Matteo Rovere,
alternando con successo l’attività di produttore ( il ciclo di film “ Smetto
quando voglio”) e quella di regista, ci regala dopo “ Veloce come il vento “
del 2016, interpretato da Stefano Accorsi e Matilda De Angelis, un
nuovo film intenso ed interessante : “ Il primo re”.
All’interno di un ambiente primitivo e e
selvaggio, Rovere ci racconta la storia
di due fratelli destinati, con le loro
gesta, a cambiare la storia del mondo . Sono Romolo e Remo ,due pastori scampati per miracolo ad una esondazione del
fiume Tevere che , tuttavia , gli ha fatto perdere le bestie di proprietà e li ha fatti ritrovare schiavi
della terribile città di Alba Longa.
Il percorso di liberazione dalla schiavitù dei
due fratelli coinvolgerà altre genti latine e sabine e li porterà pian piano ad
affermarsi come capi indiscussi . Solo uno di loro tuttavia sarà il nuovo re e,
nonostante il grande amore fraterno che li accomuna, alla fine inevitabilmente
sarà compiuto il loro destino . Il fratello ucciderà il fratello e sarà il
primo re di Roma. Il film si muove nell’ambito di una rivisitazione del mito di
Romolo e Remo e della fondazione di Roma;
ma, nel farlo, ci suggerisce un percorso di confronto e di valutazione di due modalità di esercizio
del potere e dell’autorità.
Durante quasi tutto il film è Remo ,
magistralmente interpretato da Alessandro Borghi, ad essere il protagonista con
la sua determinazione , la sua forza, la sua generosità che lo porterà ad
essere il capo assoluto del suo gruppo . Romolo , al contrario , ferito in
combattimento sarà quasi sempre visto come un peso , un problema anche per la
sua forte determinazione a mantenere con sè e nel gruppo il fuoco sacro e la sacerdotessa Satnei della dea Vesta così da conservare il favore
degli dei.
Proprio ,
spinto dall’amore fraterno, Remo rifiuterà i dettami della predizione della
sacerdotessa che gli impongono di uccidere il fratello per diventare Re. Si
ribellerà agli Dei, spegnerà il sacro fuoco di Vesta sacrificherà i sacerdoti
per immaginare e perseguire una realtà concreta di dominio personale fondato
sulla forza , il coraggio , la determinazione e la capacità; tuttavia, proprio
questa eccessiva personalizzazione del
potere porrà le basi della sua sconfitta.
Il film,
infatti, ci suggerisce, al contrario, come vincente il percorso di Romolo (
Alessio Apice) che, guarito dalla sua ferita, riaccenderà il fuoco sacro e si
farà riconoscere come capo grazie proprio ad una spersonalizzazione del potere.
Un esercizio dell’autorità come servizio di tutela di
credenze e valori della comunità. Valori a cui tutti debbono fare riferimento e
che legittimeranno il potere reale.
Il film risulta
interessante, vibrante ed intenso, con un‘ambientazione tutta all’interno del territorio laziale: dal
Bosco del Foglino alla zona di Nettuno,
Viterbo e Manziana. Il tutto valorizzato dall’utilizzo della luce naturale da parte
del direttore della fotografia Daniele Cipri. Interessante anche la scelta dei
dialoghi recitati unicamente in protolatino, antecedente a quello arcaico, con
sottotitoli in italiano.
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