domenica 9 dicembre 2018

KENYA - Parte 1



 Anche quella mattina, Cesare uscì dal negozio, in Via dell’Omo, ed   entrò nella sua fiammante Alfa Romeo per andare in banca. Più che un negozio era un’ampia esposizione di radiatori, stufe ed articoli per impianti di riscaldamento; mentre, nel retro, vi era proprio il capannone artigianale, dove venivano realizzati i prodotti e vi erano gli spogliatoi e gli uffici.
Non era niente male per uno che aveva cominciato come garzone di bottega a Centocelle, pensò Cesare.
 A Centocelle c’era pure nato e cresciuto in via dei Gerani, dove si poteva ancora giocare per la strada, nel dopoguerra, con gli altri ragazzi.
Qualche volta, ci si divideva in bande avversarie e si arrivava sino nei campi, dietro le case, a combattere, tirandosi le pietre ed, alla fine, sdraiandosi a terra sull’erba, stanchi e felici. Con uno stupido sorriso fra le labbra a guardare il cielo e ad indovinare la forma delle nuvole.
Gli amici, quelli “ nun se tradiscono” pensava Cesare. Ed ancora oggi c’incontravamo tutti i giovedì sera per combattere. 
 Ormai non si correva più per la strade o per i campi. Non si tiravano più pietre ma, seduti comodamente attorno ad un tavolo,   ci si misurava lo stesso, servendosi di un mazzo di carte da poker.
Il giovedì sera era sacro. Erano tutti ormai uomini fatti, che lavoravano sodo e non facevano mancare niente alla moglie ed ai figli; ma il giovedì sera era loro e non c’era “trippa per gatti”.
Cesare amava il gioco d’azzardo e le belle donne. Riusciva però a non fare clamore ed evitare “ strascichi” fastidiosi. Aveva sempre preferito non mettere in pericolo la famiglia con le sue scappatelle ed alla fine, coll’avanzare dell’età, non disdegnava di frequentare qualche signora “ pulita” e compiacente in cambio di un regalo.
Anche per quanto riguardava il gioco d’azzardo, riusciva a goderne senza esserne schiavo o peggio ancora, pensava, subendo dei contraccolpi economici. No! Ormai guadagnava bene e poteva permettersi il lusso di destinare una somma, una volta la settimana, alla possibile perdita al gioco. Quello e non altro! E potevi stare sicuro che in tutti quegli anni non aveva mai mancato alla parola. La forza e la tranquillità di quella decisione lo tenevano al tavolo da gioco con la giusta ebbrezza, concentrazione e l’adeguato controllo.
 L’emozione gli prendeva lo stomaco ed il piacere intenso del rischio calcolato e della sfida si mescolavano con la capacità del controllo.
Quando salutava gli amici, alla fine della serata, e, fumando l’ennesima sigaretta, si dirigeva, nella notte, verso la sua Alfa Romeo, sia che avesse vinto o perso, si sentiva elettrizzato e pieno di una potenza e di una forza matura di cui ringraziava il cielo, ma anche se stesso.
Aveva lavorato sodo e nessuno doveva permettersi di toccare quello che aveva costruito, pensava, accarezzando la canna della pistola nella custodia sotto l’ascella. 
CONTINUA

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