“Questo è un piccolo passo per l’uomo, ma un
grande balzo per l’umanità”.
Con queste parole, Neil Armstrong commentava lo
sbarco sulla Luna del primo essere umano.
Quanta
naturalezza e semplicità nel descrivere quel semplice gesto , passo
finale di un lungo processo che ha impegnato l’intera umanità e la sua storia!
Quanta fatica , quanta casualità, quanta
determinazione , quanto ….. quanto….. quanto…..racchiude dentro di se quel
singolo gesto umano!
In “ First man”, Damien Chazelle desidera parlarci dell’impresa, ma anche dell’uomo che l’ha vissuta in prima
persona, e di come e per quali
motivazioni e casualità si è ritrovato a viverla.
Al di fuori di ogni trionfalismo, il film cerca dunque di seguire il percorso
individuale che ha portato quella singola persona ad incarnare, nel suo piccolo
passo, il più grande progresso scientifico dell’umanità.
Uno dei motori
di quell’uomo è stato ,forse, la perdita della sua bambina, che l’ha
portato a cercare un cambiamento per
elaborare quel lutto ; ma, sicuramente , lo hanno anche affascinato l’immensità dello spazio e la possibilità del
superamento del limite
Quando nelle prove di selezione alla
NASA gli verrà chiesto cosa pensa di
quel progetto, Armstrong risponderà che la missione ci permetterà di vedere cose che finora non abbiamo potuto
vedere . Ci permetterà di avere un punto di vista diverso. Di osservare e
comprendere meglio la stessa realtà che viviamo.
Ma quanto dolore è ancora presente in
quella missione!
Quante incertezze sia tecniche, sia umane, prima di essere scelto come primo
uomo a scendere sulla Luna ed essere capace di arrivare al traguardo!
La prima parte di quel cammino ci regala forse
una delle scene più belle del film , mentre assistiamo al primo Rendez vous mai effettuato nello spazio, nell’ambito
della missione Gemini 8, fra la navicella spaziale di Armstong e il veicolo senza equipaggio Agena .
Quando l’aggancio viene effettuato , all’interno
di uno spazio circostante
sereno ed infinito, sulle note composte da
Justin Hurwitz , che improvvisamente ci richiamano alla mente
la musica di LaLaLand, il sorriso che si stampa sulla faccia dei piloti
ed il generale entusiasmo della sala comandi
di Houston oltrepassa, nella sua
coralità, ogni singola motivazione personale
o nazionalistica, per consegnarci la contentezza di un progresso
raggiunto da ogni essere umano.
In quel momento, Chazelle ci conduce per mano oltre la pur presente competizione fra USA e URSS all’interno
della guerra fredda, oltre la
contestazione dell’opportunità economica
della missione , oltre le inefficienze
tecniche ed i pericoli che, pure, oggettivamente esistono e possono
compromettere il futuro dell’intero progetto.
Subito dopo la soddisfazione, tuttavia, la
complessità e la contraddizione presente in ogni realtà si manifestano brutalmente
con gli errori tecnici e la morte di un
equipaggio di colleghi ed amici che erano forse quelli originariamente prescelti per il primo allunaggio
.
Armstrong dovrà di nuovo elaborare il lutto
della morte e dedicare tutte le sue energie al progetto, trascurando
i suoi affetti familiari e cercando solo li , nello spazio una nuova occasione , un nuovo punto di vista
per ritornare a vedere con occhi diversi la realtà. Quella è la strada da percorrere per farcela . Se non cerchiamo
di superare i nostri limiti, non progrediremo e non riusciremo ad essere di nuovo presenti ed amare la nostra vita.
Nelle scene finali del film Chazelle ritorna su
questo punto, utilizzando le immagini e
le parole di J. F. Kennedy che insistono
sulla necessità, per un Paese, di affrontare e superare i propri limiti.
Potremmo cercare di fare delle cose facili , dice Kennedy, ma vogliamo invece
affrontare le cose difficili per andare avanti
.
“First man” (2018) è un film diretto da Damien Chazelle e scritto da Josh Singer ,
già premio Oscar per la sceneggiatura de “Il caso Spotlight”,con protagonisti
Ryan Gosling e Claire Foy.
La pellicola costituisce l’adattamento cinematografico della biografia
ufficiale di Neil A. Armstrong, scritta
da James R. Hansen e pubblicata nel 2005.
Neil Armstrong entrò alla NASA nel 1962. Dopo
varie missioni, partecipò all'Apollo 11 e divenne, il 20 luglio 1969, il primo
uomo a mettere piede sulla Luna.
Nessun commento:
Posta un commento