L'ordine delle cose risponde a necessità e problemi che superano il
singolo caso umano per entrare nell'ambito generale e politico dell'interesse
collettivo.
Interessi delle nazioni, rappresentati dalla politica che non sempre
trova le soluzioni ideali per i rapporti fra le popolazioni.
Cosa può fare pertanto un funzionario di una struttura istituzionale?
Cercare di fare bene il lavoro/missione che gli è stata affidato/a, per
ottenere e conseguire l'obiettivo necessario.
Tutto questo sta nell'ordine delle cose e, forse, è inevitabile.
Forse? Perché forse?
Perché davanti ad ognuno di noi, come tanti anni fa sottolineava il
filosofo francese Sartre, c'è il dito puntato dell'altro a chiedere attenzione,
amore, giustizia. A chiederci conto delle nostre scelte.
Cosa possiamo fare davanti a questo?
È questo il dilemma morale ed umano che Andrea Segre ci mostra nel suo
film e che dilania l'animo, il cuore e la mente del protagonista del film, un
ottimo Paolo Pierobon nel ruolo di Corrado, un alto funzionario del Ministero
degli Interni con il compito di stipulare in Libia degli accordi con i
potentati locali che portino ad una riduzione sostanziale degli sbarchi clandestini
d’immigrati sulle coste italiane
Quando conducendo brillantemente la sua missione in Libia, s'imbatte in una
giovane donna, rinchiusa in uno dei cosiddetti luoghi di contenimento, che
chiede il suo aiuto, Il protagonista entra in una spirale di sentimenti ed
avvenimenti che lo coinvolgono personalmente.
Il volto di una singola persona, il suo dolore, la sua richiesta d’aiuto
non sono più un problema generico; ma, un incontro umano preciso che mette in
discussione tutto.
Di fronte a questo Corrado, il preciso e capace funzionario dello Stato,
penserà e cercherà seriamente di aggirare “l’ordine delle cose”, che lui stesso
ha contribuito ad edificare e per una volta, una sola volta, penserà che sia
giusto infrangere quelle regole, che ritiene, comunque, necessarie.
Andrea Segre non vuole darci soluzioni, non ci dice cosa bisogna fare;
ci chiede, invece, di guardare con occhio attento e con disponibilità d’animo ai
problemi che si pongono nel rapporto con una gran parte del continente africano.
Un mondo in forte destabilizzazione, molti dei cui componenti guardano
con speranza all’Europa.
Il regista non segue il percorso dell’analisi politica; ma, ci racconta
di uomini e donne che s’incontrano e vivono sentimenti. idee, dolori, necessità
e ci chiede forse d’interrogarci ed informarci meglio su quello che sta
succedendo e di valutare, quindi, se siamo soddisfatti dell’”Ordine delle cose”.
Il film è stato presentato alla 74° Mostra d'Arte Cinematografica di
Venezia, tra le Proiezioni speciali, suscitando un generale apprezzamento.
Fra gli interpreti troviamo, oltre ad un efficace Paolo Pierobon, anche Giuseppe
Battiston che ha già collaborato con Segre nel film teatrale “Come il Peso dell’acqua”
del 2014 a firma dello stesso, insieme a Marco Paolini e Stefano Liberti.
Andrea Segre, a partire dal suo primo documentario” Lo sterminio dei
popoli zingari”, (1998) ha lavorato sempre a opere sui problemi della marginalità
di etnie, popoli e culture, regalandoci dei quadri belli e complessi di queste realtà
che lo collocano fra i migliori giovani registi italiani a cui guardare con attenzione
ed interesse
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