di sperimentare la comodità del bagno. Mi avviai,
scesi la scala e con gratitudine trovai subito che la porta si apriva
agevolmente. La richiusi alle mie spalle e nell’accomodarmi vidi che non ero
solo!
Non ero abituato alla presenza di animali a casa mia ed,
invece, compresi che lì avrei dovuto condividere quel mio momento d’intimità
con la curiosa fissità dello sguardo di un magnifico gatto, appollaiato davanti
a me. Cercai di farlo sloggiare ma quell’amabile quadrupede non ne aveva
alcuna intenzione. Così, considerando l’urgenza, mi rassegnai alla sua curiosa
compagnia.
Superato quell’attimo di smarrimento, precipitai quindi nel
terrore! Non riuscivo a trovare la cassetta dell’acqua dello scarico.
Cercai pulsanti …….. catenelle………. ma non ce
n’erano!?!
Esplorai tutto l’ambiente, cercando un contenitore… un
secchio da riempire con l’acqua del lavandino. Niente!.......
Mentre………, sarà stata la mia impressione, il gatto continuava ad osservarmi
sornione. Alla fine, dovetti cedere. Uscii dal casotto, salii le scale e chiesi
alla zia di Maria di darmi un secchio per l’acqua. La zia fu estremamente
gentile…anche troppo! Scese con me le scale e, nel magazzino sottostante
l’appartamento, trovò un secchio che riempì d’acqua e, prima che potessi
rendermi conto di quello che stava facendo, entrò nel casotto e pulì il
gabinetto, lasciandomi in preda ad una profonda vergogna. Sorridendo, mi disse
che avrebbe lasciato il secchio dentro il casotto in modo che tutto ci fosse
più facile! …………. Certo! Pensai. Sarebbe stato meglio averglielo messo prima.
CONTINUA
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