Durante
quelle giornate, Antonio si vedeva più spesso con Alberto e Sandro. Alberto era
un collega dell’università con cui erano diventati amici sia sul piano politico,
ma soprattutto su quello personale, confidandosi la delusione per i due grandi
amori sfortunati di cui erano stati protagonisti. Antonio, durante quegli anni
universitari, aveva amato Francesca e con la stessa intensità Arturo aveva
amato Silvana. Sandro invece era un amico d’infanzia. Con lui aveva frequentato
la scuola elementare, la media e il Liceo Scientifico. Sandro era l’amico con
cui Antonio si vedeva separatamente dall’ambiente dell’università ed anche
dalle frequentazioni relative alla militanza politica di quegli anni. Con lui
aveva fatto i primi viaggi fuori dall’Italia ed era una presenza costante della
sua vita.
Antonio
ed Alberto facevano spesso coppia per conoscere nuove ragazze ed i commenti
seduti in macchina a fine serata, sotto casa di Antonio, duravano anche delle
ore.
Antonio
aveva la patente ma non l’automobile. Non era molto appassionato della guida,
ma non aveva del resto i mezzi economici per acquistare un’auto. Il pilota
ufficiale era, pertanto. Alberto che, al contrario, era un grande appassionato
di motori ed affezionatissimo alla sua Cinquecento. Una sera, tornando da una
serata con pizza in un paesino sulle pendici dell’Etna, gli equipaggi amici,
man mano che si scendeva lunghe le strade tortuose che portavano in città, si
sfidarono in una pazza corsa. Nella Cinquecento di Alberto, stava seduto a lato
Antonio, mentre, nell’altra auto, c’erano Mimmo e Marcello, due colleghi ed
amici universitari. Man mano che si andava avanti, Alberto prese un vantaggio
sull’altra macchina. I volti dei due giovani erano tesi ed eccitati.
Nell’ultimo tratto, prima di arrivare in Città, il percorso era a senso unico
ma con una strada stretta e tortuosa. Le curve si succedevano l’una all’altra rapidamente,
mentre la macchina avversaria incalzava da vicino. Ad un tratto, subito dopo
una curva, ecco che l’auto di Alberto ed Antonio si ritrovò
improvvisamente con un muro davanti che
copriva una curva a gomito. La Cinquecento era lanciata e frenare sarebbe stato
un disastro, con uno schianto certo. Non c’era abbastanza spazio.
Alberto,
senza pensarci su, entrò nella curva a gomito e di controsterzo portò la
macchina fuori da quell’incubo. Antonio era rimasto freddo e vigile, teso come
un arco. Un boato uscì dalle gole di Alberto ed Antonio misto ad una risata che
squarciava il silenzio assordante di qualche istante prima. Non riuscivano a
credere di esserne usciti fuori senza danno e, subito, alla tensione subentrò
un senso di trionfo e di potenza. L’altra macchina, che li seguiva, si accostò
con calma alla Cinquecento di Alberto, che ora procedeva lentamente.
-
Ma siete pazzi? - gridò Mimmo- affacciato dal finestrino della sua auto
- Si,
è stato pazzesco – rispose Antonio – mentre Alberto gridava e rideva!
Tutti,
dopo, scesero dalle macchine per abbracciarsi e ridere senza fine.
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