sabato 11 gennaio 2020

SORRY, WE MISSED YOU




Non è semplice parlare oggi dello sfruttamento del lavoro; specie quando, in questo caso  esemplare, si è passati da quello del lavoratore adibito alla catena di montaggio all’interno della fabbrica  a quello del corriere formalmente autonomo, ma la cui attività ed i tempi di lavoro sono strettamente definiti all’interno della catena della consegna merci per conto della grande organizzazione della vendita  merci online.
Sono sempre  le macchine a dettare i tempi del lavoro; ma, oggi, così come agli albori dell’industrializzazione ,esse non prevedono un tempo ragionevole per lo svolgimento della vita privata  delle persone e, grazie agli algoritmi ,definiscono senza possibilità di deroga i tempi del loro lavoro.
Tutto questo accade oggi insieme ad una forte discontinuità delle posizioni lavorative subordinate ed un aumento esponenziale dell’ineguaglianza.
Ken Loach, in questo film, ci fa seguire  momento per momento il tentativo del protagonista , rimasto disoccupato dopo aver lavorato una intera vita nel settore edilizio, di  percorrere una nuova strada apparentemente capace di fargli migliorare in maniera significativa la propria condizione economica e lavorativa. Il guadagno giornaliero è interessante e capace di ripagare nel tempo l’investimento iniziale dell’acquisto del furgone; ma, quello che non era stato previsto è la totale perdita di spazi di vita privata che esso comporta.
Pur tra mille problemi e difficoltà, il nucleo familiare lavoratore manterrà il valore dell’unità; ma, nessuna alternativa sembrerà realmente possibile se non quella del continuo duro asservimento al lavoro .
Il messaggio terribile del film sembra evidenziare le pessime condizioni di vita che oggi coinvolgono non solo la tradizionale classe operaia ma sempre più anche il lavoratore formalmente autonomo. Esso ,in realtà, nel momento in cui svolge la sua attività all’interno di organizzazioni complesse e centralizzate, perde completamente ogni spazio di autonomia e libertà.
Come potrà organizzare la richiesta di maggiore attenzione verso i suoi diritti  di persona e per la realizzazione di migliori condizioni di lavoro e di vita sociale? Insieme a chi?
E questa la grande domanda irrisolta  che ognuno di noi si  porrà alla fine della proiezione .
Ken loach nello spirito del “ Free cinema “, movimento sorto intorno la metà degli anni cinquanta  di cui è stato attivo partecipe,  analizza con crudezza le contraddizioni della società inglese contemporanea e dei cambiamenti nella condizione lavorativa connessi ad un aumento vertiginoso della catena di distribuzione online, opponendo ad esse l’esigenza di condizioni di vita più umane per tutti gli appartenenti alle classi lavoratrici più umili.
Ottimi tutti gli interpreti che riescono a coinvolgerci emotivamente, tenendoci avvinti alla narrazione della storia fino all’ultima scena. In particolare tutti i componenti della famiglia Turner. Dal padre Ricky ( Kris Hitchen) alla moglie  Abbie ( Debbie Honeywood) ai due figli Sebastian “ Seb” ( Rhys Stone) alla piccola Liza Jane ( Katie Proctor).
La sceneggiatura è curata da Paul Laverty.


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