lunedì 30 aprile 2018

Flussi di memoria



Mi ritrovai ad osservare una fotografia che lo ritraeva  da ragazzo e notai che aveva la stessa espressione,  mista di stupore ed entusiasmo di fronte alla vita , di determinazione   che lo avrebbe sempre caratterizzato anche nell’età adulta.
 Più in là, c’era un’altra foto che lo ritraeva insieme ai due fratelli Castro. In essa  “ El Che” sorrideva insieme a Fidel  che, tuttavia,  sembrava  caratterizzato da una personalità più complessa. In lui, vedevo l’aspetto che l’accomunava al  “Che” : “la forza vitale della giovinezza e la capacità di lotta e di amicizia”; ma, c’era anche un aspetto più riflessivo , peculiare  di un uomo che si dedicherà  con passione all’articolazione del pensiero ed alla realizzazione concreta di un progetto di società e di governo. Accanto a loro Raul, il più giovane dei fratelli Castro, si perdeva in  uno sguardo di ammirazione  e di dedizione nei confronti di Fidel.
Pensavo ancora alla carica rivoluzionaria  di quelle persone   ed anche all’allegria, inevitabilmente connessa alla loro gioventù ,alla condivisione dell’amicizia , della passione e degli obiettivi che desideravano realizzare insieme.
Poi, per un attimo, improvvisamente, mi ritrovai immerso nella mia stessa gioventù e negli anni dell’impegno  e di lotta che l’avevano segnata. Dimentico della stessa dimensione fisica e temporale, ripensavo a quelle giornate vissute intensamente nei locali della Facoltà di Scienze Politiche e ai temi del colloquio che un giorno avevo avuto  con un giovane ricercatore tedesco titolare di una borsa di studio presso la mia Facoltà..  Aveva quasi ventisei anni e mi raccontava che presto, al suo ritorno in Germania , avrebbe provato ad accedere all’insegnamento universitario. Stupito, gli chiesi  se non era troppo giovane per un incarico accademico e lui gentilmente mi spiegò che i tempi d’inserimento nella professione  universitaria in Germania erano molto più rapidi che in Italia e molti diventavano professori fra i venticinque e i trent’anni. Veniva da  Berlino ed aveva partecipato attivamente al movimento della “Università Critica” il cui leader era stato  Rudi Dutschke
e che aveva avuto una ribalta mondiale  sia per i contenuti espressi sia  per essere stato uno dei primi e  principali movimenti radicali degli studenti. Lo scambio di idee era intenso e puntuale e, dopo aver parlato  della situazione del Movimento studentesco a Scienze Politiche e  nell’ambito cittadino,  ricordo che affermai con decisione che la “ contestazione “ del sistema scolastico e sociale erano strettamente legati e costituivano il punto centrale della nostra azione politica.
 Ero talmente certo di quell’affermazione che fui letteralmente spiazzato dalla sua risposta. Hans ( era questo il nome del giovane borsista tedesco)  sottolineava come  la questione centrale non era per niente costituita dalla  “contestazione” del sistema ma dall’urgenza di passare ad una fase rivoluzionaria che ne cambiasse totalmente i termini.
- Non è sufficiente limitarsi ad una critica! - disse
- E’ necessario cambiare radicalmente il sistema sociale a cui è funzionale questa struttura  selettiva dell’istruzione. E’ la classe dominante ad imporre le sue logiche per perpetuare un sistema di oppressione e di sfruttamento dell’individuo e solo una totale rivoluzione di questa logica può portare ad una reale liberazione delle classi popolari e dello stesso processo dell’istruzione e dello sviluppo culturale.
E continuando aggiunse:
-E tu….. sei disposto a partecipare  a questo  processo?
Sei disposto a mettere in gioco la tua vita per portare avanti questa lotta?-Mi disse –
Non risposi immediatamente e gli dissi che era una questione che stavo valutando.
Ero disposto a rischiare la mia vita per portare avanti  il processo rivoluzionario necessario a realizzare il mondo nuovo che desideravo? Il mondo nuovo dove, finalmente, ogni persona ed io stesso potevamo sperare nella completa realizzazione?
Furono giorni d’intensa riflessione. Quella domanda era al centro dei miei pensieri e inevitabilmente  avvinceva la mia anima. Si, la mia vita aveva senso solamente se ero disposto a dedicarla  e rischiarla per quello che desideravo.
 Passeggiavo  per le strade  della città  ormai incurante di tante cose di cui in precedenza mi sarei in qualche modo preoccupato : il mio aspetto , i miei vestiti, la direzione del mio cammino ecc. Non m’interessava altro che portare avanti quell’esperienza che aveva cambiato totalmente la mia vita e mi dava una strana forza interiore e una nuova tranquillità. Mi sedetti per terra, sul marciapiede,  osservando il passare della gente. Mi chiedevo cosa pensassero e cosa desiderassero veramente. Mi chiedevo cosa mi avrebbe riservato il futuro e per un attimo pensai  di chiedere a Francesca di lasciare insieme a me la città per andare a studiare  a Roma iniziando anche una nostra  possibile convivenza.
Ma di cosa avremmo vissuto?
No…., per il momento il nostro posto era qua! Dovevamo pazientare ancora , completare gli studi e cercarci un lavoro. Chissà se poi sarebbe venuta insieme  a me?!? 
Quanto tempo era passato!
Quante cose erano cambiate!
L’intera cultura , le speranze  di una generazione erano ormai  superate da una nuova fase storica in cui addirittura in quegli USA  che erano  stati la patria  degli Hippies  e della musica di Woodstock aveva trionfato un politico  come Donald Trump!
I ricordi  pian piano sparirono  e, con essi, i tanti anni trascorsi, riportandomi a Santa Clara , davanti alle foto che ritraevano “El Che”.
Guardandolo,  comprendevo  e condividevo quella sua giovinezza , quella voglia di vita e di cambiamento che leggevo nel suo volto.
Gli anni erano passati , le scelte oggi  erano diverse, ma la dedizione ed il mettersi in gioco per quello in cui si crede rimanevano un momento insostituibile della  vita.

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