Si stava bene ad Asmara! Certo, non era
Roma; ma, sembrava quasi di essere in una elegante cittadina italiana, con una vita comoda e gradevole. Gaetano era già lì da quasi un anno . Era sbarcato a Massaua ed era poi arrivato ad Asmara col treno,
grazie alla ferrovia costruita dagli italiani che collegava le due città. L’azione italiana in quel territorio era
stata importante. In soli cinque anni,
a partire dal 1936, Asmara aveva
cambiato il suo volto. Era stato
costruito un grande aeroporto internazionale che permetteva
il collegamento con l’Italia,
grazie alla Linea dell'Impero. Era stata inoltre realizzata una moderna strada asfaltata per Addis Abeba ,detta
"Via dell'Impero", una efficiente ferrovia per Massaua e una
Teleferica che collegava la città ( posta su di un altipiano a 2300 mt sul livello del mare) col Mar
Rosso e che veniva considerata la maggiore del mondo.
Il volto di Asmara era quello di una città in
cui l’opera dei moderni architetti del Regime si era espressa, accoppiando le
nuove linee della modernità con un raro equilibrio. Erano stati realizzati edifici come l'"Art Deco" Cinema
Impero, la "Cubista" Pensione Africa, la chiesa ortodossa Tewahdo, il
teatro dell'Opera, la costruzione "futurista" Fiat Tagliero, la Cattedrale secondo uno stile "neo romanico" ed il
"neoclassico" Palazzo del Governatore. La città era piena di
ville in stile "coloniale
italiano". Già nel 1939 Asmara
aveva una popolazione di ca. 98.000 abitanti, dei quali 53.000 erano Italiani. Era
la principale "città italiana"
nell'Africa Orientale Italiana mentre in tutta l'Eritrea vi erano ca. 75.000 Italiani.
La zona centrale della città, dove si trovava
anche la caserma dei carabinieri, era riservata quasi esclusivamente agli
italiani, C’era poi una zona periferica
destinata ai locali e un’altra mista per
arabi e indiani i cui progenitori erano
arrivati dal Mar Rosso. Il fronte di guerra era sempre più vicino e le cose non
stavano andando per il verso giusto.
Giovanni e gli altri carabinieri rimasti ad Asmara erano i custodi dell’ordine
pubblico della città; ma, in quel momento, v i era una pesante sensazione di
silenzio ed incertezza nell’aria. Poco distante, a
Tekelezan , le truppe italiane più tenaci ed organizzate stavano
cercando di opporre l’ultima resistenza
all’avanzata britannica , ma la nuova posizione era molto meno
difendibile di quella dell’ormai persa
Cheren. Verso Cheren erano confluite la 4° Divisione Indiana, che si era impadronita del monte Forcuto e di Sanchil , mentre
la 5° divisione indiana era
riuscita, dopo molti giorni di resistenza italiana, a forzare il passo di Dongolaas. Adesso si
temeva il peggio!
Le
notizie che arrivavano erano sempre più sconsolanti e la mattina del 1 aprile
1941 si ebbe la certezza che le truppe
britanniche sarebbero arrivate presto ad Asmara : Tekelezan era caduta!
Gaetano
era decisamente preoccupato. La guarnigione di stanza ad Asmara era di una
sessantina di carabinieri che regolavano la vita della città e garantivano la sicurezza della popolazione
italiana. Per questo motivo , fino all’ultimo, la scelta dell’alto comando ,
era stata quella di restare e di
mantenere la presenza dei carabinieri nella
città. Ora, le truppe inglesi stavano per arrivare , occupando l’intera
Eritrea. L’Impero era caduto ed ormai
tutto era cambiato. Gaetano, durante quell’anno di permanenza ad Asmara, si era
fatto molte conoscenze ed amicizie. Oltre ai colleghi con cui era arrivato in
Africa ed era stato a Roma, era legato ai “ siciliani”, un gruppo di persone
che si era trasferito nella colonia in
cerca di lavoro ed un miglioramento
delle proprie condizioni di vita. In
particolare, frequentava alcune famiglie che vivevano in città ma erano proprietarie di diverse fattorie agricole nell’altipiano, con
alcuni ettari di terreno dove coltivavano il miglio e tenevano anche degli animali : alcuni buoi
e dei polli . Asmara era un buon
centro commerciale e queste persone portavano qui i loro prodotti. Il
comando generale aveva stabilito che i
carabinieri di stanza in Eritrea , adibiti all’ordine pubblico, rimanessero nei
loro posti, in attesa dell’arrivo delle truppe inglesi, anche a garanzia della
popolazione italiana residente e così con trepidazione tutti erano in attesa del loro arrivo per
vedere cosa sarebbe successo.
Adesso,
erano ormai alcuni giorni che le truppe inglesi erano arrivate e si erano
insediate in città occupando il palazzo
del governo. Presero atto che i carabinieri italiani erano rimasti tutti
ai loro posti di servizio e decisero di approfittare della loro presenza come fattore di
mediazione per l’occupazione del territorio nei confronti della parte più
importante della popolazione, che era di origine italiana, e che , in qualche modo , fino a quel momento li
aveva considerati come nemici. Presero pertanto contatto con il comandante dei carabinieri e lo
informarono della decisione di accettare la loro collaborazione. Allo stesso
tempo , tuttavia, fecero presente che , come d'altronde era comprensibile per
chi era stato un militare per tutta la
vita , era necessario un atto formale di adesione al nuovo potere costituito.
Desideravano pertanto che ogni carabiniere di stanza ad Asmara prestasse
formale giuramento sottoscritto di sottomissione e fedeltà all’impero
britannico e alle sue istituzioni.
Questa era la condizione in cambio della quale si sarebbe dato vita ad una
forma di collaborazione che avrebbe permesso ai carabinieri di continuare a
svolgere il loro servizio , mantenendo la
posizione occupata. Chi non avesse prestato giuramento, sarebbe stato
invece arrestato e considerato prigioniero di guerra. Gli inglesi lasciarono il
testo del giuramento da far sottoscrivere
da tutti i carabinieri , ma pretesero che una copia fosse firmata immediatamente
dal comandante della stazione e se ne
andarono solo dopo che lo stesso l’ebbe
firmata davanti a loro.
Il
giorno dopo il comandante della stazione dei carabinieri di Asmara convocò uno
per uno i suoi sottoposti richiedendo l’apposizione della firma di giuramento
al nuovo potere costituito sul documento predisposto dal Comando di occupazione
inglese. Uno dopo l’altro, tutti entrarono nella stanza del comandante e
firmarono il giuramento. Venne poi il turno di Gaetano. Gli avvenimenti di quei
giorni erano precipitati nella sua mente e nel suo cuore sconvolgendolo. Lui
era un italiano, aveva prestato giuramento al Re d’Italia fino alla morte e la
guerra non era finita. Si, adesso il comando inglese aveva il controllo di Asmara; ma, l’Italia non era ancora battuta e tanti
altri italiani stavano combattendo. Lui aveva giurato fedeltà! Perché doveva
abiurare quel giuramento? Non era
giusto! Mentre il comandante gli spiegava che il loro compito era in quel
momento accettare la situazione per il bene dei compatrioti residenti ad
Asmara, Gaetano fremeva . Ad un certo punto espresse con chiarezza il suo
pensiero e il suo rifiuto aperto a
quello che gli veniva chiesto. Non l’avesse mai fatto! Il Comandante non
era solito tollerare il rifiuto di uno dei suoi sottoposti, per
qualsiasi motivo, e vide quel
naturale atteggiamento di perplessità e
di disagio di Gaetano come un ‘insubordinazione. Invece di parlargli ancora,
cercando di ottenere la sua comprensione, si alzò in piedi urlando ed
investendo Gaetano con violenza e con un mare d’insulti. Gaetano era un giovane
rispettoso dell’autorità e con un carattere equilibrato. Non era solito perdere
la testa e controllava abbastanza bene le sue emozioni. Per la prima volta ,
tuttavia , nella vita sentì montare dentro di sé una rabbia incontrollabile.
No! Non era lui che stava tradendo la fiducia degli altri! Era quel pazzo di
comandante che tradiva l’Italia ! Era
lui che non aveva rispetto dei suoi sentimenti! Ma come diavolo si permetteva
d’insultarlo in quel modo?!? Sentì la propria mano scendere lentamente verso il fodero della
pistola. Era quasi se fosse un altro a muoversi al suo posto , mosso da un’ ira
tremenda. Il comandante comprese al volo quello che stava succedendo e gli
grido con voce squillante:
-
CARABINIEREE! A..TTENTI!
Senza rendersene conto Gaetano ubbidì. Era
un comando che era entrato dentro di lui
senza permettergli di riflettere e che aveva eseguito
immediatamente. In quel mentre, il
comandante gli si avvicinò rapidamente e gli sciolse il cinturone con la pistola, mentre contemporaneamente chiamava i sottoposti.
-Quest’uomo
è agli arresti- disse rivolgendosi ai carabinieri prontamente entrati nella
stanza – Portatelo in guardina.
-Questo
è quello che succede a chi non presta giuramento al nuovo potere costituito ad
Asmara , sotto il Comando dell’Impero Britannico.- aggiunse il Comandante-
Chiunque non presta giuramento verrà considerato prigioniero di guerra e incarcerato in attesa di nuovi ordini.
CHIARO?
-Sissignore!
-risposero tutti in coro.
Gaetano
era ammutolito. Dentro di lui lottavano
insieme la rabbia per quello che aveva subito , l’umiliazione e la vergogna per
essere stato arrestato proprio dai suoi commilitoni! Lui non aveva fatto
niente! Non era giusto quello che stava subendo.
I
compagni carabinieri lo accompagnarono
nel sotterraneo verso i locali dove stavano le celle. Erano tutti in evidente
imbarazzo! Gaetano era un giovane che tutti volevano bene e rispettavano.
Quella situazione era insostenibile!
Mentre scendevano , arrivò di corsa il capitano e si mise a parlare fitto fitto
,. bisbigliando, con il capo squadra. Successivamente, se ne andò di corsa come
era venuto e la squadra continuò ad accompagnare Gaetano verso le celle. Quando
furono arrivati , fecero entrare Gaetano in una delle celle, gli dissero di accomodarsi su di una sedia
accanto alla brandina e di aspettare lì in attesa del loro ritorno. Accostarono
il cancello e se ne andarono.
Giovanni
era costernato! Sedeva li, su quella sedia, aspettando i commilitoni e, nel
frattempo, non riusciva a rendersi conto di quello che era successo: Lui, un
carabiniere, un tutore dell’ordine , un elemento integerrimo dell’Arma,
quell’Arma che era l’orgoglio italiano, lui, che per tutta la vita aveva portato avanti il
senso del dovere , dell’onestà , della dedizione al servizio , adesso era in
una cella imprigionato dai suoi
compagni!
Non poteva crederci!
Il
tempo passava e lui rimaneva solo! Non tornava nessuno ! Che stava succedendo?
Lui era prigioniero di guerra , gli avevano detto. Sarebbe stato portato in un
campo di concentramento! Che fine avrebbe fatto? Sarebbe mai tornato a casa da quella guerra? Pensò a sua madre , a suo padre ed ai
fratelli e sorelle in Sicilia. Non li vedrò più?
Si
avvicinò alla porta della cella e si rese conto che era accostata. Si, aveva
visto che non era stata chiusa a chiave ma, fino a quel momento, non si era
ancora reso conto che era aperta. Provò a spingerla . Il cancello si aprì e lui
uscì fuori lentamente. Si guardò attorno e non c’era nessuno. Che stava
succedendo? Dov’erano tutti? Lentamente, salì la scaletta e non vide ancora nessuno. Ora era nei locali
superiori ,vicino ad una porta che dava fuori, mentre nell’altra stanza, in
fondo, sentiva il parlottio degli altri carabinieri.
Che
fare? Quella situazione non era normale!
Era molto strano che la porta della cella fosse rimasta accostata e che tutti fossero spariti!
Era come se lo invitassero a scappare. E
lui scappò!
CONTINUA
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