Non è semplice
parlare oggi dello sfruttamento del lavoro; specie quando, in questo caso esemplare, si è passati da quello del
lavoratore adibito alla catena di montaggio all’interno della fabbrica a quello del corriere formalmente autonomo, ma
la cui attività ed i tempi di lavoro sono strettamente definiti all’interno
della catena della consegna merci per conto della grande organizzazione della
vendita merci online.
Sono sempre le macchine a dettare i tempi del lavoro; ma,
oggi, così come agli albori dell’industrializzazione ,esse non prevedono un
tempo ragionevole per lo svolgimento della vita privata delle persone e, grazie agli algoritmi ,definiscono
senza possibilità di deroga i tempi del loro lavoro.
Tutto questo accade
oggi insieme ad una forte discontinuità delle posizioni lavorative subordinate
ed un aumento esponenziale dell’ineguaglianza.
Ken Loach, in
questo film, ci fa seguire momento per
momento il tentativo del protagonista , rimasto disoccupato dopo aver lavorato
una intera vita nel settore edilizio, di
percorrere una nuova strada apparentemente capace di fargli migliorare
in maniera significativa la propria condizione economica e lavorativa. Il
guadagno giornaliero è interessante e capace di ripagare nel tempo
l’investimento iniziale dell’acquisto del furgone; ma, quello che non era stato
previsto è la totale perdita di spazi di vita privata che esso comporta.
Pur tra mille
problemi e difficoltà, il nucleo familiare lavoratore manterrà il valore
dell’unità; ma, nessuna alternativa sembrerà realmente possibile se non quella
del continuo duro asservimento al lavoro .
Il messaggio
terribile del film sembra evidenziare le pessime condizioni di vita che oggi
coinvolgono non solo la tradizionale classe operaia ma sempre più anche il
lavoratore formalmente autonomo. Esso ,in realtà, nel momento in cui svolge la
sua attività all’interno di organizzazioni complesse e centralizzate, perde
completamente ogni spazio di autonomia e libertà.
Come potrà organizzare
la richiesta di maggiore attenzione verso i suoi diritti di persona e per la realizzazione di migliori
condizioni di lavoro e di vita sociale? Insieme a chi?
E questa la grande
domanda irrisolta che ognuno di noi si porrà alla fine della proiezione .
Ken loach nello
spirito del “ Free cinema “, movimento sorto intorno la metà degli anni
cinquanta di cui è stato attivo
partecipe, analizza con crudezza le
contraddizioni della società inglese contemporanea e dei cambiamenti nella
condizione lavorativa connessi ad un aumento vertiginoso della catena di distribuzione
online, opponendo ad esse l’esigenza di condizioni di vita più umane per tutti
gli appartenenti alle classi lavoratrici più umili.
Ottimi tutti gli
interpreti che riescono a coinvolgerci emotivamente, tenendoci avvinti alla
narrazione della storia fino all’ultima scena. In particolare tutti i
componenti della famiglia Turner. Dal padre Ricky ( Kris Hitchen) alla moglie
Abbie ( Debbie Honeywood) ai due
figli Sebastian “ Seb” ( Rhys Stone) alla piccola Liza Jane ( Katie Proctor).
La sceneggiatura è curata da Paul Laverty.
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