Nella tradizione italiana di un tardo
neorealismo o, se vogliamo,
nell’atmosfera del Pasolini dell’”Accattone”, Garrone ci regala la
descrizione di quella periferia, di quella sorta di villaggio marginale , in
cui si svolge la vita di Dogman ” Er
canaro”, che passa la giornata nel suo negozio di toelette per cani ,
scambia le sue idee con gli amici di sempre : gli altri negozianti ed abitanti
del villaggio con cui gioca delle entusiasmanti partite di pallone. sniffa
droga , la vende, muore d’amore per la figlia e con la stessa innocenza chiama
con la parola “ Amoore” tutti i cani che incontra e che tratta nel suo negozio.
Marcello , è
il nome del protagonista della storia ma anche quello di Marcello Fonte
che lo interpreta così bene da essere stato premiato come miglior attore al
Festival di Cannes.
Marcello è anche amico del “possente “ Simoncino
( Edoardo Pesce) che di gradevole e diminutivo ha solo il nome. Un “borderline” , perduto fra la Cocaina, di cui
è assiduo consumatore, locali da gioco , piccoli furti e prostitute. Una mina
vagante incapace di convivere con gli abitanti del borgo a cui appartiene, i
quali, dal canto loro, sarebbero ben felici di liberarsene. Un deviante cronico
che coinvolgerà Marcello in tante situazioni-limite, tali da fargli perdere la
stima dei suoi amici/conoscenti e che lo porteranno ad essere incriminato e
punito con un anno di carcere.
Condanna legata al fatto di non aver saputo
resistere alle pressioni di Simoncino
per la realizzazione di un furto a danno di un negozio confinante con il
suo e di non averlo poi voluto
denunciare.
Garrone si è liberamente ispirato, per la
realizzazione del suo film, alla vera
storia di Pietro De Negri, passato alle cronache criminali come "il canaro
della Magliana", che nel 1988 uccise l'ex pugile suo amico e persecutore
Giancarlo Ricci. La vicenda ebbe una risonanza fortissima nella pubblica
opinione per l’atrocità delle diverse fasi del crimine e per la morbosità e
cattiveria insita nel rapporto fra i due uomini.
Nel film , invece, più che le vicende
personali che coinvolgono i protagonisti
fino alla tragiche scene finali , quello che colpisce è la rappresentazione
della coralità . La descrizione , oggi sempre più attuale ed emblematica , di
una realtà periferica con le sue regole di convivenza , le sue caratteristiche
di marginalità, d’illegalità diffusa , in cui sono presenti, eppure, anche valori di rispetto, di amicizia, di
lealtà o d’infamia.
Una coralità che ha delle regole silenziose che,
in qualche modo, dettano i tempi del racconto ed a cui i vari protagonisti si
rapportano .
Lo stesso Marcello, come ha detto Garrone nel corso di
un’intervista, è : “ un uomo che, nel
tentativo di riscattarsi dopo una vita di umiliazioni, si illude di aver
liberato non solo se stesso, ma anche il proprio quartiere e perfino il mondo
che, invece, rimane sempre uguale, e quasi indifferente".
Le ultimi immagini del film ci presentano Il volto di Marcello, solo ed
assorto nei suoi pensieri, che cerca di
parlarci di una realtà periferica ,
marginale, oggi sempre più diffusa, di
cui nessuno si occupa, ma che chiede attenzione
e comprensione.
Forse, ai tempi in cui Pasolini descriveva la
vita dei sottoproletari periferici romani c’era comunque una forte classe
operaia ed una ideologia progressista chiara e forte che si poneva il compito
di riscattare anche quella condizione. Oggi, la marginalità è forse ancora più
diffusa ma ha difficoltà a riferirsi , come allora , a dei movimenti
di lotta per il progresso, la speranza e il
riscatto sociale.
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