Valeria Bruni Tedeschi mette in scena sullo schermo una
tragedia in tre atti “ I villeggianti”
,ambientata in una splendida villa sul mare della Costa Azzurra, con un epilogo
finale in cui spiega ai protagonisti, con le immagini e le parole del
personaggio di un fratello defunto, che
in realtà sono già morti. Il loro modo di vivere o meglio di sopravvivere
è molto vicino al mondo dei defunti ,
privo com’è di speranza , di capacità di vedere ed amare veramente l’altro che
ti sta vicino.
Dominati da un profondo malessere esistenziale i diversi
personaggi si muovono invocando aiuto;
ma, allo stesso tempo, sono incapaci di vedere
e rapportarsi con chi gli sta accanto. Personalmente trovo
insopportabile, ad esempio, la mancanza di significativa attenzione verso
l’unica bambina presente , figlia adottiva della protagonista.
E’ una tragedia personale , familiare ,sociale e filosofica. Personale perché evidenzia la solitudine , i traumi non
risolti , il bisogno d’amore vissuto come realtà a cui appoggiarsi per riuscire
a sopravvivere piuttosto che come capacità di rapporto, di scambio di
sentimenti e di cura dell’altro.
Familiare perché ci mostra una famiglia distrutta anche per la mancanza dell’unica figura
maschile che si era in qualche modo
presa cura delle sorelle, facendole
sentire amate pur se spesso criticate :un fratello da poco venuto a mancare.
Una famiglia che non è riuscita a proteggere la figlia, che bambina ha subito una violenza. Tragedia Sociale
e filosofica espressa nella mancanza
totale di un vero senso del rispetto nelle relazioni di lavoro e nella concezione filosofico politica ben evidenziata in un
dialogo fra l’industriale ormai non più in attività , marito della sorella
della protagonista, e la sceneggiatrice
che dichiara di essere “di
sinistra”. Nella spiegazione delle sue posizioni “essere di sinistra” vuol dire rendersi
conto che la natura è malvagia e basata sulla legge del più forte, ma che in qualche modo lo sforzo costante
nella storia di chi la pensa diversamente può gradualmente migliorare le relazioni
umane e le condizioni dei più deboli.
Questa teoria evoluzionista e storicista,
alla fine, condanna le persone ad una visione pessimistica della realtà , ad una natura
matrigna che naturalmente ci fa stare male, ci emargina e che forse , chissà quando, potrà migliorare
. Come se le caratteristiche della società in cui viviamo non fossero, invece, il frutto della
responsabilità delle nostre azioni quotidiane.
Un senso di disagio , di disperazione e di tragedia pervade tutta la narrazione che è una storia anche di
separazione. All’inizio del film si dice, infatti, che il divorzio è una delle
peggiori esperienze umane da sopportare.
Valeria Bruni Tedeschi
con “ I villeggianti” è giunta al
suo quarto film ,dopo “ E’ più facile per un cammello “ ( 2003), “Attrici “ del
2006 e “ Baciami ancora “ del 2009. Le sue opere hanno sempre un carattere
fortemente autobiografico e spesso descrivono una sensibilità difficile e
problematica. Voglio sperare che nella sua vita reale prevalga uno sguardo di
speranza sull’avvenire.
Fra gli interpreti sottolineiamo l’interpretazione di Valeria
Golino ( nel ruolo della sorella Elena) , di Riccardo Scamarcio ( Luca) e Noèmie Lvovsky nel ruolo di Nathalie la sceneggiatrice del film della protagonista
Anna ( Valeria Bruni Tedeschi).
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